D. Gianni Mazzali SDB "Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra"

21 dicembre 2014 | 4a Domenica di Avvento - Anno B  | Omelia
Ho incrociato, guidando per una strada fuori del paese, una signora che mi ha fatto cenno di fermarmi. Ho accostato, l'ho salutata stando in macchina e subito la signora ha descritto la sua situazione di donna vedova, smarrita, depressa per i problemi della sua famiglia, con una
devastante sensazione di solitudine. "Don Gianni, mi sforzo comunque di tirare avanti, cerco di amare e di non sbottare, ma non mi sento amata e questa solitudine di affetto mi deprime e mi toglie la serenità. Innumerevoli sono i casi come questo nelle nostre città, nei nostri paesi. Non è sempre facile trovare la parola giusta, offrire un aiuto concreto. La Parola di questa quarta domenica ci suggerisce di contemplare il protagonismo di Dio, come il re Davide, come Maria, per fare esperienza dell'Amore di Dio che ci avvolge e supera le contraddizioni e i lati oscuri della nostra attuale esperienza umana.

Dio ci rassicura

La pagina del Libro di Samuele ci presenta il re Davide che è giunto all'apice del suo potere, vive in una casa sicura ed è riconosciuto capo da tutte le tribù. Alle sue vittoriose imprese vuole aggiungere una grande realizzazione che dia gloria a Dio, ma certamente anche a lui e alla sua famiglia: costruire un tempio per il Signore. L'atteggiamento di Dio non è affatto condiscendente. Invece di apprezzare il proposito di Davide, attraverso il profeta Natan, lo induce a riflettere che tutto quello che di grande e di significativo ha realizzato ha la sua origine nel progetto di Dio che lo ha seguito passa passo fin dalla sua misteriosa unzione regale. C'è una certa presunzione in Davide nel voler costruire una "casa" per Dio mentre il Signore gli rammenta che è Lui a preoccuparsi della "casa" di Davide e che il Suo progetto va al di là della persona del re destinata a riposare con i suoi padre. "Non sei tu che mi costruisci una casa, piuttosto sono io, il tuo Dio, che si preoccuperà di costruire una "casa" perenne, indistruttibile, in cui io stesso abiterò e il mio nome sarà glorificato".
Oggi Dio, come per Davide, rivela la nostra presunzione e la nostra pretesa emancipazione di uomini le cui conquiste e il cui progresso hanno dato alla testa. Addirittura stiamo andando ben oltre l'orgoglio e la sicurezza di Davide. Vogliamo costruire una casa, una città in cui non c'è più posto per Dio. Ci vogliamo emancipare, vogliamo goderci e inebriarci della nostra libertà. Ma tale proposito si scontra con le nostre contraddizioni, le nostre crisi, il nostro egoismo che minano inconsapevolmente le nostre false sicurezze e ci deprimono. E allora ci viene spontaneo guardare in alto, ammettere la nostra presunzione e sentire la voce paterna di Dio che ci rassicura che sarà lui a costruire la nostra città, la nostra casa ed egli per sempre sarà con noi, in mezzo a noi: "Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio".

"Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?"

Spesso l'operare di Dio nella nostra vita non è così evidente, anzi spesso è oscuro, contraddittorio, mi verrebbe da dire assurdo. La donna di fede che ho incontrato qualche giorno fa si aggrappa a Dio, alla sua fede, anche se non capisce perché, dopo essersi spesa e aver donato se stessa, viene ripagata da indifferenza ed addirittura odio sopito nell'ambito della sua famiglia. La nostra fede esige che talvolta noi discutiamo con Dio, lo provochiamo perché non riusciamo a capire il suo comportamento nei nostri confronti e nei confronti del mondo. Non sono soltanto le nostre vicende personali a metterci in crisi. La scena del mondo ci appare dominata da una violenza cieca, l'amore umano impazzisce nelle tragedie familiari più devastanti e incomprensibili, la corruzione e l'ingiustizia fanno violenza al nostro onesto sforzo di vita buona.
Ammettiamo il nostro smarrimento e attendiamo una risposta che non siamo in grado di costruirci, di darci. L'esperienza di Maria di Nazaret ci è di aiuto e illumina di profondità e semplicità il nostro confrontarci con Dio. La sentiamo vicina a noi nel suo forte turbamento e nel nostro interrogarci sul senso delle cose che avvengono in noi ed attorno a noi. Ma ci è soprattutto vicina nell'ascolto. Maria non cela il fatto che non capisce, ma ciò non le impedisce di porsi in ascolto. Il suo atteggiamento disarmante schiude tutta la sua vita al disegno, alla volontà di Dio. Cercare una risposta ai perché della sua vita non diventa per lei sfiducia, sopita ribellione, allontanamento dal suo Signore. Ascolta, vuole ascoltare con libertà, con trasporto interiore. C'è una apertura di mente e di cuore in Maria che diviene stimolo e provocazione alle nostre incertezze e alle nostre chiusure. Percepisce che Dio la sta avvolgendo con la sua grazia, si sente inondata di gioia, ma non presume di sé, non si lascia, come è successo per Davide, prendere da una pericolosa ebbrezza. L'umiltà di Maria, il suo sincero piegarsi al disegno del Signore, sentirsi strumento di cui Dio si vuol servire le consentono di offrire al Signore la sua collaborazione al Suo disegno di salvezza. Maria concepisce Gesù, è feconda perché vuole rimanere nei confini della sua umanità, perché accetta di dipendere, perché vuole essere "la serva, la schiava del Signore".
L'umiltà è il terreno fecondo dei miracoli. Maria ci indica questa strada perché sa che, nella piena consapevolezza che siamo creature deboli e limitate, possiamo essere i collaboratori di Dio. C'è un pezzo di Natale che ci appartiene, c'è un Dio che anche noi, nella nostra fede umile, possiamo generare.

"C'è chi crede che tutto gli sia dovuto, ma non è dovuto niente a nessuno. Le cose si conquistano con dolcezza ed umiltà". (Madre Teresa di Calcutta)

D. Gianni Mazzali SDB

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