Don Paolo Zamengo"Sulla soglia del Natale contempliamo Maria"

Maria
Sulla soglia del Natale contempliamo Maria, dimora di Dio, grembo che accoglie Gesù.  Questa festa ci aiuta a vivere l’Avvento come tempo di speranza per la realizzazione delle promesse di Dio e risveglia un clima di serenità, di gioia, di leggerezza nell’attesa fiduciosa del Signore che, come è entrato in modo sorprendente nella vita di Maria, così continua a camminare con noi se siamo disposti a lasciarlo entrare nella nostra vita.

Noi facciamo esperienza dell’esistenza di una forza di gravità, di un’inclinazione, della presenza di una ferita mai del tutto rimarginata nella mente, nel cuore, per cui nasce il sospetto che Dio non voglia la nostra felicità. Che le vere intenzioni di Dio non siano quelle di un’esistenza felice, ma di un castigo, una condanna, una pena da scontare. Il sospetto è su Dio, ma diventa anche sospetto sul prossimo percepito come pericolo e minaccia.
Contemplare Maria Immacolata è invece l’esperienza di una sorpresa, come ci sorprende il comportamento di Dio che arriva nel giardino dell’Eden totalmente ignaro di quanto è capitato nella mente e nel cuore di  Adamo. Dio non maledice né l’uomo né la donna, ma addirittura solo il serpente! Non uccide nessuno, ma addirittura cuce delle tuniche di pelle per proteggere i due che hanno appena scoperto il limite della loro condizione. Questo è lo stile di Dio.  Paolo ci dice che per Dio noi siamo “benedetti, scelti, santi, immacolati, predestinati, eredi” (Ef 1, 3-6.11-12).
Ma tutto questo è vero? Sì, perché lo contempliamo in Maria, creatura come noi, eppure segno di questo sogno di Dio per tutti. Pur tra i sospetti, i pericoli, il dolore “nulla è impossibile a Dio”.  Il sospetto di non essere-per-la-felicità fa parte della teologia del serpente e non dell’annuncio del vangelo.
Piena di grazia. Questa definizione dell’angelo di Maria è forse la migliore descrizione dell’aggettivo ‘immacolata’ e sottolinea la presenza di una sovrabbondanza. L’incontro tra l’angelo e Maria è un’epifania della grazia: l’irruzione di Dio nella storia dell’uomo.
Una festa non casuale allora. Vi siete mai chiesti perché, ad ogni Avvento, noi siamo invitati a compiere questa sosta per celebrare  Maria? Nel bel mezzo di quell’avventura che è l’Avvento, la Chiesa vuole risvegliare la nostra speranza proponendoci quest’icona di grazia.
E in effetti quello che appare immediatamente ai nostri occhi è la grazia, la bontà smisurata di Dio, una bontà che non cede mai al risentimento, non coltiva il rancore. Anzi. Proprio quando i primi uomini hanno dimostrato la loro ingratitudine e addirittura il sospetto nei confronti di Dio, Dio annuncia di non darsi per vinto, di non lasciare che a vincere siano le forze oscure e seducenti del male.  Dio si porta dentro un progetto di salvezza e di vita e per realizzarlo è disposto a qualsiasi cosa, anche a mandare il suo Figlio, anche ad offrire il suo Figlio.
In Maria risplende questo amore tenero e  tenace di Dio che prepara una creatura a diventare la Madre del suo Figlio. Quanto avviene non appartiene alla logica del merito, ma della grazia, di una grazia che anticipa e previene l’adesione dell’uomo.
Oggi Maria appare ai nostri occhi proprio come la “piena di grazia”, colei che “ha trovato grazia presso Dio”: a lei Dio si rivolge per chiederle di partecipare, da protagonista, al suo disegno d’amore. Maria è libera di accettare o di rifiutare perché Dio rispetta sempre la libertà. Del resto quello che Dio offre e chiede è l’amore, e solo nella libertà ci può essere amore autentico.
Questa sosta festiva ci mette davanti all’incontro con Dio, che, di solito, avviene in modo del tutto inusuale. La prima esperienza è quella della “grazia”, di un amore che si riversa su di noi senza alcun nostro merito. Ma la seconda esperienza è quel “sì” che Dio si attende da ognuno di noi. Ed è lo slancio del credente che si mette nelle mani del suo Dio.
Pur balbettando, siano nostre le parole di Maria: avvenga per me quello che hai detto.

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