D. Mario MORRA SDB"Solennità di Cristo RE dell'Universo"
23 novembre 2014| 34a Domenica: Cristo Re A - T. Ordinario | Omelia
Domenica 34a - Tempo Ordinario
Il Signore è il mio pastore; non manco di nulla!
Con l'odierna solennità di Cristo Re concludiamo l'Anno liturgico, durante il quale la Chiesa ci ha fatto contemplare l'intero mistero della vita di Gesù: nella nascita a Betlemme e nella vita nascosta a Nazareth; nei tre anni di vita pubblica e di predicazione del Vangelo; nell'epilogo doloroso della passione e morte, nel trionfo della Risurrezione ed Ascensione al cielo, da dove il Padre manda sulla Chiesa lo Spirito Santo nella Pentecoste.
Oggi la Liturgia ci presenta Gesù nella sua dignità regale: Gesù Cristo Re dell'universo, e le Letture che abbiamo ascoltato ci aiutano a comprenderne il significato profondo.
Gesù è un re-pastore, un re-guida, come lo preannuncia il profeta Ezechiele. Nella tradizione ebraica ogni re doveva essere anche pastore e guida spirituale del popolo di Israele. Siccome però i re terreni venivano facilmente meno al loro dovere, Dio stesso in persona si propone di essere pastore del suo popolo: "Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura" e Gesù dirà di se stesso: "Io sono il buon pastore".
Gesù è un re-pastore che amorevolmente va in cerca della "pecora perduta o smarrita" e fa festa quando la ritrova; "fascia la pecora ferita e cura quella ammalata", la riconduce all'ovile, non l'abbandona al suo destino, ma si prodiga per il suo bene.
La regalità di Gesù ha tutte le espressioni e le sfumature dell'amore più tenero e più profondo, fino a quella suprema di dare la propria vita: "Il buon pastore dà la vita per le sue pecorelle".
Secondo l'apostolo Paolo poi, Gesù è nostro Re; è Re dell'Universo perché è il vincitore della morte, il Signore della vita. Ai cristiani di Corinto egli scrive: "Cristo è risuscitato dai morti come primizia", cioè come primo frutto e come garanzia di altro raccolto abbondante; "e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo".
Gesù dimostra la sua divina regalità, la sua sovranità regale con la vittoria sulla morte: ha vinto la morte in sé e per sé, l'ha vinta per tutti coloro che credono in Lui.
Ha vinto la morte fisica con la risurrezione, e ha vinto la morte spirituale, causata dal peccato, perché con la sua passione, morte e risurrezione ha distrutto il potere di Satana ed ha dato a noi il potere di essere liberati dalle sue catene. Liberandoci dall'angoscia della morte e dalla schiavitù del peccato, Gesù ci ha resi partecipi della sua dignità e libertà regale.
Nella grandiosa pagina del giudizio universale, l'evangelista Matteo ci presenta Gesù che, in quanto re e sovrano dell'universo, è costituito dal Padre anche giudice supremo degli uomini.
In questo giudizio finale, il metro e la misura del nostro operato sarà unicamente l'amore, e più esattamente l'amore del prossimo, come espressione dell'amore di Dio, e l'esercizio delle opere di misericordia sia corporali che spirituali.
Tutto il resto sarà secondario, conterà relativamente poco. "Qualunque cosa avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me". Su questo verterà il giudizio.
Sappiamo bene che "i fratelli più piccoli" per Gesù sono i bisognosi di ogni genere: i malati, i poveri, gli emarginati in qualsiasi modo, le persone sole, gli emigranti, ecc. Qualunque azione di bene, di conforto, di aiuto fatta a costoro è fatta a Gesù; ma anche quello che viene negato loro, è come se fosse negato a Gesù.
Questo deve farci riflettere e deve spingerci soprattutto a vincere la nostra insensibilità e la nostra chiusura egoistica che ci impedisce di essere disponibili alle necessità altrui.
Pertanto celebrare la Festa di Gesù Cristo Re, vuol dire per noi, riconoscere che Gesù è il nostro Re: ci impegniamo quindi di farlo regnare nei nostri cuori, e di seguirlo soprattutto nel servizio ai nostri fratelli, per amore suo.
I grandi Santi e Sante Torinesi che ci hanno lasciato in eredità l'amore e la sensibilità per tutte le forme di povertà e di sofferenza, ci aiutino ad essere, sul loro esempio, uomini e donne dal cuore aperto a tutte le necessità dei fratelli, per amore di Gesù.
La Madonna, la Madre del bell'Amore ci doni un cuore sensibile a tutte le necessità dei fratelli e ci accompagni con la sua materna benevolenza.
