don Alberto Brignoli "Ma quando mai, Signore?"
XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) - Cristo Re (23/11/2014)Vangelo: Mt 25,31-46
Quando saremo giudicati, alla fine dei tempi, o forse anche solo alla fine della nostra vicenda terrena, o ancor più semplicemente al termine di ogni giornata, il suo giudizio sarà particolare, molto particolare. È un giudice che fa tutto lui: pubblico ministero, avvocato, magistrato...non ha bisogno di altre figure istituzionali per un processo in cui sa già
benissimo quale sia la materia del giudizio, quale sia la sentenza e quale sia la pena corrispondente. E poi è un giudizio particolare, perché certamente arriva anche a una condanna (a quanto pare irreversibile e inappellabile), ma arriva pure a un premio, ossia molto più che un'assoluzione.
Ma che cosa mai ci chiederà in questo giudizio il Re, Signore e Giudice della storia? Le cose che vuole sapere un Dio, forse? Vorrà sapere se lo abbiamo pregato abbastanza? Vorrà sapere quante volte siamo andati o abbiamo saltato la messa domenicale? Vorrà sapere se siamo andati al catechismo, se abbiamo aiutato e voluto bene ai nostri parroci, se abbiamo appoggiato la Chiesa nelle sue attività, se siamo stati fedeli ai suoi canoni, se abbiamo approfondito la nostra fede con letture spirituali e teologiche? No, queste cose fanno parte del vademecum del buon cristiano, ma non sono oggetto del giudizio di Dio. Il perché, bisogna chiederlo a lui, che sicuramente conosce la motivazione. Lui a noi chiederà altre cose. Anzi no, nemmeno ce le chiederà.
Perché questa è un'altra particolarità di questo giudizio così particolare e quasi anomalo: che non c'è alcun legale che interroga l'imputato. E - cosa ancora più assurda - assistiamo addirittura all'imputato (o agli imputati) che interrogano il giudice. E lo interrogano in maniera quasi ironica, ognuno dal proprio punto di vista, diametralmente opposto (chi stupito, chi sconcertato), ma il senso della domanda è il medesimo: "Ma quando mai?". Quando mai, Signore, ti abbiamo visto nella necessità e ti abbiamo (a seconda dei casi) aiutato o ignorato? Lo stupore o lo sconcerto derivano entrambi da un'unica presa di coscienza: Dio è davvero come noi, si è fatto come noi, si è fatto uomo, e dell'uomo ha assunto tutto, ma proprio tutto, soprattutto ciò che crea maggior fatica e dolore, ovvero la fame, la sete, la nudità, la malattia, la condizione di profugo, la mancata libertà. E quel che ancor più stupisce, è che ne ha fatto motivo di salvezza o di condanna per tutti.
"Hai visto quanta gente soffre la fame? Io sono lì. Hai visto quanta gente arde per la sete? Io sono lì. Hai visto quanti senza tetto? Hai visto quanti, per ripararsi, non solo non hanno una casa, ma neppure un vestito? Io sono tra quelli. Hai visto quanta gente non può muoversi con le proprie gambe perché impedita dalla malattia o dalla porta di un carcere sbarratale davanti? Lì sono io."
Ma quando mai, Signore? Tu non sei lì, tu sei nel cielo, tu sei in chiesa, tu sei nella creazione, tu sei nell'amore tra due persone, tu sei nella bellezza...impossibile incontrarti nella sofferenza! Eppure, Dio e lì: ed è lì, nella sofferenza, che si manifesta Re dell'Universo: "Ogni volta che l'avete fatto o meno a uno di questi fratelli più piccoli, l'avete fatto a me".
E noi che pensavamo che Dio ci avrebbe chiesto se lo abbiamo pregato abbastanza, quante volte siamo andati o abbiamo saltato la messa domenicale, se siamo andati al catechismo, se abbiamo aiutato e voluto bene ai nostri parroci, se abbiamo appoggiato la Chiesa nelle sue attività, se siamo stati fedeli ai suoi canoni, se abbiamo approfondito la nostra fede con letture spirituali e teologiche... Non ti chiede nulla, ma proprio nulla, perché non ha bisogno di chiedere: guarda ai tuoi fratelli poveri, e guarda al tuo modo di guardarli. Se li vedi e fai qualcosa per loro (o per Dio, che è la stessa cosa), sei salvo. Se non li vedi, o fingi di non vederli, non c'è storia né preghiera né canone né misericordia divina che tengano: ti tieni la tua cecità, e sarà il tuo supplizio.
Grazie a Dio, proprio sulla scorta di questo, il Regno preparato in eredità dal Padre celeste è pieno zeppo di gente, soprattutto di cristiani che non hanno mai saputo di esserlo. Perché l'amore per i poveri non ha etichette né carte d'identità.
