don Roberto Seregni" Con l'abito di nozze"
XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)Vangelo: Mt 22,1-14
Non c'è il due senza il tre, dice il proverbio. Eccoci infatti davanti alla terza parabola di quel trittico che Matteo ha abilmente disposto nel suo racconto, pochi versetti dopo l'entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme. Il tema è lo stesso delle due parabole precedenti: l'accoglienza o il rifiuto di Gesù.
Il testo di questa domenica si presenta ricco di particolari e di colpi di scena. Al centro di tutto c'è il re. L'occasione del banchetto è il matrimonio del figlio, di cui però non si dice nulla. E' il re che parla, ordina, giudica.
Il primo colpo di scena sta nel rifiuto degli invitati alle nozze.
Ma come? S'è mai visto qualcuno rifiutare un invito a un banchetto regale?
E la cosa che lascia ancora più stupiti sono le motivazioni: uno va nel campo e quell'altro a badare ai propri affari. E se non bastasse, qualcuno se la prende pure con i servi, li bastona e li uccide.
E' chiaro che, come la scorsa settimana, Gesù sta rileggendo la storia di rifiuto e di violenza toccata ai profeti e a Giovanni Battista, questa forse è la ragione del ricorrente doppio invio dei servi. Ma questo rifiuto appare provvidenziale perché apre all'accoglienza di quelli che non erano preparati e che vengono raccattati per le strade.
Buoni o cattivi, belli o brutti non fa problema.
E la sala si riempie di invitati.
Evvai con la festa!
Fino a qui tutto sembra chiaro e lineare: c'è chi rifiuta e chi accoglie l'invito.
Ma d'improvviso scatta un nuovo colpo di scena: il re passa tra gli invitati, ne trova uno senza abito nuziale, lo fa legare e dopo averlo rimproverato, lo fa buttare fuori dalla festa.
Ma come? Certo che non ha l'abito nuziale - verrebbe da dire - è stato raccattato per strada!
Ovviamente la parabola non vuole mettere in luce la folle pretesa del re, quanto piuttosto sottolineare il rischio dei commensali di sentirsi "garantiti" per il semplice fatto di trovarsi lì.
Ancora una volta il Rabbì di Nazareth ci scuote e ci obbliga a guardarci allo specchio per dirci la verità sulla nostra vita e sulla nostra fede. Nessuno può credersi garantito e arrivato. Nessuno può dirsi certificato per il Regno.
La Sua Parola ci vuole svestire da quella religiosità fatta di abitudini vuote, di riti che non celebrano più nulla, di quella religiosità triste e moralistica di cui spesso - troppo spesso! - siamo imbevuti.
La Sua Parola ci vuole mettere a nudo, o forse farci capire che nudi già lo siamo e che lo Spirito è pronto a rivestirci dell'abito di nozze.
E penso a te, amico che non trovi più una ragione per ricominciare.
A te che per un errore sei stato allontanato dalla famiglia.
A te che non sai più sperare.
A te che la malattia sta portando via tutto.
A te che per amore stai dicendo un "sì" importante.
A te che cerchi di fare del tuo quotidiano un canto di lode a Dio.
A te che dopo tanti sacrifici ti ritrovi a mani vuote.
Per tutti risuoni ancora l'invito al banchetto del Figlio e il Signore ci trovi rivestiti con l'abito di nozze!
Non c'è il due senza il tre, dice il proverbio. Eccoci infatti davanti alla terza parabola di quel trittico che Matteo ha abilmente disposto nel suo racconto, pochi versetti dopo l'entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme. Il tema è lo stesso delle due parabole precedenti: l'accoglienza o il rifiuto di Gesù.
Il testo di questa domenica si presenta ricco di particolari e di colpi di scena. Al centro di tutto c'è il re. L'occasione del banchetto è il matrimonio del figlio, di cui però non si dice nulla. E' il re che parla, ordina, giudica.
Il primo colpo di scena sta nel rifiuto degli invitati alle nozze.
Ma come? S'è mai visto qualcuno rifiutare un invito a un banchetto regale?
E la cosa che lascia ancora più stupiti sono le motivazioni: uno va nel campo e quell'altro a badare ai propri affari. E se non bastasse, qualcuno se la prende pure con i servi, li bastona e li uccide.
E' chiaro che, come la scorsa settimana, Gesù sta rileggendo la storia di rifiuto e di violenza toccata ai profeti e a Giovanni Battista, questa forse è la ragione del ricorrente doppio invio dei servi. Ma questo rifiuto appare provvidenziale perché apre all'accoglienza di quelli che non erano preparati e che vengono raccattati per le strade.
Buoni o cattivi, belli o brutti non fa problema.
E la sala si riempie di invitati.
Evvai con la festa!
Fino a qui tutto sembra chiaro e lineare: c'è chi rifiuta e chi accoglie l'invito.
Ma d'improvviso scatta un nuovo colpo di scena: il re passa tra gli invitati, ne trova uno senza abito nuziale, lo fa legare e dopo averlo rimproverato, lo fa buttare fuori dalla festa.
Ma come? Certo che non ha l'abito nuziale - verrebbe da dire - è stato raccattato per strada!
Ovviamente la parabola non vuole mettere in luce la folle pretesa del re, quanto piuttosto sottolineare il rischio dei commensali di sentirsi "garantiti" per il semplice fatto di trovarsi lì.
Ancora una volta il Rabbì di Nazareth ci scuote e ci obbliga a guardarci allo specchio per dirci la verità sulla nostra vita e sulla nostra fede. Nessuno può credersi garantito e arrivato. Nessuno può dirsi certificato per il Regno.
La Sua Parola ci vuole svestire da quella religiosità fatta di abitudini vuote, di riti che non celebrano più nulla, di quella religiosità triste e moralistica di cui spesso - troppo spesso! - siamo imbevuti.
La Sua Parola ci vuole mettere a nudo, o forse farci capire che nudi già lo siamo e che lo Spirito è pronto a rivestirci dell'abito di nozze.
E penso a te, amico che non trovi più una ragione per ricominciare.
A te che per un errore sei stato allontanato dalla famiglia.
A te che non sai più sperare.
A te che la malattia sta portando via tutto.
A te che per amore stai dicendo un "sì" importante.
A te che cerchi di fare del tuo quotidiano un canto di lode a Dio.
A te che dopo tanti sacrifici ti ritrovi a mani vuote.
Per tutti risuoni ancora l'invito al banchetto del Figlio e il Signore ci trovi rivestiti con l'abito di nozze!
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