PAPA FRANCESCO MEDITAZIONE MATTUTINA DOMUS SANCTAE MARTHAE"Niente pigrizia"
Martedì, 11 novembre 2014
Come deve essere la nostra fede? È la domanda degli apostoli ed è anche la nostra. La risposta è: «una fede inquadrata nel servizio» a Dio e al prossimo. Un servizio umile, gratuito, generoso, mai «a metà». Solo così è possibile aprirsi davvero alla speranza dell’incontro finale con
Gesù.
Nel commentare il Vangelo di Luca proposto dalla liturgia (17, 7-10), il Papa — durante la messa celebrata a Santa Marta martedì 11 novembre — ha richiamato il brano nel quale, ai discepoli che chiedono: «Signore, accresci in noi la fede», Gesù risponde: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: Sràdicati e vai a piantarti nel mare, ed esso vi obbedirebbe». Il Signore cioè, ha spiegato Francesco, parla di «una fede potente», tanto forte da essere capace «di fare grandi meraviglie», ma a una condizione: che questa sia inserita «entro la cornice del servizio», che «porti al servizio». Un servizio totale, come quello del «servo che ha lavorato tutta la giornata» e quando torna a casa «deve servire il Signore, dargli da mangiare e poi riposarsi».
Apparentemente sembra, ha commentato il Pontefice, «un po’ esigente, un po’ duro»: qualcuno potrebbe consigliare «a questo servo di andare al sindacato a cercare un po’ di consiglio» su come regolarsi «con un padrone così». Ma il servizio richiesto è «totale» perché è lo stesso messo in pratica da Gesù: «lui ha fatto strada con questo atteggiamento di servizio; lui è il servo; lui si presenta come il servo, quello che è venuto a servire e non a essere servito».
Immessa sulla «strada del servizio», la fede «farà miracoli». Al contrario, «un cristiano che riceve il dono della fede nel battesimo, ma poi non lo porta avanti sulla strada del servizio, diventa un cristiano senza forza, senza fecondità, un cristiano per se stesso, per servire se stesso, per procurare vantaggio a se stesso». Costui, ha commentato il Papa, «andrà in cielo, sicuramente, ma che vita triste!». Succede allora che «tante cose grandi del Signore» vadano «sprecate» perché, come «il Signore ha detto chiaramente: il servizio è unico», e non si possono servire due padroni, Dio e le ricchezze. A questo proposito il Pontefice ha ricordato «gli israeliti al tempo del profeta Elia, che volevano andare bene con Jahvé e bene con Baal». A loro Elia dice: «Ma, voi zoppicate su tutte e due le gambe! E così non si può andare avanti!». Perché, ha ribadito Francesco, «si serve un Signore».
A questo punto Francesco è entrato più nel dettaglio della vita quotidiana e delle difficoltà che il cristiano ha nel mettere in pratica la parola evangelica. «Noi — ha detto — possiamo allontanarci da questo atteggiamento del servizio» innanzitutto «per un po’ di pigrizia»: diventiamo cioè «comodi, come hanno fatto quelle cinque ragazze pigre che aspettavano lo sposo ma senza curarsi di avere l’olio necessario nelle lampade». E la pigrizia rende «tiepido il cuore». Allora per comodità siamo portati a trovare giustificazioni: «Ma, se viene questo, o se viene quella a bussare alla porta, digli che io non sono a casa, perché verrà a chiedere un favore e no, io non voglio...». La pigrizia, cioè, «ci allontana dal servizio e ci porta alla comodità, all’egoismo». E, ha commentato il Papa, «tanti cristiani» sono così: «sono buoni, vanno a messa», ma per quanto riguarda il servizio si mettono in gioco «fino a un certo punto». Eppure, ha sottolineato, «quando dico servizio, dico tutto: servizio a Dio nell’adorazione, nella preghiera, nelle lodi», servizio «al prossimo» e «servizio fino alla fine». Su questo Gesù «è forte» e raccomanda: «Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, adesso dite: siamo servi inutili». Bisogna, cioè prestare un «servizio gratuito, senza chiedere niente».
