mons. Roberto Brunelli"Un maestro, con tanti non indegni allievi"

III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (14/12/2014)
Vangelo: Gv 1,6-8.19-28
Due temi si possono cogliere nelle letture di oggi. Il primo è costituito dai tanti inviti alla gioia: "Il Signore mi ha mandato a portare il lieto annuncio... Io gioisco pienamente nel Signore", dice il profeta Isaia, "e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore" gli fa eco il cantico di Maria, mentre dal canto suo Paolo invita: "Siate sempre lieti". Comune è il motivo di fondo: malgrado
difficoltà e tribolazioni, il cristiano vive nella gioia, perché sa di essere amato da Dio. Il Natale ormai prossimo ne ricorda la dimostrazione: proprio per essere con noi, dalla nostra parte, il Figlio di Dio si è fatto uno di noi.
Il secondo tema (Vangelo secondo Giovanni 1,6-8.19-28) è dato dalla figura di Giovanni Battista, che torna e giganteggia: tanto più grande quanto più si percepisce la sua umiltà. Nell'attesa del Messia annunciato da secoli, la fervida attesa di un liberatore che sollevasse le sorti del popolo ebraico oppresso dalla dominazione romana, il Battista si era presentato con i tratti ispirati degli antichi profeti; la sua vita austera e la predicazione infiammata gli avevano guadagnato la stima generale, sicché gli sarebbe stato facile far credere di essere lui l'atteso. E invece no; quando glielo chiesero egli dichiarò apertamente: "Io non sono il Cristo". (E' appena il caso di ricordare che il termine Cristo, derivato dal greco, corrisponde esattamente all'ebraico Messia).
"Chi sei, dunque? Che cosa dici di te stesso?" fu la successiva logica domanda, cui egli rispose, citando il profeta Isaia: "Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore". Giovanni si manifestò dunque come il semplice araldo, il precursore, incaricato di annunciare e preparare l'arrivo del Messia, il Cristo atteso: "In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo". La grandezza del Battista sta proprio nel non avere approfittato per sé dell'ammirazione di cui godeva, riconoscendo di essere soltanto l'umile battistrada di qualcun altro: un atteggiamento cui poi diede autenticità e credibilità col mantenersi coerente e fedele sino al martirio.
Deriva da qui il suo valore esemplare. A differenza dei tanti che hanno arringato e arringano le folle per il proprio tornaconto, non importa se in termini di prestigio, di potere o di danaro, Giovanni Battista si impegnò a beneficio di un altro, ritirandosi nell'ombra non appena realizzato il proprio compito. Servire Cristo e non servirsene, sembra essere stato il suo motto. Un uomo che dedica totalmente la propria vita a un altro, che si consuma a guadagnare consensi a un altro, porta in sé una misteriosa grandezza: di una misura che, se non pareggia quella dell'altro, certo gli si avvicina. Basti verificarlo in uomini come l'apostolo Paolo, cui sarebbe stato facile impegnare il proprio genio per sé e non ad annunciare instancabilmente Cristo, nella facile previsione di dovere per questo dare la vita; o come San Giovanni Paolo II, dotato di carismi straordinari che gli guadagnarono il prestigio e l'affetto del mondo intero, ma proteso sino all'ultimo nell'invitare piuttosto a volgere l'attenzione a Colui del quale egli era soltanto il portavoce ("Aprite le porte a Cristo", fu il suo primo e costante richiamo).
Ma citando questi due uomini, collocati rispettivamente ai due estremi del percorso cristiano nei secoli, se ne devono comprendere innumerevoli altri, noti a Dio e talora anche a noi: uomini che spesso con personale sacrificio hanno saputo porre Lui, e non sé stessi, al primo posto. Penso ai martiri, a tanti zelanti pastori, ai missionari, alle vergini consacrate, ai tanti fedeli laici che hanno pagato prezzi altissimi per restare fedeli al vangelo. Davvero l'esempio del Battista, riassumibile nel motto "servire Cristo e non servirsene", ha fatto scuola, trovando spesso allievi non indegni del maestro.

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