D. Severino GALLO sdb,"ARGOMENTO DELL'ULTIMO ESAME DELLA STORIA"
23 novembre 2014 | 34a Domenica: Cristo Re A | T. Ordinario | Omelia
Festa di Cristo Re.
Il Vangelo di oggi conclude l'insegnamento che abbiamo ricevuto nella parabola delle vergini stolte e sapienti e nella parabola dei talenti. Gesù ha detto:
"Tenete la lampada accesa fino all'ultimo giorno.
Spendete tutti i talenti della vita".
Nasce una domanda: "Ma quale sarà la conclusione della vita?". Il Vangelo di oggi ci risponde (Mt. 25,31-46).
Gesù dice: "Quando il Figlio dell'Uomo verrà nella sua gloria..." (v. 31).
Il mondo non finisce quaggiù: quel "verrà" è tutta la nostra certezza, la speranza, la serenità.
Sovente penso: "Chi non crede, chissà come fa a sperare guardando lo spettacolo della vita?". Capisco perfettamente la sua tristezza e la sua paura del futuro.
Chi crede, invece, può ripetere a se stesso: "aspetto la vita del mondo che verrà"; ho la certezza che la mia vita è nelle mani di Dio e un giorno Lo vedrò.
In fin dei conti così pensavano i martiri quando, cantando, salivano i patiboli o scendevano nelle arene. A questo pensano i Missionari che partono; i giovani che improvvisamente si decidono per Gesù e lasciano tutto per seguire Lui.
"Il mondo che verrà" è come una musica melodiosa che trasforma in gioia il breve patire di quaggiù.
San Paolo esclama: "Desidero morire per stare con Cristo". E San Pietro: "dopo un breve patire, grande sarà la festa".
L'attesa di Gesù fa nascere però un interrogativo: "Che cosa mi chiederà quando Lo vedrò, e come mi giudicherà?".
E' una domanda dentro la fede, ma pienamente legittima. Gesù risponde con il Vangelo di oggi. Ci dice in anticipo qual è la materia d'esame o, se volete, il criterio di Dio nel pesare la nostra vita. Gesù dirà: "Venite alla festa". La festa di Dio. Il Paradiso non è un luogo particolare, ma è una Presenza. Dove Dio si rende presente, lì è il Paradiso.
Gesù dirà: "Venite, perché ero affamato, assetato, nudo, ammalato, carcerato..." (vv. 34-36).
Sembra strano: sono tutte situazioni concrete; Gesù parla con una concretezza strabiliante.
Ecco, allora, la meravigliosa risposta: Gesù ci chiederà che cosa abbiamo fatto.
Infatti, non basta pensare bene per essere a posto con Dio. Egli ci chiederà che cosa abbiamo fatto di bene al prossimo. Sì, al prossimo.
E' Lui che ha detto: "Non chi dice, ma chi fa...". E ancora: "L'albero è buono se fa frutti buoni".
Gesù non ci chiederà neppure che cosa abbiamo promesso - promesse se ne fanno tante - ma che cosa abbiamo mantenuto.
Il S. Curato d'Ars diceva: "La strada dell'inferno è lastricata di belle promesse".
Gesù, infine non ci interrogherà sulla fede, ma sulle opere, perché la fede senza le opere è morta.
San Paolo che aveva ben compreso questo insegnamento, scriveva ai cristiani di Corinto:
"Se possedessi la pienezza della fede sì da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, io sarei nulla" (1 Cor. 13,2).
E Gesù ricorre a un espediente narrativo (il dialogo tra Lui e le anime) per illuminare l'ultima situazione, l'ultimo momento.
I giusti diranno:
"E quando, Signore, ti abbiamo visto affamato, assetato, nudo, ammalato, carcerato..." e ti abbiamo soccorso? (v. 38).
Risposta:
"Ogni volta che l'avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, voi l'avete fatto a me" (v. 40).
Parole bellissime, ma terribili.
Se sono vere queste parole di Gesù, allora Dio è qui, è vicino, è incredibilmente vicino.
Dio, infatti, è nascosto, ma non assente; tante volte noi confondiamo il nascondimento di Dio, con la sua assenza.
Da queste parole di Gesù derivano conseguenze esaltanti: io posso davvero servire, assistere, curare ... Dio nel fratello o nella sorella vicini a me.
Mentre attendo il Signore, io Lo servo già e Lo amo. Questo è il cristianesimo che dà pienezza alla vita e recupera la gioia di vivere.
Si può ben capire allora Madre Teresa di Calcutta che, dopo aver lavato un lebbroso, ha esclamato: "Oggi ho toccato la carne di Gesù!".