C’è poi, ha continuato il Papa, un’altra «possibilità di allontanarsi dall’atteggiamento di servizio», ed è quella dell’«impadronirsi delle situazioni». È quanto è accaduto anche agli apostoli, che allontanavano le persone «perché non disturbassero Gesù», ma in realtà anche «per essere comodi loro»: cioè «si impadronivano del tempo del Signore, si impadronivano del potere del Signore: lo volevano per il loro gruppetto». In pratica «si impadronivano di questo atteggiamento di servizio, trasformandolo in una struttura di potere». Così, ha commentato Francesco, «si spiega quando tra loro discutevano su chi fosse il più grande»; e «si capisce quando la mamma di Giacomo e Giovanni va a chiedere al Signore che uno dei suoi figli sia il primo ministro e l’altro il ministro dell’economia, con tutto il potere in mano». Lo stesso accade ai cristiani che «invece che servitori» diventano «padroni: padroni della fede, padroni del regno, padroni della salvezza. Questo accade, è una tentazione per tutti i cristiani».
Invece il Signore ci parla di «servizio in umiltà». Come ha fatto «lui che essendo Dio umiliò se stesso, si abbassò, si annientò: per servire. È servizio in speranza, e questa è la gioia del servizio cristiano», che vive, come scrive san Paolo a Tito, «nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo». Il Signore «busserà alla porta» e «verrà a trovarci» in quel momento, ha detto il Papa, auspicando: «Per favore, che ci trovi in questo atteggiamento di servizio».
Certo, nella vita «dobbiamo lottare tanto contro le tentazioni che cercano di allontanarci» da questa disposizione: la pigrizia che «porta alla comodità» e spinge a prestare un «servizio a metà»; e la tentazione di «impadronirsi della situazione», che «porta alla superbia, all’orgoglio, a trattare male la gente, a sentirsi importanti “perché sono cristiano, ho la salvezza”». Il Signore, ha concluso il Pontefice, «ci dia queste due grazie grandi: l’umiltà nel servizio, al fine di poterci dire: siamo servi inutili», e «la speranza nell’attesa della manifestazione» del Signore che «verrà a trovarci».
da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.258, Merc. 12/11/2014)
Come deve essere la nostra fede? È la domanda degli apostoli ed è anche la nostra. La risposta è: «una fede inquadrata nel servizio» a Dio e al prossimo. Un servizio umile, gratuito, generoso, mai «a metà». Solo così è possibile aprirsi davvero alla speranza dell’incontro finale con
Gesù.
Nel commentare il Vangelo di Luca proposto dalla liturgia (17, 7-10), il Papa — durante la messa celebrata a Santa Marta martedì 11 novembre — ha richiamato il brano nel quale, ai discepoli che chiedono: «Signore, accresci in noi la fede», Gesù risponde: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: Sràdicati e vai a piantarti nel mare, ed esso vi obbedirebbe». Il Signore cioè, ha spiegato Francesco, parla di «una fede potente», tanto forte da essere capace «di fare grandi meraviglie», ma a una condizione: che questa sia inserita «entro la cornice del servizio», che «porti al servizio». Un servizio totale, come quello del «servo che ha lavorato tutta la giornata» e quando torna a casa «deve servire il Signore, dargli da mangiare e poi riposarsi».
Apparentemente sembra, ha commentato il Pontefice, «un po’ esigente, un po’ duro»: qualcuno potrebbe consigliare «a questo servo di andare al sindacato a cercare un po’ di consiglio» su come regolarsi «con un padrone così». Ma il servizio richiesto è «totale» perché è lo stesso messo in pratica da Gesù: «lui ha fatto strada con questo atteggiamento di servizio; lui è il servo; lui si presenta come il servo, quello che è venuto a servire e non a essere servito».
