Mons.Antonio Riboldi " Tutti chiamati ad essere missionari"
Omelia del giorno 19 Ottobre 2014
XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)
Se c’è un aspetto nella nostra vita di cristiani, che ci rattrista, e tanto, è il ‘silenzio’ sulla Parola di Dio. Non è più ‘di casa’. Pare che l’unica parola che domini in tante case e diventa poi ‘il vangelo’, o meglio ‘l’antivangelo’, siano i modelli di vita delle comunicazioni TV, che offrono idolatrie senza alcuno scrupolo o rispetto della bellezza dell’uomo, donataci da Dio e che siamo chiamati a coltivare e donare. È vero che, per fortuna, ci sono ancora tanti che si accostano alla Mensa Eucaristica la domenica, giorno del Signore, ma anche per molti di questi cristiani, l’annuncio della Parola e l’omelia
sembrano ‘un di più’. Ma si può davvero essere cristiani senza la Luce della Parola di Dio?
Ci fu chi affermò che se S. Paolo fosse tornato, avrebbe viaggiato con in una mano il Vangelo, come guida della vita, e nell’altra il giornale, come realtà con cui confrontarsi.
Oggi c’è rimasto tra le mani solo il giornale, che – come la TV – pare consideri tutto ciò che è espressione di fede, come ‘non notizia’, perché non fa ‘tiratura’. In altre parole prevale il commercio del ‘punto di vista personale’ – quando non addirittura la falsità – sull’offerta di ciò che è luce e sale.
Chi di noi non dedica un tempo del suo giorno o alla lettura del quotidiano o al telegiornale?
Possono – quando va bene – raccontarci le vicende del mondo in cui viviamo: vicende che il più delle volte spengono la speranza, rattristano o ci confondono.
Ma quanto tempo dedichiamo alla lettura di una pagina del Vangelo o della Bibbia?
E si può amare Dio senza conoscerlo?
Per questo la Chiesa ogni anno, in modo particolare, dedica un mese – questo di ottobre – alle missioni e, oggi, è la Giornata missionaria. Scrive il S. Padre, nel suo Messaggio per la Giornata missionaria: ‘Oggi c'è ancora moltissima gente che non conosce Gesù Cristo. Rimane perciò di grande urgenza la missione ad gentes, a cui tutti i membri della Chiesa sono chiamati a partecipare, in quanto la Chiesa è per sua natura missionaria: la Chiesa è nata "in uscita".’
Affermava il carissimo Paolo VI, di cui oggi si celebra a Roma la beatificazione, nella Esortazione apostolica ‘Evangelii nuntiandi’, che ‘evangelizzare è la grazia, la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda’. E questo vale per tutti, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. Diversa è la forma, uguale la missione e la responsabilità. ‘Guai a me – diceva S. Paolo – se non evangelizzassi’.
E’ necessario ‘dare la priorità alla missione, all’annuncio del Vangelo’, su cui Papa Francesco insiste anche nella Esortazione apostolica Evangelii Gaudium.
Il nostro è tempo di inevitabili fallimenti, se vogliamo, ma di meravigliose sfide, che conoscono la loro audacia nella fiducia in Dio che se ‘chiama e manda’ sa di avere una potenza tale da abbattere ogni difficoltà. E' tempo di coraggio evangelico, che non è esibizionismo di potenza umana, ma di umile servizio alla fede ed agli uomini.
Ho conosciuto tanti missionari che amavano la loro missione più della loro vita, ansiosi di portare la Parola, aiutando i fratelli meno fortunati. ‘L’unico desiderio che ho è di essere sepolto in terra d’Africa, tra i miei fedeli’, ripeteva un mio confratello. Saranno loro a ‘farmi strada’ al cospetto di Dio. Ma anche noi saremo giudicati da Dio sul nostro ‘silenzio’ su di Lui o sul nostro ‘annuncio’ di Lui. È un vero peccato che, a volte conosciamo ogni pettegolezzo su ‘personaggi’ che non meriterebbero tanto, ma poco o nulla su Chi è l’Unico da conoscere: Dio, che ci educa e si fa conoscere attraverso la Sua Parola, la S. Scrittura.
