GIOVANNINI Attilio sdb"Morire alla morte"

  2 novembre 2014 | 30a / Tutti i Santi A - Tempo Ordinario| Omelia di approfondimento
L'uomo è un mistero. L'uomo è un essere finito che ha bisogno di infinito. Niente è adeguato al suo desiderio, niente soddisfa il suo cuore se non può essere amato infinitamente.
Ma dove trovare l'oggetto di tale amore?
Le attrattive sono tante. Tocca decidere. Si può essere tentati dal più grande, ma anche dal più facile, dal più appariscente... ma se sbagli l'obiettivo, cadi. Ti perdi. Fatto per l'infinito, se non lo cogli fallisci. La tua vita non realizza la chiamata e muore.

Sì, vegeti, sopravvivi ancora. E in forma più sub-umana che umana: in preda a istinti disordinati che ti tirano sempre più in giù nell'auto-distruzione, nella morte prima spirituale, poiché ti chiudi sempre più in te stesso e ti soffochi, poi fisica, poiché la ricerca del piacere ti sfinisce e ti corrompe.
Per questo la condizione umana in generale è infelice. Noi vediamo che la testa della gente è piena di confusione: mille verità ingannevoli sono bevute come autentiche e portano alla rovina. Il cuore fatto per amare Dio, si attacca alle cose materiali, che non possono dare la pienezza perché le cose muoiono e tu muori. Attratto di qua e di là da tanti oggetti illusori, l'uomo disperde la sua energia vitale senza concludere nulla; oppure sceglie un oggetto come assoluto e allora nella furia di abbattere tutti gli ostacoli alla sua conquista la sua energia vitale diventa furia assassina.
Perduto il vero centro, tutte le facoltà vanno per proprio conto. L'intelligenza si disperde in mille pensieri senza principio; la volontà è preda di cose esteriori e mutevoli; la fantasia crea un mondo di irrealtà e di ossessioni; la memoria si disorienta e diventa solo più sede delle tentazioni del maligno.
La coscienza dell'uomo malata cade nell'asfissia per finire nella morte spirituale.
Ma, poiché l'anima è la forma del corpo, ogni stato dell'anima si riflette nel corpo.
Il corpo infatti non è il "contenitore" dell'anima o la sua prigione, come dicevano i greci. L'uomo è un'entità globale, in cui il corpo è parte metafisica del suo essere e non solo fisica. Significa che il corpo è l'espressione del trascendente che c'è nel suo intimo. Il corpo es-prime = preme fuori ciò che c'è dentro, rende visibile l'invisibile, permette di toccare ciò che è intangibile.
L'uomo è individuo, per cui, se l'anima staccata da Dio muore, trascina con sé il corpo. Esso può sopravvivere ancora un po' attaccato agli elementi del mondo, ma in fondo alle soddisfazioni passionali c'è solo sofferenza malattia e morte. Si vive una vita nella morte.
E così, alla fine, il nostro morire è paradossalmente la morte della morte.
A questo punto si apre infatti uno spiraglio di luce. Dio non abbandona l'uomo. Continua a crearlo e ricrearlo. Sollecitando la sua libertà, gli apre un cammino di vita.
Se l'uomo vuole, Dio trasforma la sua stessa morte in una liberazione salutare. Se l'anima si ricollega a Dio, con la morte l'anima risorge dalla morte. Con la morte, abbandonando ogni caducità, rinasce alla vita.
Se l'uomo vuole. È una enorme responsabilità che gli è accollata.
La sede di questa responsabilità è il suo cuore, quelle profondità del suo cuore purtroppo oscurate dalle passioni. Di qui il compito di scrutare il proprio cuore, per discernere quello che porta alla libertà e quello che lo trattiene nella schiavitù delle passioni.
Sta a noi cercare la libertà e la vita. Il Vangelo ci insegna come.

GIOVANNINI Attilio sdb

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