padre Antonio Rungi" La festa delle nozze eterne e gli invitati del Regno
XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (12/10/2014)
Vangelo: Mt 22,1-14
In questa domenica ci viene presentata, nel testo del Vangelo, un'altra parabola sul Regno di Dio. E' la parabola della festa delle nozze, alla quale sono invitati tutti, ma no
n tutti erano degni di parteciparvi. Alla fine la selezione tra i degni e gli indegni avviene automaticamente, senza intervento da parte del Signore che ha predisposto ogni cosa per degnamente svolgere questa speciale festa in occasione delle nozze del suo Figlio.
Come è facile intuire, in questo brano evangelico c'è un forte appello da parte di Gesù a che i suoi discepoli, convinti della loro scelta di vita, possano sperimentare la gioia della misericordia. Nessuno è escluso dal Regno dei cieli, tutti sono chiamati ed invitati a farne parte con una degna condotta di vita e di moralità. Non è un semplice atto di adesione, la questione dell'appartenenza al Regno di Dio, non è la stessa cosa di un tesseramento ad un partito politico o ad un'associazione benefica o di volontariato, ma investe tutta la persona, anima e corpo, per far funzionare tutto l'assetto della persona e dello stesso corpo ecclesiale. Bisogna avere quella veste bianca dell'innocenza, della purificazione dai propri errori e di un inizio di vita nuova. Quella veste bianca è simboleggiata dall'innocenza battesimale. Nel momento in cui riceviamo questo sacramento, da piccoli o da grandi, la nostra anima e la nostra persona è resa pura, perché viene rimosso il peccato originale e noi siamo nella piena grazia di Dio. Questa veste bianca, come molti esegeti dicono, e che nel vangelo di oggi è messa in evidenza, non è l'unica possibilità per entrare nel Regno di Dio. Una volta si sottolineava che al di fuori della chiesa non ci fosse salvezza. Dopo il Concilio Vaticano II si è voluto anche evidenziare che la salvezza che Cristo è venuto a portare sulla terra è per tutti. Gesù sulla croce non è morto per un gruppi limitato di esseri umani che aderiscono alla sua religione, ma è morto per tutti. Coloro che senza loro colpa non conoscono Cristo nella loro vita, ma che vivono da cristiani naturalmente avranno la stessa possibilità di salvarsi di quanti questo dono della fede l'hanno ricevuto da piccoli e in un contesto religioso evidentemente cristiano. Noi che siamo venuti alla fede da piccoli abbiamo una maggiore responsabilità nel confronti del Regno di Dio che va accolto, ma anche fatto conoscere e diffuso.
Aperto alla gioia e alla speranza è il testo della prima lettura di oggi, tratto dal libro del profeta Isaia, nel quale sono forti gli accenti del dolore, della sofferenza e dell'amore; ci si imbatte in un testo di estrema attualità e quindi di estremo bisogno di amare e di essere amati.
Tutti sono chiamati alla gioia dell'incontro con Cristo in questa vita e soprattutto nell'eternità. Il banchetto di cui parla Isaia nel brano di oggi non è altro che questo. E sappiamo con la certezza della fede che in quella nuova realtà futura non ci sarà né pianto, né dolore e né morte, perché tutto è gioia e tutta è vita, perché il Dio in cui crediamo è il Dio della vita e non della morte, è il Dio della gioia e non del dolore, anche se in Cristo ha scelto la via della croce per salvarci, la via cioè dell'amore che si fa dono fino a offrire per l'uomo la stessa sua vita.
In questa prospettiva soteriologica e Cristologica possiamo leggere l'incoraggiante brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla lettera di san Paolo Apostolo ai Filippesi, che come, è ben noto, è incentrata su Cristo redentore, sul Cristo Salvatore, sul Cristo crocifisso e morto per noi, per capire quale strada percorrere per essere felici in questo mondo e per l'eternità. Tutto Paolo può in Cristo, noi tutto possiamo in Colui che è la nostra redenzione e salvezza. Tutto possiamo in Gesù e con Gesù e senza di Lui non possiamo fare nulla, assolutamente nulla. Abbandonarsi in Dio è quindi la strada maestra per la vera felicità della persona credente.
Vogliamo concludere queste brevi riflessioni sulla parola di Dio odierna con la preghiera iniziale della santa assemblea, convocata oggi, nel giorno di festa, la domenica, giorno del Signore: "O Padre, che inviti il mondo intero alle nozze del tuo Figlio, donaci la sapienza del tuo Spirito, perché possiamo testimoniare qual è la speranza della nostra chiamata, e nessun uomo abbia mai a rifiutare il banchetto della vita eterna o a entrarvi senza l'abito nuziale". Per quanto ci è possibile, mettiamo tutta la nostra buona volontà per conservare bianca quella veste della santità che ci è stata consegnata nel giorno del battesimo. Nessuno di noi renda nera una veste bianca di Cristo e nessuno la imbratti con peccati e crimini indegni di ogni cristiano che ami veramente Dio, la Chiesa e l'umanità, perché c'è il rischio della dannazione e della perdizione eterna come ci ricorda il versetto finale del vangelo di oggi, che condanna definitivamente chi si è presentato al banchetto della vita senza la recuperata innocenza che passa attraverso la conversione, il pentimento e la penitenza. Infatti cosa fece il Signore per chi non aveva agito bene? "Il re ordinò ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". Signore liberaci dalla dannazione eterna e dall'inferno, ben convinti che gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi.