E noi quale atteggiamento abbiamo davanti al prossimo in necessità?
Le parole di Gesù sono anche risposta a una domanda di Gandhi. Egli disse un giorno: "La Chiesa cattolica conta tra i suoi, migliaia di persone che hanno consacrato la vita al servizio dei lebbrosi. Varrebbe la pena di cercare a quale fonte si alimenta questo eroismo".
Ecco la fonte: Gesù, che ci ha insegnato a mettere la carità al centro della vita.
Nello stesso tempo Gesù ci fa capire che la strada della salvezza è più larga di quanto pensiamo ed è aperta a tutti.
Chiunque vive l'amore vero e concreto verso il suo prossimo, anche se non è cristiano, va in Paradiso; e chi non vive l'amore del prossimo, anche se è cristiano, non va in Paradiso.
Allora ci si può chiedere: quale vantaggio abbiamo noi credenti sugli altri che non credono?
Se per vantaggio si intende un credito dinanzi a Dio, non esiste nessun vantaggio. Abbiamo la luce, ma abbiamo anche la responsabilità. A ognuno sarà chiesto in base a quanto ha ricevuto.
Ora si può ben capire la frase di Gesù:
"In verità vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio" (Mt. 21,31).
Gesù conclude: "Poi il re dirà: "Andate nel fuoco eterno" (v. 41).
Questa è solo un'immagine. Il suo senso è questo: l'inferno esiste ed è la possibilità di perdere Dio, come conseguenza della libertà umana che respinge Dio, respingendo l'amore del prossimo.
L'inferno non lo fa Dio, ma la libertà umana. Proprio perché crediamo nella libertà, crediamo nella responsabilità e quindi nell'inferno:
Alla luce di questa parabola, ci resta una sola cosa da fare: preparare oggi la risposta alla domanda che Gesù un giorno ci farà.
Ciò significa vivere la carità tra noi, con i vicini, con tutti quelli che possiamo raggiungere ogni giorno.
Solo così l'incontro con Gesù nella morte sarà una festa per l'eternità e non una condanna irreparabile.
"Dio è proprio là dove non sembrerebbe a nessuno di doverlo trovare: Dio è proprio là dove non sembra essere Dio: come sulla Croce! E' proprio Lui, quando pare impossibile che sia lui!" (ALESSANDRO PRONZATO).
Madre Teresa di Calcutta ha detto: "Nell'Eucaristia abbiamo Gesù sotto le apparenze del pane, ma qui - nei quartieri poveri, nei corpi disfatti, nei bambini - noi vediamo Gesù e lo tocchiamo con mano".
Dobbiamo evitare di costruirci nella fantasia un prossimo amato tanto maggiormente quanto meno ci scomoda. Il prossimo vero è quello concreto, fatto di anima e corpo, soprattutto di corpo.
Quello che mi urta in tram, che incrocio per caso sul marciapiede o nel bar, quello che siede vicino a me in ufficio, o lavora e suda alla stesso banco in officina, quello che attacca la radio troppo forte in ore inopportune.
Questo prossimo concreto è membro vivo di quell'unico corpo a cui tutti apparteniamo. Potrà essere un membro malato, sfigurato, coperto di fango, forse di sangue...
Occorre molta fede e molto amore: soprattutto amore fattivo, coerente, esigente con sé, prima che con gli altri... E' necessario dare non solo del proprio, ma dare di sé.
Chi ama, non sceglie il prossimo. Si fa prossimo. Basta che una persona sia ai margini, e noi aboliamo le distanze. Ci facciamo vicini. Siamo qui. Puoi contare su di noi.
In un ospedale africano, una giovane Suora, dopo molte insistenze, aveva ottenuto di potersi dedicare a un reparto "infamante": malattie veneree.
Gli altri "non vedevano bene" la presenza della Suora in quell'ambiente.
Durante la visita del Vescovo, la religiosa si accorge che il Presule non ha alcuna intenzione di entrare in quel reparto. Alla fine, vincendo resistenze ed esitazioni, riesce a convincerlo.
Una volta sulla porta d'uscita, il Vescovo non nasconde la propria... sacra ripugnanza di fronte a quel "prossimo" così lontano dai suoi gusti:
- Sorella, queste sono anime veramente nere...
- Ma io, Eccellenza, so fare l'imbianchina - replica, decisa, la Suora
Era una notevole lezioncina di Vangelo...
Cari Fratelli e Sorelle, anche di fronte al prossimo più ripugnante, più nero, non tiriamoci indietro: chiediamo alla Madonna che sia Lei la nostra ... imbianchina.
Stiamo sicuri: Lei saprà fare dei capolavori di santità e di grazia in ogni anima, anche la più perversa, perché è la Madre della divina grazia: è l'IMMACOLATA!
