Giorgio Scatto "La Parola si fa carne solo nel grembo di chi ha fede

2Sam 7,1-5.8b-12.14a.16    Rom16,25-27    Lc1,26-38 MONASTERO MARANGO (VE)
1 - Nella pagina odierna del secondo libro di Samuele si fondono in una singolare unità memorie antiche e certezze presenti: il desiderio del re di costruire una degna dimora per il suo
Signore, e la rovina attuale del tempio, innalzato con magnificenza da Salomone; la grandezza passata del regno di Davide e la sua misera fine, con l’esilio di tutto il popolo a Babilonia; le vittorie di un tempo e l’interminabile servitù di oggi. Sembra che il futuro non possa partorire più nulla, che il cielo sia definitivamente chiuso. Tutto finito? No. Profeta è colui che, mosso dallo Spirito, sa tessere la trama di una storia futura, migliore di quella già vissuta prima, vista con ferma chiarezza pur in mezzo all’oscurità dei giorni e degli scoraggianti esodi dell’uomo. Ancora il Signore renderà grande il nome di Davide. Ci sarà ancora un luogo per Israele. Si gioirà ancora dello Shabbat. Di più ancora. Dice infatti il Signore all’antico re, per mezzo del profeta: ”Io susciterò un tuo discendente dopo di te e renderò stabile il suo regno”. La storia di ieri è solo un anticipo di ciò che ancora deve accadere. Dio non darà soltanto ancora giorni a Israele, ma gli darà un figlio. Per sempre. Anche in terra di esilio si può già sperimentare la gioia della futura libertà e del dono di una discendenza. Anche una donna sterile può sognare di avere, dal suo grembo avvizzito, un frutto di benedizione. Basta lasciar spazio al desiderio. E permettere a Dio di abitare l’immensità del silenzio. Lui, il Dio della vita, ci darà un figlio, mostrerà la sua paternità, renderà stabili i nostri giorni. “Canterò per sempre l’amore del Signore”.
2 – L’apostolo Paolo ci dice che il vangelo che lui predica è Gesù Cristo, svelamento del mistero “avvolto nel silenzio per secoli eterni” e ora manifestato “mediante le Scritture dei Profeti”. Questo vangelo è “annunciato a tutte le genti, perché giungano all’obbedienza della fede”. Mistero e vangelo sono la stessa realtà. Il “mistero” è la profondità impenetrabile di Dio; il “vangelo” è la vita di Dio, prima nascosta ai nostri occhi, che ci viene mostrata attraverso le Scritture antiche – memoria vivente di una Presenza che opera la salvezza nella storia – e ora donataci pienamente nella adorabile persona di Gesù Cristo, “nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità”. Gesù si rivela come la verità di ogni cosa creata, la parola definitiva pronunciata sulla storia, la buona notizia per gli esuli , la speranza per chi è stato derubato di tutto. Egli è il Figlio, atteso fin negli abissi dei nostri inferni. E’ Il frutto caduto da un cielo che non è più chiuso sopra di noi. Ciò che era solo promesso, ciò che era sognato nelle visioni di antichi profeti, in Gesù viene pienamente compiuto e manifestato. Perciò “a colui che ha il potere di confermarci nel vangelo”, a Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli, Amen”.
3 – Il racconto evangelico dell’annunciazione ci narra che l’uomo Gesù è il Messia, atteso fin dai tempi antichi. L’angelo dice infatti a Maria: ”Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”.
Alcune semplici sottolineature sul testo di Luca.
”Una città della Galilea chiamata Nàzaret”: una delle tante periferie, di cui nessuno ricorda l’esistenza. Là, ai margini degli avvenimenti degni di essere ricordati da chi ha in mano le leve del potere, la storia cambia la sua prospettiva e la sua direzione. In questo piccolo villaggio della Galilea la storia viene narrata ‘altrimenti’ . Con le parole che escono dalla bocca di Dio e non con la penna servile dei cronisti di regime. Con la forza dello Spirito, e non con il dispiegamento di potenti mezzi finanziari. Dovremmo anche noi imparare a guardare il mondo attraverso le sue periferie, a capovolgere lo sguardo, per scrivere una storia diversa. Più vera.
Una vergine. E’ la povertà più radicale. Nella pagina precedente del vangelo si narrava di Zaccaria, sacerdote, e di sua moglie, Elisabetta. Lei era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. Avevano provato tante volte ad avere un figlio, ma non era mai venuto. Ci avevano rinunciato, a malincuore. Era come se avessero spento un desiderio di futuro. La condizione esistenziale di Maria esprime una povertà ancora più assoluta: è vergine, non conosce la gioia di un abbraccio che può rendere feconda la sua vita. Da lei non si può sperare proprio nulla. Il suo desiderio è così alto che non può essere acceso da alcuna creatura umana. Maria, per il mondo, non è soltanto sterile, incapace di generare. E’ inutile. “Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto perridurre al nulla le cose che sono” (1Cor 1,27-29). Anche la povertà di chi sa di ‘non essere nulla’ può diventare un grembo di vita, fecondato dallo Spirito. Una piccola creatura, che si apre alle novità di Dio, può mettere al mondo l’autore della vita. Proprio la povertà è lo spazio che può contenere tutto.
“Rallegrati, non temere”. I due termini stanno insieme. Si sta nella gioia, si può vincere la paura, perché siamo amati da Dio, perché “abbiamo trovato grazia” presso di lui. Dice bene Francesco, il papa venuto dalle periferie del mondo: ”Capisco le persone che inclinano alla tristezza per le gravi difficoltà che devono patire, però poco alla volta bisogna permettere che la gioia della fede cominci a destarsi, come una segreta ma ferma fiducia, anche in mezzo alle peggiori angustie” (E.G., 6).
Avvenga per me secondo la tua parola. Aver fede è accondiscendere alla Parola. E’ credere che essa sia come un seme che germoglia. Come una vita che inizia a crescere in un grembo fecondato dallo Spirito. Aver fede è sapere, ancora oggi, che Dio realizza le sue promesse. Anche se dovessimo attraversare l’oscurità della notte. Anche se, come Maria, la nostra ‘verginità’ dicesse soltanto di un limite estremo, invalicabile dalle forze e dalla volontà dell’uomo. La Parola si fa carne solo nel grembo di chi ha fede. La Parola è un Figlio che ci viene donato “che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva” (Ben.XVI, Deus Caritas est, 217).
Giorgio Scatto              

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