OMELIA DI S.E.R. CARD. ANGELO SCOLA MESSA VIGILIARE DELL’OTTAVA DEL NATALE DEL SIGNORE

ARCIDIOCESI DI MILANO
Vangelo della Risurrezione Gv 20, 19-23; Nm 6,22-27; dal Salmo 66 (67);Fil 2,5-11; Lc 2,18-21
Chiesa di S. Fedele, 31 dicembre 2014
1. Gesù in mezzo a noi è l’inizio e la fine
«Ogni bontà e ogni bellezza, o Dio, da te comincia e da te è portata a compimento»
(Orazione
sui doni). Con questa semplice affermazione la liturgia della Chiesa ci aiuta a rispondere
all’interrogativo che, inevitabilmente, ogni uomo e ogni donna si pongono, non solo singolarmente
ma come membri della comunità cristiana e componenti della società civile, nel passaggio dal
vecchio al nuovo anno: quale bilancio dell’anno passato? Quale speranza per quello che inizia? La
Chiesa, nostra madre, conduce il nostro sguardo a Colui che solo merita il titolo di origine e di
compimento di ogni cosa: Dio stesso.
Dice l’evangelista Luca: «Gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima
che fosse concepito nel grembo» (Vangelo, Lc 2,21). “Dio salva”- questo significa il nome Gesù - è
in mezzo a noi. Ma la salvezza portata da Gesù non va confusa con una generica liberazione
dall’angustia legata al lato oscuro della vita. Per salvare il Figlio di Dio è entrato nel tempo e nello
spazio. Si è fatto uomo come uno di noi. Con Lui l’Eterno offre al tempo, che con lo spazio ordisce
la storia della famiglia umana, la prospettiva entro cui la libertà degli uomini può compiersi.
Cantiamo il Te Deum perché siamo consapevoli che inizio e fine sono due dimensioni che
accompagnano ogni istante della nostra vita e ogni nostra opera. Infatti, inizio e fine, nascita e
morte, offrono all’esistenza il contesto di durata, di crescita, di fedeltà e di compimento.
2. Uno scatto di responsabilità
«Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti
faccia la grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (Lettura, Nm 6,24-26). La
benedizione di Aronne possiede, all’inizio dell’anno, una potente forza educativa per tutti: imparare
a benedire l’altro e riconoscerlo come un bene che il Signore ci dona. La vita della nostra società
civile ha un gran bisogno di questa dinamica di reciproca benedizione.
È un auspicio che assume particolare peso per Milano e le terre ambrosiane in vista dell’anno
che si apre. Tutti ci auguriamo che l’Expo diventi catalizzatore di una comune azione da parte di
soggetti personali e sociali perché Milano incrementi quell’amicizia civica che è nel suo DNA, ma
che ha bisogno di trovare, nella sua storia attuale, nuove concrete forme espressive.
Sono per questo necessarie due condizioni. Una rinnovata coscienza di un principio classico,
oggi troppo sottovalutato: il bene comune è sempre, simultaneamente ed inseparabilmente bene
della persona e bene della società. In secondo luogo le istituzioni e le forze politiche che di volta in
volta le governano, sono chiamate a prendere atto, a promuovere e a favorire tutti gli elementi di
vita buona che caratterizzano la società. Alla politica è chiesta l’umiltà di riconoscere sempre la
precedenza del bene comune personale e sociale per regolare su di esso la propria azione.
Per queste ragioni, in una società plurale è necessario ricorrere continuamente ad un autentico
ascolto, capace di lasciarsi fecondare dall’altro in vista del massimo riconoscimento possibile.3. Il perdurare della crisi
La necessità di coltivare questa autentica attitudine civica emerge con chiarezza dalla
considerazione del perdurare della crisi.
Sette anni di crisi hanno lasciato pesanti tracce materiali nella vita quotidiana del nostro popolo.
La stagnazione dell’economia si è accompagnata ad una divaricazione nell’andamento dei redditi e
della ricchezza, portando più forti disuguaglianze. Ma ha lasciato anche tracce non materiali, che si
riassumono in un sentimento diffuso di impotenza e di perdita di speranza.
Se da comuni cittadini guardiamo al mondo più complesso, quello della finanza, ci sembra di
poter dire che da un lato, taluni passi son stati fatti – nella giusta direzione – per regolare i mercati e
rafforzare la sicurezza delle istituzioni finanziarie. Tuttavia, la finanza sembra, anche ai non tecnici,
non aver ripreso la sua capacità di sostegno alla prudente attività di investimento e di produzione.
Rischia di perpetuare uno stile ‘disconnesso’ dal mondo del lavoro, ancora troppo simile a quello
che aveva condotto alla crisi.
Per una finanza ‘buona’, che davvero serva il lavoro, le regole sono dunque necessarie, ma non
bastano. Occorre rinvigorire una solida cultura del lavoro, capace di cura per il futuro sia nella
sobrietà del consumo, sia nel coraggio prudente dell’investimento.
4. Te Deum, l’azione più importante dell’uomo
Se l’altro è riconosciuto come un bene, sarà allora più semplice per i cristiani avere «gli stessi
sentimenti di Cristo Gesù» (Epistola, Fil 2,5) e, in questo modo, lasciarsi prendere a servizio.
Benedizione e servizio reciproci sono però strade percorribili da tutti per la rigenerazione
della nostra vita comune.
Il nostro cuore, allora, questa sera si riempie di speranza e si comprende perché, ad ogni fine
anno, la Chiesa ci convoca per cantare insieme l’inno di ringraziamento per eccellenza: il Te Deum.
«Ogni giorno ti benediciamo, lodiamo il tuo nome per sempre».
Far memoria dell’alleanza con il Dio vivo portata a compimento nella morte e nella
resurrezione di Gesù Cristo, è veramente l’azione più importante che possiamo compiere alla fine di
un anno e all’inizio del nuovo. In questa notte di passaggio si vede bene come il tempo di Natale già
indirizza il nostro sguardo verso la Pasqua. Ci ricorda sant’Agostino: «Cristo Signore, quando volle
nascere, quando volle morire, aveva come intento il risorgere … Questa è la novità che portò nella
nostra regione colui che venne da Dio. Si è fatto uomo per l'uomo» (Discorso 229H). Questa è la
misericordia. Amen.

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