E quale sarà la nostra difesa riguardo al poco spazio che si dà ai tanti martiri di oggi, in alcune regione dell’Africa o dell’Asia?
È come se molto poco contasse o importasse il grande problema della libertà religiosa, della fede.
Eppure sono impensabili alla luce della chiamata di Gesù, comunità o famiglie che sono ripiegate su se stesse, come avessero scelto le catacombe per vivere la propria vita cristiana, anziché le vie del mondo per recare la luce a tutti gli uomini.
Papa Francesco nel suo Messaggio lo dice chiaramente: ‘Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 2). Pertanto, l'umanità ha grande bisogno di attingere alla salvezza portata da Cristo. I discepoli sono coloro che si lasciano afferrare sempre più dall'amore di Gesù e marcare dal fuoco della passione per il Regno di Dio, per essere portatori della gioia del Vangelo. Tutti i discepoli del Signore sono chiamati ad alimentare la gioia dell'evangelizzazione.’
Quello che sempre mi ha impressionato, quando ero chiamato da tante parti a testimoniare la fede ed invitare ad uscire dal buio delle false parole del mondo, con la luce che solo viene dalla Parola, era la grande partecipazione della gente.
Tante volte i parroci, per fare in modo che anche chi non credeva potesse partecipare, sceglievano, come luoghi di incontro, le sale pubbliche.
In una cittadina, dove anche il parroco aveva difficoltà a radunare ‘credenti’, invitato, a sera, nella grande sala non vi trovai più di 20 persone. ‘E’ tutto quello che riusciremo a mettere insieme’, fu l’affermazione avvilita del responsabile. Volli che si attendesse ancora un poco per iniziare, con speranza. E lentamente, sbucando da ogni parte, furtivamente, la grande sala si riempì, al punto che tanti dovettero accontentarsi di sentire, affacciati alle finestre, dall’esterno.
Il tema era: ‘Gesù è il solo che dà gioia alla vita’. Ascoltarono per un’ora, in grande silenzio, come affascinati. Quando credevo fosse giunta l’ora di licenziare quella folla, si alzò uno e gridò: ‘Non ci lasci, continui. Fuori c’è gran buio, qui abbiamo intravisto la luce’.
Tornai l’anno dopo, con il prof. Zichichi, in quel grande teatro. Il tema era ‘Scienza e fede’. La sala si era riempita già un’ora prima e tanti attendevano fuori, con pazienza, per trovare un posto.
Quanto bisogno c’è di Dio, oggi, nel nostro mondo ‘ricco’, ma anche tanto confuso!
E Lui è lì a parlarci con il Vangelo.
Se c’è qualcosa nella mia vita di cristiano, sacerdote e vescovo, che avverto come un grande dono, che mi rende felice e fa felici tanti, è proprio la gioia di comunicare l’Amore del Padre, nella missione.
Vedere un fratello o una sorella che, sentendo il Vangelo, si illumina, è immensa gioia. Ha ragione Papa Francesco quando nel Messaggio per questa Giornata missionaria conclude: ‘Non lasciamoci rubare la gioia dell'evangelizzazione! Vi invito ad immergervi nella gioia del Vangelo, ed alimentare un amore in grado di illuminare la vostra vocazione e missione. Vi esorto a fare memoria, come in un pellegrinaggio interiore, del "primo amore" con cui il Signore Gesù Cristo ha riscaldato il cuore di ciascuno, non per un sentimento di nostalgia, ma per perseverare nella gioia. Il discepolo del Signore persevera nella gioia quando sta con Lui, quando fa la sua volontà, quando condivide la fede, la speranza e la carità evangelica.’
Auguro a voi la stessa gioia di essere missionari dove siete, con chi vivete e in quello che fate.
