don Luciano Cantini " Lo vedremo" Tutti i Santi Vangelo: 1Gv 3,1-3
Figli di Dio
Siamo figli di Dio... perché? la prima risposta, semplice è che siamo sue creature: egli ci ha fatti e noi siamo suoi (Sal 100,3). Il racconto della creazione fa iniziare la storia da un solo uomo, perché chiara fosse la vocazione all'unità e non soltanto della coppia. Dal racconto biblico emerge questa universalità che non esclude nessun uomo. Allora ne è consequenziale la visione apocalittica: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua (Ap 7,9). Ma per Giovanni siamo figli di Dio non per naturale
creaturalità, ma per il fatto che siamo inondati dall'amore di Dio. Perché Dio è amore (1Gv 4,16).
Ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato
Ecco il mistero della vita, quella che viviamo ogni giorno, che ogni giorno, nel suo dipanarsi rivela se stessa. Ogni presente è rivelazione del successivo futuro, il nostro sguardo è breve e per quanto possiamo organizzare, programmare e prevedere, il nostro futuro rimane nella oscurità. Ogni tanto i fatti della vita, certi accadimenti, ci ricordano il senso della provvisorietà del nostro essere, il limite dello svolgersi del tempo. La non conoscenza del futuro, non è un limite, anzi è stimolo a vivere il presente con intensità e impegno a leggere i segni dei tempi.
Noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
Non è possibile, però, leggere i segni del nostro tempo, quelli che coinvolgono la mia persona e quelli che coinvolgono più significatamente il mondo che mi circonda e la società in cui vivo, senza una prospettiva. L'autore di questa lettera intravede nel racconto dell'atto creativo dell'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, la prospettiva ultima: il compimento di quanto iniziato. L'uomo con il peccato ha perso la capacità di guardare negli occhi di Dio - «tu non puoi vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare in vita» (Es 33,20) - ma questo dono rimane nella prospettiva delle cose ultime.
Al termine della storia quel rapporto incerto - a volte infantile - che lega il mio io al tu di Dio supererà ogni limite, l'esperienza della relazione con la Persona di Dio, vissuta oggi nel dubbio e nella debolezza umana, e la comprensione piena del suo amore mi trasformerà.
Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso
La dialettica fra rivelazione e nascondimento ha fondamento nella visibilità di Dio nell'umanità di Gesù. «Chi vede me vede il Padre» (Gv 14,9) La volontà del Padre è che chi vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna (6,40).
Questa certezza alimenta la speranza e la fede; «Ora vediamo come in uno specchio» (1Cor 13,12), dice san Paolo, ma la nostra relazione con Gesù, il nostro sguardo su di lui, l'ascolto attento della sua Parola, la conversione quotidiana ai suoi insegnamenti, ci prepara alla visione finale di quella gloria il cui bagliore intravediamo nel volto di Cristo.
Siamo figli di Dio... perché? la prima risposta, semplice è che siamo sue creature: egli ci ha fatti e noi siamo suoi (Sal 100,3). Il racconto della creazione fa iniziare la storia da un solo uomo, perché chiara fosse la vocazione all'unità e non soltanto della coppia. Dal racconto biblico emerge questa universalità che non esclude nessun uomo. Allora ne è consequenziale la visione apocalittica: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua (Ap 7,9). Ma per Giovanni siamo figli di Dio non per naturale
creaturalità, ma per il fatto che siamo inondati dall'amore di Dio. Perché Dio è amore (1Gv 4,16).
Ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato
Ecco il mistero della vita, quella che viviamo ogni giorno, che ogni giorno, nel suo dipanarsi rivela se stessa. Ogni presente è rivelazione del successivo futuro, il nostro sguardo è breve e per quanto possiamo organizzare, programmare e prevedere, il nostro futuro rimane nella oscurità. Ogni tanto i fatti della vita, certi accadimenti, ci ricordano il senso della provvisorietà del nostro essere, il limite dello svolgersi del tempo. La non conoscenza del futuro, non è un limite, anzi è stimolo a vivere il presente con intensità e impegno a leggere i segni dei tempi.
Noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
Non è possibile, però, leggere i segni del nostro tempo, quelli che coinvolgono la mia persona e quelli che coinvolgono più significatamente il mondo che mi circonda e la società in cui vivo, senza una prospettiva. L'autore di questa lettera intravede nel racconto dell'atto creativo dell'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, la prospettiva ultima: il compimento di quanto iniziato. L'uomo con il peccato ha perso la capacità di guardare negli occhi di Dio - «tu non puoi vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare in vita» (Es 33,20) - ma questo dono rimane nella prospettiva delle cose ultime.
Al termine della storia quel rapporto incerto - a volte infantile - che lega il mio io al tu di Dio supererà ogni limite, l'esperienza della relazione con la Persona di Dio, vissuta oggi nel dubbio e nella debolezza umana, e la comprensione piena del suo amore mi trasformerà.
Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso
La dialettica fra rivelazione e nascondimento ha fondamento nella visibilità di Dio nell'umanità di Gesù. «Chi vede me vede il Padre» (Gv 14,9) La volontà del Padre è che chi vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna (6,40).
Questa certezza alimenta la speranza e la fede; «Ora vediamo come in uno specchio» (1Cor 13,12), dice san Paolo, ma la nostra relazione con Gesù, il nostro sguardo su di lui, l'ascolto attento della sua Parola, la conversione quotidiana ai suoi insegnamenti, ci prepara alla visione finale di quella gloria il cui bagliore intravediamo nel volto di Cristo.
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