Gaetano Salvati Commento su Matteo 25,14-30
XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (16/11/2014)
Vangelo: Mt 25,14-30
L'immagine scaturita dal vangelo di Matteo può sembrare quella di un Dio distante dalle vicende dei nostri giorni. Si allontana dalla sua proprietà e affida ai suoi servi i "suoi beni" (Mt 25, 14). In realtà, il Signore, padrone di ogni cosa e che
potrebbe fare a meno di noi, confida in noi perché ci ama. Non ci ama in modo assillante, né sospettoso. Il suo è l'amore libero e liberante. Libero perché quando Egli ama non pretende il medesimo amore, questo sarebbe impossibile; invita, invece, alla volontaria adesione alla legge d'amore, la carità da offrire agli altri. Liberante, perché nel Suo parlare silenzioso, nel Suo essere apparentemente distante, suscita in noi la nostalgia dell'Eterno, il distacco da tutti i meccanismi che ci impediscono di raggiungere la verità.
In questo mistero d'amore ciascuno di noi è invitato ad aderire per ricevere la vita. Siamo chiamati, come i servi della parabola, a custodire i "beni", cioè i fratelli che incontriamo nella nostra vita, o il gregge affidato ad un parroco o ad un vescovo. Ma come possiamo rimanere saldi nella fiducia che il Signore Gesù ci ha riservato? Mediante i doni, i talenti descritti dalla parabola. Tali doni, indispensabili per poter scorgere i segni della presenza amorosa di Dio in mezzo a noi, sono la fede, la speranza e la carità. Ci fa dono della fede, perché possiamo essere coinvolti, con serenità, al piano di salvezza attuato da Cristo. La fede del vangelo, quella del Maestro, non è presunzione di attendere eventi sorprendenti che diano slancio alla pastorale; quanto piuttosto impegnarsi, ogni giorno, a compiere piccoli gesti cristiani verso l'altro; in altre parole, pensare dapprima alle esigenze degli altri, poi alle nostre. Ci dona la speranza perché possiamo superare l'oscurità del domani, la paura di essere vinti dal male, dallo sconforto e dalla depressione. Infine, della carità perché possiamo esprimere con la vita le nostre convinzioni profonde, e testimoniare l'Amore di Dio nel mondo.
Quanto detto sollecita il nostro animo a realizzare la volontà di Dio (prendersi cura dei fratelli) non attendendo qualcosa in cambio o per timore del ritorno improvviso del padrone. La nostra ricompensa è già ottenuta nel sacrificio di Cristo sulla croce e visibile, ora, in questo momento, nell'amore che, gratuitamente, diamo agli altri. Il Signore, infatti, è in mezzo a noi, senza giudicarci per quello che siamo, ma per unirci, costituirci chiesa viva che loda, prega e annuncia. In lui siamo comunità redenta che annuncia, vive, dona l'amore. Nell'amore che doniamo ritroviamo anche l'amore di Dio che conforta, riscalda i cuori, accende il lumicino della perseveranza a continuare senza sosta la strada verso di lui e della responsabilità per i fratelli affidati da Dio.
Perseveranza e responsabilità. Questa forse è la più grande difficoltà di alcuni cristiani: illudersi di aver fatto qualcosa, a volte anche grande, e poi fermarsi, non fare più nulla per un po'. La fede, invece, è questione di poco. Prima si è detto che la fede è legata a piccoli gesti, indizi, non dal molto, ma solo dalla volontà di testimoniare al mondo, sempre, in ogni istante, l'immagine di Dio che portiamo nel cuore. Amen.
Vangelo: Mt 25,14-30
L'immagine scaturita dal vangelo di Matteo può sembrare quella di un Dio distante dalle vicende dei nostri giorni. Si allontana dalla sua proprietà e affida ai suoi servi i "suoi beni" (Mt 25, 14). In realtà, il Signore, padrone di ogni cosa e che
potrebbe fare a meno di noi, confida in noi perché ci ama. Non ci ama in modo assillante, né sospettoso. Il suo è l'amore libero e liberante. Libero perché quando Egli ama non pretende il medesimo amore, questo sarebbe impossibile; invita, invece, alla volontaria adesione alla legge d'amore, la carità da offrire agli altri. Liberante, perché nel Suo parlare silenzioso, nel Suo essere apparentemente distante, suscita in noi la nostalgia dell'Eterno, il distacco da tutti i meccanismi che ci impediscono di raggiungere la verità.
In questo mistero d'amore ciascuno di noi è invitato ad aderire per ricevere la vita. Siamo chiamati, come i servi della parabola, a custodire i "beni", cioè i fratelli che incontriamo nella nostra vita, o il gregge affidato ad un parroco o ad un vescovo. Ma come possiamo rimanere saldi nella fiducia che il Signore Gesù ci ha riservato? Mediante i doni, i talenti descritti dalla parabola. Tali doni, indispensabili per poter scorgere i segni della presenza amorosa di Dio in mezzo a noi, sono la fede, la speranza e la carità. Ci fa dono della fede, perché possiamo essere coinvolti, con serenità, al piano di salvezza attuato da Cristo. La fede del vangelo, quella del Maestro, non è presunzione di attendere eventi sorprendenti che diano slancio alla pastorale; quanto piuttosto impegnarsi, ogni giorno, a compiere piccoli gesti cristiani verso l'altro; in altre parole, pensare dapprima alle esigenze degli altri, poi alle nostre. Ci dona la speranza perché possiamo superare l'oscurità del domani, la paura di essere vinti dal male, dallo sconforto e dalla depressione. Infine, della carità perché possiamo esprimere con la vita le nostre convinzioni profonde, e testimoniare l'Amore di Dio nel mondo.
Quanto detto sollecita il nostro animo a realizzare la volontà di Dio (prendersi cura dei fratelli) non attendendo qualcosa in cambio o per timore del ritorno improvviso del padrone. La nostra ricompensa è già ottenuta nel sacrificio di Cristo sulla croce e visibile, ora, in questo momento, nell'amore che, gratuitamente, diamo agli altri. Il Signore, infatti, è in mezzo a noi, senza giudicarci per quello che siamo, ma per unirci, costituirci chiesa viva che loda, prega e annuncia. In lui siamo comunità redenta che annuncia, vive, dona l'amore. Nell'amore che doniamo ritroviamo anche l'amore di Dio che conforta, riscalda i cuori, accende il lumicino della perseveranza a continuare senza sosta la strada verso di lui e della responsabilità per i fratelli affidati da Dio.
Perseveranza e responsabilità. Questa forse è la più grande difficoltà di alcuni cristiani: illudersi di aver fatto qualcosa, a volte anche grande, e poi fermarsi, non fare più nulla per un po'. La fede, invece, è questione di poco. Prima si è detto che la fede è legata a piccoli gesti, indizi, non dal molto, ma solo dalla volontà di testimoniare al mondo, sempre, in ogni istante, l'immagine di Dio che portiamo nel cuore. Amen.
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