Antonio Riboldi – Vescovo
XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)
Se c’è un aspetto nella nostra vita di cristiani, che ci rattrista, e tanto, è il ‘silenzio’ sulla Parola di Dio. Non è più ‘di casa’. Pare che l’unica parola che domini in tante case e diventa poi ‘il vangelo’, o meglio ‘l’antivangelo’, siano i modelli di vita delle comunicazioni TV, che offrono idolatrie senza alcuno scrupolo o rispetto della bellezza dell’uomo, donataci da Dio e che siamo chiamati a coltivare e donare. È vero che, per fortuna, ci sono ancora tanti che si accostano alla Mensa Eucaristica la domenica, giorno del Signore, ma anche per molti di questi cristiani, l’annuncio della Parola e l’omelia
sembrano ‘un di più’. Ma si può davvero essere cristiani senza la Luce della Parola di Dio?
Ci fu chi affermò che se S. Paolo fosse tornato, avrebbe viaggiato con in una mano il Vangelo, come guida della vita, e nell’altra il giornale, come realtà con cui confrontarsi.
Oggi c’è rimasto tra le mani solo il giornale, che – come la TV – pare consideri tutto ciò che è espressione di fede, come ‘non notizia’, perché non fa ‘tiratura’. In altre parole prevale il commercio del ‘punto di vista personale’ – quando non addirittura la falsità – sull’offerta di ciò che è luce e sale.
Chi di noi non dedica un tempo del suo giorno o alla lettura del quotidiano o al telegiornale?
Possono – quando va bene – raccontarci le vicende del mondo in cui viviamo: vicende che il più delle volte spengono la speranza, rattristano o ci confondono.
Ma quanto tempo dedichiamo alla lettura di una pagina del Vangelo o della Bibbia?
E si può amare Dio senza conoscerlo?
Per questo la Chiesa ogni anno, in modo particolare, dedica un mese – questo di ottobre – alle missioni e, oggi, è la Giornata missionaria. Scrive il S. Padre, nel suo Messaggio per la Giornata missionaria: ‘Oggi c'è ancora moltissima gente che non conosce Gesù Cristo. Rimane perciò di grande urgenza la missione ad gentes, a cui tutti i membri della Chiesa sono chiamati a partecipare, in quanto la Chiesa è per sua natura missionaria: la Chiesa è nata "in uscita".’
Affermava il carissimo Paolo VI, di cui oggi si celebra a Roma la beatificazione, nella Esortazione apostolica ‘Evangelii nuntiandi’, che ‘evangelizzare è la grazia, la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda’. E questo vale per tutti, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. Diversa è la forma, uguale la missione e la responsabilità. ‘Guai a me – diceva S. Paolo – se non evangelizzassi’.
E’ necessario ‘dare la priorità alla missione, all’annuncio del Vangelo’, su cui Papa Francesco insiste anche nella Esortazione apostolica Evangelii Gaudium.
Il nostro è tempo di inevitabili fallimenti, se vogliamo, ma di meravigliose sfide, che conoscono la loro audacia nella fiducia in Dio che se ‘chiama e manda’ sa di avere una potenza tale da abbattere ogni difficoltà. E' tempo di coraggio evangelico, che non è esibizionismo di potenza umana, ma di umile servizio alla fede ed agli uomini.
Ho conosciuto tanti missionari che amavano la loro missione più della loro vita, ansiosi di portare la Parola, aiutando i fratelli meno fortunati. ‘L’unico desiderio che ho è di essere sepolto in terra d’Africa, tra i miei fedeli’, ripeteva un mio confratello. Saranno loro a ‘farmi strada’ al cospetto di Dio. Ma anche noi saremo giudicati da Dio sul nostro ‘silenzio’ su di Lui o sul nostro ‘annuncio’ di Lui. È un vero peccato che, a volte conosciamo ogni pettegolezzo su ‘personaggi’ che non meriterebbero tanto, ma poco o nulla su Chi è l’Unico da conoscere: Dio, che ci educa e si fa conoscere attraverso la Sua Parola, la S. Scrittura.
