mons. Gianfranco Poma"Venite alle nozze!"
XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (12/10/2014)
Vangelo: Mt 22,1-14
Dopo quella dei due figli e dei vignaioli omicidi, quella degli invitati alla festa di nozze (Matt.22,1-14), è la terza parabola con cui Gesù risponde ai capi del popolo, religiosi e civili, che contestano la sua autorità: è un crescendo nell'annuncio della novità della presenza del Regno dei cieli che attende la risposta responsabile di coloro ai quali è offerto di entrarvi. Con sempre maggiore intensità, Gesù annuncia che si tratta di credere l'Amore che Dio ha per il mondo, ma continua a scontrarsi con la logica della razionalità umana che preferisce credere in se stessa, chiudendosi nell'illusione della propria autosufficienza.
La parabola degli invitati si trova anche nel Vangelo di Luca 14,15-24: Matteo trasforma la "grande cena" di Luca, in "una festa di nozze" che un re ha preparato per suo figlio. La sua aggiunta dell'epilogo sull'abito nuziale, dà una sottolineatura particolare alla parabola. È interessante per noi, lettori attuali del Vangelo, notare la libertà con cui la comunità cristiana degli inizi ha saputo attualizzare la parola di Gesù: partendo da come lui l'ha pronunciata, la comunità l'ha letta alla luce della propria esperienza, mentre l'evangelista ha avvertito l'esigenza di precisarne ulteriormente il senso. In questo modo il Vangelo ci insegna ad ascoltare la Parola di Gesù come sempre viva, mai ripetitiva.
"Il Regno dei cieli è simile...". Leggendo il Vangelo, oggi noi siamo sollecitati a sentirci immersi in un'esperienza, quella del Regno dei cieli, simile a quella suscitata da un re ricco e potente, che vuol fare una festa di nozze per il figlio ed è appassionatamente preoccupato di renderne tutti partecipi. La comunità di Matteo pensa alla storia di Israele nella quale è ancora fortemente radicata, fino al dramma recente della distruzione del Tempio di Gerusalemme: oggi, siamo noi invitati a sentirci i chiamati a partecipare alla festa di nozze. Siamo invitati ad "entrare nel Regno dei cieli" guardando al mondo come a una festa di nozze: Gesù vuole invitarci a scoprire quanto Dio ami il mondo e con quanta intensità desideri che la nostra vita sia come una partecipazione alla festa di nozze preparata per il suo figlio. Vuole che guardando a lui, uomo come noi, scopriamo la bellezza della vita del figlio di Dio che è offerta a tutti noi. Dio vuole soltanto donare, vuole convincerci che tutto è Amore, che la felicità è a nostra portata di mano: basta aprire il cuore, vedere, toccare, gustare l'Amore che lui ha per noi. L'invito è chiaro, ma quelli "non volevano" venire: è questione di "volontà". All'offerta di un dono, l'uomo preferisce la propria volontà: non vede la bellezza di quanto gli è donato, pensa di poter essere il costruttore della propria felicità. "Venite alle nozze!": illustrando lo splendore della festa ormai pronta e l'occasione da non perdere, l'invito diventa più intenso. La risposta, per disinteresse o per attaccamento al proprio modo di vedere, o per odio, è un rifiuto. Se la comunità di Matteo pensa alla propria esperienza: oggi, l'invito è rivolto a noi, chiamati a partecipare alla festa, per sentirci tutti, con lui, figli del Padre, fratelli tra di noi, per scoprire, gustare, vivere la bellezza di quanto ci è donato: ma noi crediamo al desiderio appassionato del Padre di renderci partecipi del suo Amore? Sappiamo guardare al mondo come una tavola imbandita a cui siamo invitati a sederci? Sappiamo sederci a mensa come fratelli? Noi crediamo l'Amore? In realtà rischiamo di vivere soli, chiusi nelle nostre paure e contese, nei nostri progetti, nella nostra supponenza, nell'illusione di saper costruire da soli un mondo migliore. "La festa è pronta, ma gli invitati non erano degni": e noi? Possiamo gustare una festa e viviamo nell'angoscia. Credere l'Amore è l'invito che ci viene da Gesù. Ma l'Amore cos'è? Non è un sentimento vuoto: è vita, è forza. Rifiutare l'Amore è chiudersi alla vita, votarsi al fallimento. Ma "la festa rimane pronta": l'invito continua, l'orizzonte si allarga. La dimensione universale della chiamata alla festa, è caratteristica del Vangelo di Matteo: "hanno raccolto tutti, buoni e cattivi, e la sala è riempita". La distinzione tra "buoni e cattivi", così cara ai dottori della legge, è superata dalla gratuità dell'Amore del Padre: "non sono i sani he hanno bisogno del medico...". Ma allora perché Matteo ha aggiunto l'ultima parte, con la durezza della condanna di colui che è entrato senza l'abito nuziale? Nella comunità cristiana (ne è testimone anche S.Paolo) si è posta la domanda, viva più che mai oggi: ma se non c'è la legge, tutto è uguale? E la risposta è: c'è una "legge nuova", l'Amore. Credere l'Amore è la risposta libera che l'uomo è chiamato a dare, dal profondo della propria povertà, all'invito del Padre. E' la veste che l'amante dona alla persona amata, non è frutto della "propria bontà": credere o non credere l'Amore è la sola differenza cristiana.