Vangelo: Mt 22,1-14
In questa domenica ci viene presentata, nel testo del Vangelo, un'altra parabola sul Regno di Dio. E' la parabola della festa delle nozze, alla quale sono invitati tutti, ma no
n tutti erano degni di parteciparvi. Alla fine la selezione tra i degni e gli indegni avviene automaticamente, senza intervento da parte del Signore che ha predisposto ogni cosa per degnamente svolgere questa speciale festa in occasione delle nozze del suo Figlio.
Come è facile intuire, in questo brano evangelico c'è un forte appello da parte di Gesù a che i suoi discepoli, convinti della loro scelta di vita, possano sperimentare la gioia della misericordia. Nessuno è escluso dal Regno dei cieli, tutti sono chiamati ed invitati a farne parte con una degna condotta di vita e di moralità. Non è un semplice atto di adesione, la questione dell'appartenenza al Regno di Dio, non è la stessa cosa di un tesseramento ad un partito politico o ad un'associazione benefica o di volontariato, ma investe tutta la persona, anima e corpo, per far funzionare tutto l'assetto della persona e dello stesso corpo ecclesiale. Bisogna avere quella veste bianca dell'innocenza, della purificazione dai propri errori e di un inizio di vita nuova. Quella veste bianca è simboleggiata dall'innocenza battesimale. Nel momento in cui riceviamo questo sacramento, da piccoli o da grandi, la nostra anima e la nostra persona è resa pura, perché viene rimosso il peccato originale e noi siamo nella piena grazia di Dio. Questa veste bianca, come molti esegeti dicono, e che nel vangelo di oggi è messa in evidenza, non è l'unica possibilità per entrare nel Regno di Dio. Una volta si sottolineava che al di fuori della chiesa non ci fosse salvezza. Dopo il Concilio Vaticano II si è voluto anche evidenziare che la salvezza che Cristo è venuto a portare sulla terra è per tutti. Gesù sulla croce non è morto per un gruppi limitato di esseri umani che aderiscono alla sua religione, ma è morto per tutti. Coloro che senza loro colpa non conoscono Cristo nella loro vita, ma che vivono da cristiani naturalmente avranno la stessa possibilità di salvarsi di quanti questo dono della fede l'hanno ricevuto da piccoli e in un contesto religioso evidentemente cristiano. Noi che siamo venuti alla fede da piccoli abbiamo una maggiore responsabilità nel confronti del Regno di Dio che va accolto, ma anche fatto conoscere e diffuso.
Aperto alla gioia e alla speranza è il testo della prima lettura di oggi, tratto dal libro del profeta Isaia, nel quale sono forti gli accenti del dolore, della sofferenza e dell'amore; ci si imbatte in un testo di estrema attualità e quindi di estremo bisogno di amare e di essere amati.
Tutti sono chiamati alla gioia dell'incontro con Cristo in questa vita e soprattutto nell'eternità. Il banchetto di cui parla Isaia nel brano di oggi non è altro che questo. E sappiamo con la certezza della fede che in quella nuova realtà futura non ci sarà né pianto, né dolore e né morte, perché tutto è gioia e tutta è vita, perché il Dio in cui crediamo è il Dio della vita e non della morte, è il Dio della gioia e non del dolore, anche se in Cristo ha scelto la via della croce per salvarci, la via cioè dell'amore che si fa dono fino a offrire per l'uomo la stessa sua vita.
In questa prospettiva soteriologica e Cristologica possiamo leggere l'incoraggiante brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla lettera di san Paolo Apostolo ai Filippesi, che come, è ben noto, è incentrata su Cristo redentore, sul Cristo Salvatore, sul Cristo crocifisso e morto per noi, per capire quale strada percorrere per essere felici in questo mondo e per l'eternità. Tutto Paolo può in Cristo, noi tutto possiamo in Colui che è la nostra redenzione e salvezza. Tutto possiamo in Gesù e con Gesù e senza di Lui non possiamo fare nulla, assolutamente nulla. Abbandonarsi in Dio è quindi la strada maestra per la vera felicità della persona credente.
Vogliamo concludere queste brevi riflessioni sulla parola di Dio odierna con la preghiera iniziale della santa assemblea, convocata oggi, nel giorno di festa, la domenica, giorno del Signore: "O Padre, che inviti il mondo intero alle nozze del tuo Figlio, donaci la sapienza del tuo Spirito, perché possiamo testimoniare qual è la speranza della nostra chiamata, e nessun uomo abbia mai a rifiutare il banchetto della vita eterna o a entrarvi senza l'abito nuziale". Per quanto ci è possibile, mettiamo tutta la nostra buona volontà per conservare bianca quella veste della santità che ci è stata consegnata nel giorno del battesimo. Nessuno di noi renda nera una veste bianca di Cristo e nessuno la imbratti con peccati e crimini indegni di ogni cristiano che ami veramente Dio, la Chiesa e l'umanità, perché c'è il rischio della dannazione e della perdizione eterna come ci ricorda il versetto finale del vangelo di oggi, che condanna definitivamente chi si è presentato al banchetto della vita senza la recuperata innocenza che passa attraverso la conversione, il pentimento e la penitenza. Infatti cosa fece il Signore per chi non aveva agito bene? "Il re ordinò ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". Signore liberaci dalla dannazione eterna e dall'inferno, ben convinti che gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi.
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