Don Paolo Zamengo"I talenti sono un dono non una sfida "
Mt 25, 14-15.19-21
La parabola dei talenti è una bella notizia contro la paura che rovina il rapporto con Dio e spegne la vita. Il servo timoroso e diffidente non ha capito che, affidandogli il talento, il padrone voleva fare di lui un amico. Il talento era un dono di
comunione, un gesto di fiducia e non una sfida
Ma su quel servo, invece, incombe la paura del castigo e il dono, da opportunità, si trasforma in incubo. Il servo ha paura di Dio perché ne ha una immagine falsata: “Sei duro e mieti dove non hai seminato” (v. 24). Si inganna su Dio. E da amico di Dio si trasforma in schiavo sospettoso e inerte. La paura non libera dal male, mai.
Ma quando ci si sente amati si dà il meglio di sé. E Dio ama sorprendere ancora. Non vuole indietro i talenti affidati ma ne raddoppia il valore. Non vuole la restituzione ma il rilancio.
La parabola dei talenti è un canto alla creatività di Dio che offre a ciascuno semi di futuro per far germogliare e crescere nel mondo i frutti dell’amore, della corresponsabilità e della speranza.
Il vangelo invita a vincere l’indolenza, l’omissione e il torpore spirituale che anestetizzano le migliori qualità del cuore e fanno scivolare in una vita di sterilità. Ogni creatura è un talento prezioso che arricchisce la propria storia e quella degli altri fratelli.
Il cristiano impara ad apprezzare i talenti dovunque e comunque sorgano e si manifestino, perché ne riconosce l’autore, ne apprende il valore e ne apprezza la novità. Lo Spirito agisce nel cuore di ogni uomo, nelle iniziative religiose, ma anche negli sforzi di tutti gli uomini di buona volontà, che tendono alla costruzione della verità e del bene.
Il Signore non si accontenta di dare o di ricevere doni imbalsamati o ammuffiti da ruggini di egoismi, ma desidera e attende altro: attende cioè uomini consapevoli di sé, proiettati verso orizzonti rinnovati, uomini e donne che hanno voglia e determinazione di rinnovare la faccia della terra, recuperando ogni occasione ed energia, oltre ogni tenebra di compromesso, di ambiguità̀ o di sopraffazioni e di sociali ingiustizie.
Che non si debba dire di noi ciò che si dice nel salmo “Hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno mani e non toccano e hanno piedi e non camminano”.
Dacci, Signore, occhi per vederti nei volti e nei gesti dei nostri fratelli. Concedi a noi la gioia di ascoltarti nelle parole di tanti uomini che donano al mondo semi di verità. E facci sussultare il cuore ed esclamare “Come sono i belli, sui monti, i piedi di chi annuncia la pace”.
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