D. Severino GALLO sdb,
Festa di Cristo Re.
Il Vangelo di oggi conclude l'insegnamento che abbiamo ricevuto nella parabola delle vergini stolte e sapienti e nella parabola dei talenti. Gesù ha detto:
"Tenete la lampada accesa fino all'ultimo giorno.
Spendete tutti i talenti della vita".
Nasce una domanda: "Ma quale sarà la conclusione della vita?". Il Vangelo di oggi ci risponde (Mt. 25,31-46).
Gesù dice: "Quando il Figlio dell'Uomo verrà nella sua gloria..." (v. 31).
Il mondo non finisce quaggiù: quel "verrà" è tutta la nostra certezza, la speranza, la serenità.
Sovente penso: "Chi non crede, chissà come fa a sperare guardando lo spettacolo della vita?". Capisco perfettamente la sua tristezza e la sua paura del futuro.
Chi crede, invece, può ripetere a se stesso: "aspetto la vita del mondo che verrà"; ho la certezza che la mia vita è nelle mani di Dio e un giorno Lo vedrò.
In fin dei conti così pensavano i martiri quando, cantando, salivano i patiboli o scendevano nelle arene. A questo pensano i Missionari che partono; i giovani che improvvisamente si decidono per Gesù e lasciano tutto per seguire Lui.
"Il mondo che verrà" è come una musica melodiosa che trasforma in gioia il breve patire di quaggiù.
San Paolo esclama: "Desidero morire per stare con Cristo". E San Pietro: "dopo un breve patire, grande sarà la festa".
L'attesa di Gesù fa nascere però un interrogativo: "Che cosa mi chiederà quando Lo vedrò, e come mi giudicherà?".
E' una domanda dentro la fede, ma pienamente legittima. Gesù risponde con il Vangelo di oggi. Ci dice in anticipo qual è la materia d'esame o, se volete, il criterio di Dio nel pesare la nostra vita. Gesù dirà: "Venite alla festa". La festa di Dio. Il Paradiso non è un luogo particolare, ma è una Presenza. Dove Dio si rende presente, lì è il Paradiso.
Gesù dirà: "Venite, perché ero affamato, assetato, nudo, ammalato, carcerato..." (vv. 34-36).
Sembra strano: sono tutte situazioni concrete; Gesù parla con una concretezza strabiliante.
Ecco, allora, la meravigliosa risposta: Gesù ci chiederà che cosa abbiamo fatto.
Infatti, non basta pensare bene per essere a posto con Dio. Egli ci chiederà che cosa abbiamo fatto di bene al prossimo. Sì, al prossimo.
E' Lui che ha detto: "Non chi dice, ma chi fa...". E ancora: "L'albero è buono se fa frutti buoni".
Gesù non ci chiederà neppure che cosa abbiamo promesso - promesse se ne fanno tante - ma che cosa abbiamo mantenuto.
Il S. Curato d'Ars diceva: "La strada dell'inferno è lastricata di belle promesse".
Gesù, infine non ci interrogherà sulla fede, ma sulle opere, perché la fede senza le opere è morta.
San Paolo che aveva ben compreso questo insegnamento, scriveva ai cristiani di Corinto:
"Se possedessi la pienezza della fede sì da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, io sarei nulla" (1 Cor. 13,2).
E Gesù ricorre a un espediente narrativo (il dialogo tra Lui e le anime) per illuminare l'ultima situazione, l'ultimo momento.
I giusti diranno:
"E quando, Signore, ti abbiamo visto affamato, assetato, nudo, ammalato, carcerato..." e ti abbiamo soccorso? (v. 38).
Risposta:
"Ogni volta che l'avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, voi l'avete fatto a me" (v. 40).
Parole bellissime, ma terribili.
Se sono vere queste parole di Gesù, allora Dio è qui, è vicino, è incredibilmente vicino.
Dio, infatti, è nascosto, ma non assente; tante volte noi confondiamo il nascondimento di Dio, con la sua assenza.
Da queste parole di Gesù derivano conseguenze esaltanti: io posso davvero servire, assistere, curare ... Dio nel fratello o nella sorella vicini a me.
Mentre attendo il Signore, io Lo servo già e Lo amo. Questo è il cristianesimo che dà pienezza alla vita e recupera la gioia di vivere.
Si può ben capire allora Madre Teresa di Calcutta che, dopo aver lavato un lebbroso, ha esclamato: "Oggi ho toccato la carne di Gesù!".
E noi quale atteggiamento abbiamo davanti al prossimo in necessità?