D. Mario MORRA SDB
Domenica 34a - Tempo Ordinario
Il Signore è il mio pastore; non manco di nulla!
Con l'odierna solennità di Cristo Re concludiamo l'Anno liturgico, durante il quale la Chiesa ci ha fatto contemplare l'intero mistero della vita di Gesù: nella nascita a Betlemme e nella vita nascosta a Nazareth; nei tre anni di vita pubblica e di predicazione del Vangelo; nell'epilogo doloroso della passione e morte, nel trionfo della Risurrezione ed Ascensione al cielo, da dove il Padre manda sulla Chiesa lo Spirito Santo nella Pentecoste.
Oggi la Liturgia ci presenta Gesù nella sua dignità regale: Gesù Cristo Re dell'universo, e le Letture che abbiamo ascoltato ci aiutano a comprenderne il significato profondo.
Gesù è un re-pastore, un re-guida, come lo preannuncia il profeta Ezechiele. Nella tradizione ebraica ogni re doveva essere anche pastore e guida spirituale del popolo di Israele. Siccome però i re terreni venivano facilmente meno al loro dovere, Dio stesso in persona si propone di essere pastore del suo popolo: "Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura" e Gesù dirà di se stesso: "Io sono il buon pastore".
Gesù è un re-pastore che amorevolmente va in cerca della "pecora perduta o smarrita" e fa festa quando la ritrova; "fascia la pecora ferita e cura quella ammalata", la riconduce all'ovile, non l'abbandona al suo destino, ma si prodiga per il suo bene.
La regalità di Gesù ha tutte le espressioni e le sfumature dell'amore più tenero e più profondo, fino a quella suprema di dare la propria vita: "Il buon pastore dà la vita per le sue pecorelle".
Secondo l'apostolo Paolo poi, Gesù è nostro Re; è Re dell'Universo perché è il vincitore della morte, il Signore della vita. Ai cristiani di Corinto egli scrive: "Cristo è risuscitato dai morti come primizia", cioè come primo frutto e come garanzia di altro raccolto abbondante; "e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo".
Gesù dimostra la sua divina regalità, la sua sovranità regale con la vittoria sulla morte: ha vinto la morte in sé e per sé, l'ha vinta per tutti coloro che credono in Lui.
Ha vinto la morte fisica con la risurrezione, e ha vinto la morte spirituale, causata dal peccato, perché con la sua passione, morte e risurrezione ha distrutto il potere di Satana ed ha dato a noi il potere di essere liberati dalle sue catene. Liberandoci dall'angoscia della morte e dalla schiavitù del peccato, Gesù ci ha resi partecipi della sua dignità e libertà regale.
Nella grandiosa pagina del giudizio universale, l'evangelista Matteo ci presenta Gesù che, in quanto re e sovrano dell'universo, è costituito dal Padre anche giudice supremo degli uomini.
In questo giudizio finale, il metro e la misura del nostro operato sarà unicamente l'amore, e più esattamente l'amore del prossimo, come espressione dell'amore di Dio, e l'esercizio delle opere di misericordia sia corporali che spirituali.
Tutto il resto sarà secondario, conterà relativamente poco. "Qualunque cosa avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me". Su questo verterà il giudizio.
Sappiamo bene che "i fratelli più piccoli" per Gesù sono i bisognosi di ogni genere: i malati, i poveri, gli emarginati in qualsiasi modo, le persone sole, gli emigranti, ecc. Qualunque azione di bene, di conforto, di aiuto fatta a costoro è fatta a Gesù; ma anche quello che viene negato loro, è come se fosse negato a Gesù.
Questo deve farci riflettere e deve spingerci soprattutto a vincere la nostra insensibilità e la nostra chiusura egoistica che ci impedisce di essere disponibili alle necessità altrui.
Pertanto celebrare la Festa di Gesù Cristo Re, vuol dire per noi, riconoscere che Gesù è il nostro Re: ci impegniamo quindi di farlo regnare nei nostri cuori, e di seguirlo soprattutto nel servizio ai nostri fratelli, per amore suo.
I grandi Santi e Sante Torinesi che ci hanno lasciato in eredità l'amore e la sensibilità per tutte le forme di povertà e di sofferenza, ci aiutino ad essere, sul loro esempio, uomini e donne dal cuore aperto a tutte le necessità dei fratelli, per amore di Gesù.
La Madonna, la Madre del bell'Amore ci doni un cuore sensibile a tutte le necessità dei fratelli e ci accompagni con la sua materna benevolenza.
D. Mario MORRA SDB
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