Enzo Bianco, sdb "LA GIOIA: IL GRANDE SEGRETO DEL CRISTIANO

14 dicembre 2014 | 3a Domenica di Avvento - Anno B | Omelia
Il cristiano sa di doversi presentare un giorno al tribunale di Dio, e ne ha timore. Ma se quel giorno il Signore gli domandasse semplicemente: "Sei stato allegro?". E andasse a verificare il posto che la gioia vera - quella che nasce dalla fede - ha avuto nella sua vita? Volesse solo sapere: sei stato un cristiano sereno? Hai diffuso la gioia attorno a te?

L'undicesimo comandamento
Il romanziere inglese Chesterton ha scritto: "La gioia è il gigantesco segreto del cristiano".
Eppure non si direbbe. Tutto ciò che riguarda la religione, da tanti è considerato triste, malinconico, noioso. O almeno cosa seria, troppo seria. Che il cristianesimo sia gioia, per molti - anche buoni cristiani - può risultare un'ipotesi poco probabile, o un'idea peregrina.

* Ma pure le Letture di oggi ci hanno suggerito che dalla fede schietta non può nascere altro che la gioia.
- Già la Prima Lettura, dall'Antico Testamento, esortava essere lieti: il profeta antico si sentiva mandato a portare l'annuncio della liberazione ai poveri d'Israele, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare agli schiavi la liberazione.
- Nel Vangelo troviamo il Battista, inviato da Dio, che si attribuisce una splendida missione: "rendere testimonianza alla luce". Quella luce che d'ora innanzi splenderà sul mondo, che sgorga da una persona dal fascino irresistibile, Gesù.
- E san Paolo nella Seconda Lettura comandava ai cristiani di Tessalonica: "Siate sempre lieti!", come del resto diceva a quelli di Filippi: "Fratelli rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi!".
Come insiste, Paolo. Indica una necessità, un dovere. Perciò qualcuno ha creduto bene di aggiungere al Decalogo un comandamento in più: "Undicesimo, non essere triste ma vivi nella gioia".

* Da dove viene la gioia cristiana? È facile intuire. Gesù ha informato i suoi discepoli che sono amati dal Padre come figli, ha detto che il Padre prepara per gli uomini un posto accanto a sé. E accettare Cristo comporta un atteggiamento di vita serena e operosa qui, ora, in terra, in attesa di essere accolti dal Padre un giorno nella sua casa. Sapendo tutto questo, come si potrebbe essere tristi?

I santi, professionisti della gioia

Di fatto i santi in ogni tempo sono stati professionisti della gioia. Con la vita, ma anche con le loro limpide sentenze.
- Ha detto sant'Agostino: "C'è una gioia ignorata dagli empi, ma che tu o Signore dài a chi ti serve generosamente. Questa gioia sei tu stesso, ed essa rende felice la vita". Poi ha concluso senza mezzi termini: "Per il cristiano, la gioia è un dovere".
- Santa Giovanna d'Arco: "Noi valiamo quanto vale la nostra gioia".
- San Francesco di Sales: "Bisogna fare con gioia e serenamente quanto facciamo: è il vero modo di fare il bene, e di farlo bene".
- Papa Giovanni XXIII: "La gioia è espressione di una vita sana e tranquilla, abbellita e animata dalla grazia divina".
- Madre Teresa di Calcutta spiegava alle sue suore: "La nostra gioia è il modo migliore di predicare il cristianesimo". Di conseguenza: "Chi è colmo di gioia, predica senza predicare".

Non è da tutti vivere così. Anzi, se manca la fede è molto difficile. Il filosofo americano Henry David Thoreau constatava: "La maggior parte degli uomini conduce una vita di quieta disperazione". E il filosofo esistenzialista Albert Camus: "Quello che non posso perdonare alla società contemporanea, è di essere una macchina per trascinare gli uomini alla disperazione".

* Senza la speranza cristiana, i grandi problemi dell'esistenza restano senza risposta. E in mancanza di meglio, ci si rifugia nella gioia esteriore, superficiale, fracassona. Per stordirsi e non pensare. Un po' come il melanconico "Allegria, allegria!" della buonanima di Mike Bongiorno. In sostanza un'allegria forzata, che tenta di nascondere scoraggiamento, tristezza, delusione.

* Al limite, è la disperazione. Ma "non c'è cosa più tragica della disperazione, perché le manca la forza di gettarsi in ginocchio" (Blaise Pascal). Perciò il Curato d'Ars: "Se io fossi triste, andrei subito a confessarmi". E il Poverello d'Assisi, tagliando corto: "La tristezza viene dal diavolo".
È dunque importante che i cristiani siano portatori di gioia in mezzo agli altri. È importante che - come suggeriva san Pietro - essi sappiano "rendere ragione della loro speranza". La società ha bisogno della speranza cristiana.

Lieti anche nella lotta, nel difficile, nel dolore

Quella dei cristiani però non sarà una gioia vuota che si esaurisce in se stessa, ma attiva, operosa, che porta all'iniziativa, a occuparsi degli altri, a espandersi in pienezza di vita. L'esistenza è faticosa, sovente è lotta. È vero. Ma l'invito del Signore ai suoi discepoli è di essere lieti anche nella lotta, nello scacco, nel dolore. Dio ci sorregge anche nella prova e nella sconfitta.
Ora l'Avvento è qui a ricordare a tutti che la gioia è nata, e come esplosa tra le mani dei cristiani, quel giorno lontano, a Betlemme, tra un bue e un asinello, sopra un poco di paglia, presso una mangiatoia.
                                                                                   Enzo Bianco, sdb

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