Immessa sulla «strada del servizio», la fede «farà miracoli». Al contrario, «un cristiano che riceve il dono della fede nel battesimo, ma poi non lo porta avanti sulla strada del servizio, diventa un cristiano senza forza, senza fecondità, un cristiano per se stesso, per servire se stesso, per procurare vantaggio a se stesso». Costui, ha commentato il Papa, «andrà in cielo, sicuramente, ma che vita triste!». Succede allora che «tante cose grandi del Signore» vadano «sprecate» perché, come «il Signore ha detto chiaramente: il servizio è unico», e non si possono servire due padroni, Dio e le ricchezze. A questo proposito il Pontefice ha ricordato «gli israeliti al tempo del profeta Elia, che volevano andare bene con Jahvé e bene con Baal». A loro Elia dice: «Ma, voi zoppicate su tutte e due le gambe! E così non si può andare avanti!». Perché, ha ribadito Francesco, «si serve un Signore».
A questo punto Francesco è entrato più nel dettaglio della vita quotidiana e delle difficoltà che il cristiano ha nel mettere in pratica la parola evangelica. «Noi — ha detto — possiamo allontanarci da questo atteggiamento del servizio» innanzitutto «per un po’ di pigrizia»: diventiamo cioè «comodi, come hanno fatto quelle cinque ragazze pigre che aspettavano lo sposo ma senza curarsi di avere l’olio necessario nelle lampade». E la pigrizia rende «tiepido il cuore». Allora per comodità siamo portati a trovare giustificazioni: «Ma, se viene questo, o se viene quella a bussare alla porta, digli che io non sono a casa, perché verrà a chiedere un favore e no, io non voglio...». La pigrizia, cioè, «ci allontana dal servizio e ci porta alla comodità, all’egoismo». E, ha commentato il Papa, «tanti cristiani» sono così: «sono buoni, vanno a messa», ma per quanto riguarda il servizio si mettono in gioco «fino a un certo punto». Eppure, ha sottolineato, «quando dico servizio, dico tutto: servizio a Dio nell’adorazione, nella preghiera, nelle lodi», servizio «al prossimo» e «servizio fino alla fine». Su questo Gesù «è forte» e raccomanda: «Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, adesso dite: siamo servi inutili». Bisogna, cioè prestare un «servizio gratuito, senza chiedere niente».
C’è poi, ha continuato il Papa, un’altra «possibilità di allontanarsi dall’atteggiamento di servizio», ed è quella dell’«impadronirsi delle situazioni». È quanto è accaduto anche agli apostoli, che allontanavano le persone «perché non disturbassero Gesù», ma in realtà anche «per essere comodi loro»: cioè «si impadronivano del tempo del Signore, si impadronivano del potere del Signore: lo volevano per il loro gruppetto». In pratica «si impadronivano di questo atteggiamento di servizio, trasformandolo in una struttura di potere». Così, ha commentato Francesco, «si spiega quando tra loro discutevano su chi fosse il più grande»; e «si capisce quando la mamma di Giacomo e Giovanni va a chiedere al Signore che uno dei suoi figli sia il primo ministro e l’altro il ministro dell’economia, con tutto il potere in mano». Lo stesso accade ai cristiani che «invece che servitori» diventano «padroni: padroni della fede, padroni del regno, padroni della salvezza. Questo accade, è una tentazione per tutti i cristiani».
Invece il Signore ci parla di «servizio in umiltà». Come ha fatto «lui che essendo Dio umiliò se stesso, si abbassò, si annientò: per servire. È servizio in speranza, e questa è la gioia del servizio cristiano», che vive, come scrive san Paolo a Tito, «nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo». Il Signore «busserà alla porta» e «verrà a trovarci» in quel momento, ha detto il Papa, auspicando: «Per favore, che ci trovi in questo atteggiamento di servizio».
Certo, nella vita «dobbiamo lottare tanto contro le tentazioni che cercano di allontanarci» da questa disposizione: la pigrizia che «porta alla comodità» e spinge a prestare un «servizio a metà»; e la tentazione di «impadronirsi della situazione», che «porta alla superbia, all’orgoglio, a trattare male la gente, a sentirsi importanti “perché sono cristiano, ho la salvezza”». Il Signore, ha concluso il Pontefice, «ci dia queste due grazie grandi: l’umiltà nel servizio, al fine di poterci dire: siamo servi inutili», e «la speranza nell’attesa della manifestazione» del Signore che «verrà a trovarci».
da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.258, Merc. 12/11/2014)
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