Le parole di Gesù sono anche risposta a una domanda di Gandhi. Egli disse un giorno: "La Chiesa cattolica conta tra i suoi, migliaia di persone che hanno consacrato la vita al servizio dei lebbrosi. Varrebbe la pena di cercare a quale fonte si alimenta questo eroismo".
Ecco la fonte: Gesù, che ci ha insegnato a mettere la carità al centro della vita.
Nello stesso tempo Gesù ci fa capire che la strada della salvezza è più larga di quanto pensiamo ed è aperta a tutti.
Chiunque vive l'amore vero e concreto verso il suo prossimo, anche se non è cristiano, va in Paradiso; e chi non vive l'amore del prossimo, anche se è cristiano, non va in Paradiso.
Allora ci si può chiedere: quale vantaggio abbiamo noi credenti sugli altri che non credono?
Se per vantaggio si intende un credito dinanzi a Dio, non esiste nessun vantaggio. Abbiamo la luce, ma abbiamo anche la responsabilità. A ognuno sarà chiesto in base a quanto ha ricevuto.
Ora si può ben capire la frase di Gesù:
"In verità vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio" (Mt. 21,31).
Gesù conclude: "Poi il re dirà: "Andate nel fuoco eterno" (v. 41).
Questa è solo un'immagine. Il suo senso è questo: l'inferno esiste ed è la possibilità di perdere Dio, come conseguenza della libertà umana che respinge Dio, respingendo l'amore del prossimo.
L'inferno non lo fa Dio, ma la libertà umana. Proprio perché crediamo nella libertà, crediamo nella responsabilità e quindi nell'inferno:
Alla luce di questa parabola, ci resta una sola cosa da fare: preparare oggi la risposta alla domanda che Gesù un giorno ci farà.
Ciò significa vivere la carità tra noi, con i vicini, con tutti quelli che possiamo raggiungere ogni giorno.
Solo così l'incontro con Gesù nella morte sarà una festa per l'eternità e non una condanna irreparabile.
"Dio è proprio là dove non sembrerebbe a nessuno di doverlo trovare: Dio è proprio là dove non sembra essere Dio: come sulla Croce! E' proprio Lui, quando pare impossibile che sia lui!" (ALESSANDRO PRONZATO).
Madre Teresa di Calcutta ha detto: "Nell'Eucaristia abbiamo Gesù sotto le apparenze del pane, ma qui - nei quartieri poveri, nei corpi disfatti, nei bambini - noi vediamo Gesù e lo tocchiamo con mano".
Dobbiamo evitare di costruirci nella fantasia un prossimo amato tanto maggiormente quanto meno ci scomoda. Il prossimo vero è quello concreto, fatto di anima e corpo, soprattutto di corpo.
Quello che mi urta in tram, che incrocio per caso sul marciapiede o nel bar, quello che siede vicino a me in ufficio, o lavora e suda alla stesso banco in officina, quello che attacca la radio troppo forte in ore inopportune.
Questo prossimo concreto è membro vivo di quell'unico corpo a cui tutti apparteniamo. Potrà essere un membro malato, sfigurato, coperto di fango, forse di sangue...
Occorre molta fede e molto amore: soprattutto amore fattivo, coerente, esigente con sé, prima che con gli altri... E' necessario dare non solo del proprio, ma dare di sé.
Chi ama, non sceglie il prossimo. Si fa prossimo. Basta che una persona sia ai margini, e noi aboliamo le distanze. Ci facciamo vicini. Siamo qui. Puoi contare su di noi.
In un ospedale africano, una giovane Suora, dopo molte insistenze, aveva ottenuto di potersi dedicare a un reparto "infamante": malattie veneree.
Gli altri "non vedevano bene" la presenza della Suora in quell'ambiente.
Durante la visita del Vescovo, la religiosa si accorge che il Presule non ha alcuna intenzione di entrare in quel reparto. Alla fine, vincendo resistenze ed esitazioni, riesce a convincerlo.
Una volta sulla porta d'uscita, il Vescovo non nasconde la propria... sacra ripugnanza di fronte a quel "prossimo" così lontano dai suoi gusti:
- Sorella, queste sono anime veramente nere...
- Ma io, Eccellenza, so fare l'imbianchina - replica, decisa, la Suora
Era una notevole lezioncina di Vangelo...
Cari Fratelli e Sorelle, anche di fronte al prossimo più ripugnante, più nero, non tiriamoci indietro: chiediamo alla Madonna che sia Lei la nostra ... imbianchina.
Stiamo sicuri: Lei saprà fare dei capolavori di santità e di grazia in ogni anima, anche la più perversa, perché è la Madre della divina grazia: è l'IMMACOLATA!
D. Severino GALLO sdb,
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