E quale sarà la nostra difesa riguardo al poco spazio che si dà ai tanti martiri di oggi, in alcune regione dell’Africa o dell’Asia?
È come se molto poco contasse o importasse il grande problema della libertà religiosa, della fede.
Eppure sono impensabili alla luce della chiamata di Gesù, comunità o famiglie che sono ripiegate su se stesse, come avessero scelto le catacombe per vivere la propria vita cristiana, anziché le vie del mondo per recare la luce a tutti gli uomini.
Papa Francesco nel suo Messaggio lo dice chiaramente: ‘Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 2). Pertanto, l'umanità ha grande bisogno di attingere alla salvezza portata da Cristo. I discepoli sono coloro che si lasciano afferrare sempre più dall'amore di Gesù e marcare dal fuoco della passione per il Regno di Dio, per essere portatori della gioia del Vangelo. Tutti i discepoli del Signore sono chiamati ad alimentare la gioia dell'evangelizzazione.’
Quello che sempre mi ha impressionato, quando ero chiamato da tante parti a testimoniare la fede ed invitare ad uscire dal buio delle false parole del mondo, con la luce che solo viene dalla Parola, era la grande partecipazione della gente.
Tante volte i parroci, per fare in modo che anche chi non credeva potesse partecipare, sceglievano, come luoghi di incontro, le sale pubbliche.
In una cittadina, dove anche il parroco aveva difficoltà a radunare ‘credenti’, invitato, a sera, nella grande sala non vi trovai più di 20 persone. ‘E’ tutto quello che riusciremo a mettere insieme’, fu l’affermazione avvilita del responsabile. Volli che si attendesse ancora un poco per iniziare, con speranza. E lentamente, sbucando da ogni parte, furtivamente, la grande sala si riempì, al punto che tanti dovettero accontentarsi di sentire, affacciati alle finestre, dall’esterno.
Il tema era: ‘Gesù è il solo che dà gioia alla vita’. Ascoltarono per un’ora, in grande silenzio, come affascinati. Quando credevo fosse giunta l’ora di licenziare quella folla, si alzò uno e gridò: ‘Non ci lasci, continui. Fuori c’è gran buio, qui abbiamo intravisto la luce’.
Tornai l’anno dopo, con il prof. Zichichi, in quel grande teatro. Il tema era ‘Scienza e fede’. La sala si era riempita già un’ora prima e tanti attendevano fuori, con pazienza, per trovare un posto.
Quanto bisogno c’è di Dio, oggi, nel nostro mondo ‘ricco’, ma anche tanto confuso!
E Lui è lì a parlarci con il Vangelo.
Se c’è qualcosa nella mia vita di cristiano, sacerdote e vescovo, che avverto come un grande dono, che mi rende felice e fa felici tanti, è proprio la gioia di comunicare l’Amore del Padre, nella missione.
Vedere un fratello o una sorella che, sentendo il Vangelo, si illumina, è immensa gioia. Ha ragione Papa Francesco quando nel Messaggio per questa Giornata missionaria conclude: ‘Non lasciamoci rubare la gioia dell'evangelizzazione! Vi invito ad immergervi nella gioia del Vangelo, ed alimentare un amore in grado di illuminare la vostra vocazione e missione. Vi esorto a fare memoria, come in un pellegrinaggio interiore, del "primo amore" con cui il Signore Gesù Cristo ha riscaldato il cuore di ciascuno, non per un sentimento di nostalgia, ma per perseverare nella gioia. Il discepolo del Signore persevera nella gioia quando sta con Lui, quando fa la sua volontà, quando condivide la fede, la speranza e la carità evangelica.’
Auguro a voi la stessa gioia di essere missionari dove siete, con chi vivete e in quello che fate.
Antonio Riboldi – Vescovo
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