Quando saremo giudicati, alla fine dei tempi, o forse anche solo alla fine della nostra vicenda terrena, o ancor più semplicemente al termine di ogni giornata, il suo giudizio sarà particolare, molto particolare. È un giudice che fa tutto lui: pubblico ministero, avvocato, magistrato...non ha bisogno di altre figure istituzionali per un processo in cui sa già
benissimo quale sia la materia del giudizio, quale sia la sentenza e quale sia la pena corrispondente. E poi è un giudizio particolare, perché certamente arriva anche a una condanna (a quanto pare irreversibile e inappellabile), ma arriva pure a un premio, ossia molto più che un'assoluzione.
Ma che cosa mai ci chiederà in questo giudizio il Re, Signore e Giudice della storia? Le cose che vuole sapere un Dio, forse? Vorrà sapere se lo abbiamo pregato abbastanza? Vorrà sapere quante volte siamo andati o abbiamo saltato la messa domenicale? Vorrà sapere se siamo andati al catechismo, se abbiamo aiutato e voluto bene ai nostri parroci, se abbiamo appoggiato la Chiesa nelle sue attività, se siamo stati fedeli ai suoi canoni, se abbiamo approfondito la nostra fede con letture spirituali e teologiche? No, queste cose fanno parte del vademecum del buon cristiano, ma non sono oggetto del giudizio di Dio. Il perché, bisogna chiederlo a lui, che sicuramente conosce la motivazione. Lui a noi chiederà altre cose. Anzi no, nemmeno ce le chiederà.
Perché questa è un'altra particolarità di questo giudizio così particolare e quasi anomalo: che non c'è alcun legale che interroga l'imputato. E - cosa ancora più assurda - assistiamo addirittura all'imputato (o agli imputati) che interrogano il giudice. E lo interrogano in maniera quasi ironica, ognuno dal proprio punto di vista, diametralmente opposto (chi stupito, chi sconcertato), ma il senso della domanda è il medesimo: "Ma quando mai?". Quando mai, Signore, ti abbiamo visto nella necessità e ti abbiamo (a seconda dei casi) aiutato o ignorato? Lo stupore o lo sconcerto derivano entrambi da un'unica presa di coscienza: Dio è davvero come noi, si è fatto come noi, si è fatto uomo, e dell'uomo ha assunto tutto, ma proprio tutto, soprattutto ciò che crea maggior fatica e dolore, ovvero la fame, la sete, la nudità, la malattia, la condizione di profugo, la mancata libertà. E quel che ancor più stupisce, è che ne ha fatto motivo di salvezza o di condanna per tutti.
"Hai visto quanta gente soffre la fame? Io sono lì. Hai visto quanta gente arde per la sete? Io sono lì. Hai visto quanti senza tetto? Hai visto quanti, per ripararsi, non solo non hanno una casa, ma neppure un vestito? Io sono tra quelli. Hai visto quanta gente non può muoversi con le proprie gambe perché impedita dalla malattia o dalla porta di un carcere sbarratale davanti? Lì sono io."
Ma quando mai, Signore? Tu non sei lì, tu sei nel cielo, tu sei in chiesa, tu sei nella creazione, tu sei nell'amore tra due persone, tu sei nella bellezza...impossibile incontrarti nella sofferenza! Eppure, Dio e lì: ed è lì, nella sofferenza, che si manifesta Re dell'Universo: "Ogni volta che l'avete fatto o meno a uno di questi fratelli più piccoli, l'avete fatto a me".
E noi che pensavamo che Dio ci avrebbe chiesto se lo abbiamo pregato abbastanza, quante volte siamo andati o abbiamo saltato la messa domenicale, se siamo andati al catechismo, se abbiamo aiutato e voluto bene ai nostri parroci, se abbiamo appoggiato la Chiesa nelle sue attività, se siamo stati fedeli ai suoi canoni, se abbiamo approfondito la nostra fede con letture spirituali e teologiche... Non ti chiede nulla, ma proprio nulla, perché non ha bisogno di chiedere: guarda ai tuoi fratelli poveri, e guarda al tuo modo di guardarli. Se li vedi e fai qualcosa per loro (o per Dio, che è la stessa cosa), sei salvo. Se non li vedi, o fingi di non vederli, non c'è storia né preghiera né canone né misericordia divina che tengano: ti tieni la tua cecità, e sarà il tuo supplizio.
Grazie a Dio, proprio sulla scorta di questo, il Regno preparato in eredità dal Padre celeste è pieno zeppo di gente, soprattutto di cristiani che non hanno mai saputo di esserlo. Perché l'amore per i poveri non ha etichette né carte d'identità.
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