Mons.Antonio Riboldi "Gesù ci affida la Chiesa, Sua vigna"

Omelia del giorno 5 Ottobre 2014
 XXVII Domenica del Tempo Ordinario
Quale meraviglia se conoscessimo e vivessimo il grande dono e la grande responsabilità, che Gesù ci ha affidato, ossia la Chiesa! La Chiesa siamo tutti noi, diventati Suoi ‘familiari’ con il Battesimo.
Quanto Dio ci ami e voglia essere amato, lo descrive, oggi, il Vangelo.

È la storia del Padre che, quando intende piantare la sua ‘tenda’ in mezzo a noi, ‘Sua vigna’, incontrando il rifiuto, risponde con il dono del Figlio. È la storia di Gesù crocifisso.

“Gesù disse ai principi dei sacerdoti e gli anziani del popolo: ‘Ascoltate un’altra parabola:

c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.

Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figli dicendo: ‘Avranno rispetto per mio figlio!’. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: ‘Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!’. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini? Gli risposero: Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo. E Gesù disse loro: Non avete mai letto nella Scrittura: ‘La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi’? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti” (Mt 2l, 33-44).

In poche battute Gesù traccia la storia della predilezione di Dio per il popolo eletto: una storia contrastata, come è narrata nella Bibbia, con tanti profeti uccisi. E da ultimo la venuta di Gesù, il Figlio, rifiutato e crocifisso. Da quel rifiuto è nata la Chiesa, affidata a noi ‘pagani’, che dovremmo sapere come ‘farla fruttificare’. Duemila anni di storia ci mostrano i tanti interventi del Padre, i tanti martiri e i tanti rifiuti. La Chiesa è saldamente nelle mani di Dio e, ogni giorno, possiamo assistere al meraviglioso lavoro, che la Grazia fa compiere a tanti vescovi , sacerdoti, religiosi e religiose, laici, che davvero sono i ‘preziosi vignaioli’. Anche oggi, tra noi.

Non solo, ma la Chiesa è la Sua grande famiglia in continua missione, perché tutti, senza eccezioni, possano appartenervi. Un incredibile dono, che chiede di essere donato.

Quello che infonde tanta, ma tanta, speranza, è la certezza che Dio continua ad amare la Sua vigna e l’affida a noi – Suoi vignaioli – chiedendoci di allargare i confini della vigna a tutto il mondo.

Ed è così. Ottobre è il mese dedicato alla missione.

Se è vero che ognuno, nella Chiesa, nessuno escluso, è missionario, il pensiero, la preghiera, la comunione di cuori, l’aiuto anche materiale, va ai nostri ‘missionari’, sparsi in tutto il mondo, che condividono direttamente la povertà di tanti e, troppe volte, sono soggetti a vere persecuzioni.

Basta pensare ai laici, ai sacerdoti e alle religiose uccisi in India, in Africa, colpevoli solo di essere cristiani.

Ho avuto modo di conoscere due martiri della fede. Il vescovo Card. Van Thuang di Saigon, costretto a tanti anni di carcere duro, lontano dai suoi fedeli e dalla sua Chiesa. Incontrandolo, dopo gli anni di persecuzione, mi esprimeva la sua gioia di essere stato vescovo senza voce, ma con il cuore e la sua vita donata per la fede. Mi voleva donare la sua croce pettorale, costruita con il filo spinato e un poco di metallo preso nella sua prigione.

‘La mia comunione con la mia Chiesa? – diceva - Ogni sera, di nascosto, quando le guardie mi lasciavano solo, chino sulla branda, celebravo la S. Messa, con una goccia di vino – mi era concesso perché pensavano fosse una medicina - sul palmo della mano e un pezzetto di pane. In quel momento mi sentivo davvero vescovo della mia Chiesa, in missione... tanto che alla fine, alcune guardie chiesero di essere battezzate’.

E come dimenticare Padre Lele, comboniano, con cui ebbi modo di essere speranza tra i terremotati dell’Irpinia? Un meraviglioso giovane, sempre con un grande sorriso, che andava oltre le nostre tristezze quotidiane. Il suo più profondo desiderio era la missione. I superiori gli affidarono una comunità in Brasile. Si mise a fianco dei campesinos, che lottavano per il diritto alla terra e fu ucciso. Ora, mi pare, si stia pensando o già facendo il processo canonico in diocesi per la beatificazione.

E come non ricordare un mio confratello rosminiano, Padre Nazareno, che ha operato per tanti anni in Tanga? Aveva costruito una bella missione in anni di fatica, accanto ai Masai. Una mattina fu aggredito da predoni, che gli rubarono tutto e lo picchiarono selvaggiamente. Ma non fuggì. Fu il vescovo a volergli affidare un’altra missione, dove dovette ricominciare tutto da capo. ‘Il mio grande desiderio – ha sempre detto – è morire tra i miei fedeli ed essere sepolto in mezzo a loro, come uno di loro’. È lo stesso desiderio che portavano in cuore le tre sorelle saveriane uccise barbaramente in settembre in Burundi. Quanto è davvero grande il cuore di tanti cristiani per la vigna del Signore!

Un amore che ha le sue radici nel Cuore stesso di Dio.

Ma noi, nella Chiesa, in questa mistica vigna, che ruolo giochiamo?

Possediamo un poco di amore alla Chiesa e come lo coltiviamo? È certo che chi mi legge non la calpesta, ma non basta! Occorre sentirci protagonisti di quello che Gesù ha detto: diventare ‘popolo che la fa fruttificare’. Ascoltiamo le parole di Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Missionaria mondiale: ‘Non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione! Vi invito ad immergervi nella gioia del Vangelo, ed alimentare un amore in grado di illuminare la vostra vocazione e missione. Vi esorto a fare memoria, come in un pellegrinaggio interiore, del “primo amore” con cui il Signore Gesù Cristo ha riscaldato il cuore di ciascuno, non per un sentimento di nostalgia, ma per perseverare nella gioia. Il discepolo del Signore persevera nella gioia quando sta con Lui, quando fa la sua volontà, quando condivide la fede, la speranza e la carità evangelica. A Maria, modello di evangelizzazione umile e gioiosa, rivolgiamo la nostra preghiera, perché la Chiesa diventi una casa per molti, una madre per tutti i popoli e renda possibile la nascita di un nuovo mondo.

Antonio Riboldi – Vescovo

Commenti

Post più popolari