Vangelo: Mt 22,1-14
Dopo quella dei due figli e dei vignaioli omicidi, quella degli invitati alla festa di nozze (Matt.22,1-14), è la terza parabola con cui Gesù risponde ai capi del popolo, religiosi e civili, che contestano la sua autorità: è un crescendo nell'annuncio della novità della presenza del Regno dei cieli che attende la risposta responsabile di coloro ai quali è offerto di entrarvi. Con sempre maggiore intensità, Gesù annuncia che si tratta di credere l'Amore che Dio ha per il mondo, ma continua a scontrarsi con la logica della razionalità umana che preferisce credere in se stessa, chiudendosi nell'illusione della propria autosufficienza.
La parabola degli invitati si trova anche nel Vangelo di Luca 14,15-24: Matteo trasforma la "grande cena" di Luca, in "una festa di nozze" che un re ha preparato per suo figlio. La sua aggiunta dell'epilogo sull'abito nuziale, dà una sottolineatura particolare alla parabola. È interessante per noi, lettori attuali del Vangelo, notare la libertà con cui la comunità cristiana degli inizi ha saputo attualizzare la parola di Gesù: partendo da come lui l'ha pronunciata, la comunità l'ha letta alla luce della propria esperienza, mentre l'evangelista ha avvertito l'esigenza di precisarne ulteriormente il senso. In questo modo il Vangelo ci insegna ad ascoltare la Parola di Gesù come sempre viva, mai ripetitiva.
"Il Regno dei cieli è simile...". Leggendo il Vangelo, oggi noi siamo sollecitati a sentirci immersi in un'esperienza, quella del Regno dei cieli, simile a quella suscitata da un re ricco e potente, che vuol fare una festa di nozze per il figlio ed è appassionatamente preoccupato di renderne tutti partecipi. La comunità di Matteo pensa alla storia di Israele nella quale è ancora fortemente radicata, fino al dramma recente della distruzione del Tempio di Gerusalemme: oggi, siamo noi invitati a sentirci i chiamati a partecipare alla festa di nozze. Siamo invitati ad "entrare nel Regno dei cieli" guardando al mondo come a una festa di nozze: Gesù vuole invitarci a scoprire quanto Dio ami il mondo e con quanta intensità desideri che la nostra vita sia come una partecipazione alla festa di nozze preparata per il suo figlio. Vuole che guardando a lui, uomo come noi, scopriamo la bellezza della vita del figlio di Dio che è offerta a tutti noi. Dio vuole soltanto donare, vuole convincerci che tutto è Amore, che la felicità è a nostra portata di mano: basta aprire il cuore, vedere, toccare, gustare l'Amore che lui ha per noi. L'invito è chiaro, ma quelli "non volevano" venire: è questione di "volontà". All'offerta di un dono, l'uomo preferisce la propria volontà: non vede la bellezza di quanto gli è donato, pensa di poter essere il costruttore della propria felicità. "Venite alle nozze!": illustrando lo splendore della festa ormai pronta e l'occasione da non perdere, l'invito diventa più intenso. La risposta, per disinteresse o per attaccamento al proprio modo di vedere, o per odio, è un rifiuto. Se la comunità di Matteo pensa alla propria esperienza: oggi, l'invito è rivolto a noi, chiamati a partecipare alla festa, per sentirci tutti, con lui, figli del Padre, fratelli tra di noi, per scoprire, gustare, vivere la bellezza di quanto ci è donato: ma noi crediamo al desiderio appassionato del Padre di renderci partecipi del suo Amore? Sappiamo guardare al mondo come una tavola imbandita a cui siamo invitati a sederci? Sappiamo sederci a mensa come fratelli? Noi crediamo l'Amore? In realtà rischiamo di vivere soli, chiusi nelle nostre paure e contese, nei nostri progetti, nella nostra supponenza, nell'illusione di saper costruire da soli un mondo migliore. "La festa è pronta, ma gli invitati non erano degni": e noi? Possiamo gustare una festa e viviamo nell'angoscia. Credere l'Amore è l'invito che ci viene da Gesù. Ma l'Amore cos'è? Non è un sentimento vuoto: è vita, è forza. Rifiutare l'Amore è chiudersi alla vita, votarsi al fallimento. Ma "la festa rimane pronta": l'invito continua, l'orizzonte si allarga. La dimensione universale della chiamata alla festa, è caratteristica del Vangelo di Matteo: "hanno raccolto tutti, buoni e cattivi, e la sala è riempita". La distinzione tra "buoni e cattivi", così cara ai dottori della legge, è superata dalla gratuità dell'Amore del Padre: "non sono i sani he hanno bisogno del medico...". Ma allora perché Matteo ha aggiunto l'ultima parte, con la durezza della condanna di colui che è entrato senza l'abito nuziale? Nella comunità cristiana (ne è testimone anche S.Paolo) si è posta la domanda, viva più che mai oggi: ma se non c'è la legge, tutto è uguale? E la risposta è: c'è una "legge nuova", l'Amore. Credere l'Amore è la risposta libera che l'uomo è chiamato a dare, dal profondo della propria povertà, all'invito del Padre. E' la veste che l'amante dona alla persona amata, non è frutto della "propria bontà": credere o non credere l'Amore è la sola differenza cristiana.
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