dom Luigi Gioia" L'anima mia magnifica il Signore"

IV Domenica di Avvento (Anno B) (21/12/2014)
Vangelo: Lc 1,26-38
Annunciando a Maria la nascita di Gesù l'angelo pronuncia questa frase: Questo figlio che
ti nascerà sarà grande e verrà chiamato figlio dell'Altissimo. Il Signore Dio gli darà il
trono di Davide, suo padre, e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non
avrà fine. Non è un caso che il re Davide sia menzionato in questa frase. Attraverso questa

menzione, la nascita di Gesù è collegata con una promessa che il Signore aveva fatto mille
anni prima al re Davide, ricordata nella prima lettura: Quando i tuoi giorni saranno
compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito
dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me
figlio.
Viviamo oggi circa duemila anni dopo l'annuncio dell'angelo a Maria e tremila anni dopo
la promessa al re Davide. Riflettiamoci sopra: l'episodio di cui abbiamo sentito parlare nella
prima lettura si è prodotto tremila anni fa! Per non parlare poi della promessa di Dio ad
Abramo, nostro padre nella fede, che è stata pronunciata quattromila anni fa. Non a torto si
parla di ‘tempi biblici' per indicare quella che può sembrare la straordinaria lentezza
dell'azione del Signore nella storia. Il Signore fa una promessa duemila anni prima di
realizzarla. Duemila anni dopo che la promessa è stata mantenuta in Cristo siamo ancora
all'inizio del suo dispiegamento nel mondo e nella storia.
Come interpretare tale lentezza del Signore ad agire? La Parola ci permette di dare
questa risposta: questa lentezza è dovuta ai tempi di cui noi abbiamo bisogno per accogliere
l'azione del Signore. Questa straordinaria lentezza è l'espressione non della inefficacia del
Signore ma della sua straordinaria fedeltà malgrado tutta la nostra resistenza. Attraverso
tutti questi millenni il Signore è fedele. Il Signore ha un disegno e lo realizza generazione
dopo generazione, secolo dopo secolo, millennio dopo millennio.
Dice il salmo responsoriale: Canterò in eterno l'amore del Signore, di generazione in
generazione farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà, perché ho detto: È un amore
edificato per sempre. E lo stesso salmo fa ancora dire al Signore: Gli conserverò sempre il
mio amore, la mia alleanza gli sarà fedele. Attraverso tutti questi millenni il Signore resta
fedele, conserva il suo amore.
"Fedele" è il nome stesso del Signore. Questi quattromila anni sono stati la storia della
fedeltà del Signore e dell'infedeltà dell'uomo. Non per un secolo, non per un millennio, ma
per quattromila anni l'uomo ha continuato a restare infedele, ma lui - il Signore - resta
fedele, perché non può rinnegare quello che egli è. Questa fedeltà la dispiega attraverso un
disegno che abbraccia tutta la storia. Un disegno che, proprio perché è così lungo, proprio
perché prende millenni, sembra sproporzionate rispetto ai pochi decenni della nostra vita,
può sembrare troppo più grande di noi, troppo più grande delle nostre brevi vite. Potremmo
essere allora tentati di pensare che non ci riguarda, mentre invece riguarda proprio ciascuno
di noi, individualmente, direttamente.
Quando la scrittura parla di Gesù, parla anche di tutta l'umanità e più particolarmente di
ciascuno di noi. Questo vuol dire che la profezia di Natan a Davide si riferisce a Gesù, ma,
attraverso di lui, si applica anche a ciascuno di noi. Quando il Signore dice a Davide: Sono
con te dovunque vai, sta promettendo questa stessa cosa a me che la sto leggendo adesso
nella fede. La parola di Dio è vivente. La parola di Dio è presente. La parola di Dio è Dio
nell'atto stesso in cui adesso, in questo momento, mi sta parlando. Sono con te dovunque
vai. Distruggo i tuoi nemici, dice a ciascuno di noi adesso. Come recitiamo nel Padre nostro:
Ti libero dal male. Poi continua: Ti darò riposo nel mio regno. Ti preparo un posto, nel
quale tu siederai con me nella mia gloria. A me, a ciascuno di noi, dice: Io sono per te un
padre e tu sei per me un figlio.
Se è vero, come dice il salmo, che davanti al Signore mille anni sono come un giorno, è
anche vero che i capelli del capo di ciascuno di noi sono contati e che non dobbiamo
preoccuparci di cosa mangeremo, di cosa berremo, di come ci vestiremo, perché - come ci
assicura Gesù - il padre nostro (il padre mio) sa di che cosa ho bisogno. Questo ci rivela
Gesù: Dio non è solo qualcuno che abbraccia la storia, che vede la storia dall'alto, ma è
anche intimamente presente nella mia vita, nella vita di ciascuno di noi.
Questo è l'aspetto più prodigioso dell'amore del Signore. Nella relazione con lui non
siamo mai inglobati nell'anonimato, come membri di un popolo, di una chiesa. Ricordo che
una ventina di anni fa quando la popolazione mondiale raggiunse i 5 miliardi di persone, un
giornalista di avvicinò a Giovanni Paolo II che era allora in vacanza sulle Alpi e gli disse:
«Oggi abbiamo raggiunto i 5 miliardi di persone. Santo Padre, cosa ne pensa?». La risposta
di Giovanni Paolo II mi restò impressa - egli disse: «Ognuno di questi 5 miliardi di persone è
voluto e amato dal Signore».
Questo viene a ricordarci il Natale. Questo è il segno che ci offre il Bambino in fasce posto
nella mangiatoia. A questo dobbiamo pensare nel fare i presepi in ognuna delle nostre case:
questo Dio che abbraccia i millenni, è tutto intero in questo bambino che è nella mia casa,
che viene a visitare me, personalmente. Non ci sono milioni di presepi. C'è un solo presepe
presente nei milioni di case nelle quali viviamo. C'è un solo Signore che ci raggiunge
ovunque siamo. C'è un solo presepe che entra nella mia casa, o meglio, un solo presepe nel
quale io entro come ospite privilegiato.
Abbiamo sentito in questa lettura, che il profeta Davide voleva costruire una casa al
Signore. Invece il Signore gli rivela che è lui a fare una casa per Davide. Così non siamo noi a
fare il presepe per accogliere il Signore, ma è il Signore che fa un solo presepe per accogliere
me, per accogliere ciascuno di noi. Guardiamo questo presepe e davanti ad esso diciamoci:
"Sì, l'ho fatto io, ma in realtà Signore, sei tu che lo hai fatto - e lo hai fatto per me. In questo
presepe, Signore, mi accogli come fratello, come sorella, per entrare nella mia storia e per
trasformarla con la tua presenza".
Quella dei nostri presepi non è un'immagine sentimentale, non è una semplificazione
abusiva del vangelo. Al contrario, ne esprime l'essenza. Il Signore stabilisce la sua dimora
nella mia casa. E' con me. Vive con me. La mia storia e la sua storia sono una sola cosa.
Entra con me in un'alleanza, in una amicizia eterna. Il mio destino è per sempre legato al
suo destino.

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