padre Gian Franco Scarpitta" Il deserto e il quadrinomio"

II Domenica di Avvento (Anno B) (07/12/2014)
Vangelo: Mc 1,1-8 
Figura molto significativa quella di Giovanni il Battezzatore, che mentre procede nel deserto geografico che separa la Palestina da Babilonia, invita tutti ad abbandonare il proprio deserto di immondezza peccaminosa e di perversione ostinata al male. L'aspetto di Giovanni è quello
di un penitente irsuto e sciatto nel vestire, la cui sopravvivenza neurovegetativa è garantita da cibi precari come locuste e miele selvatico. Potremmo paragonarlo a uno degli anacoreti delle origini della vita eremitica in Egitto, i cosiddetti Padri del deserto. Il suo messaggio e le sue esortazioni richiamano quelli dell'Antico Testamento, in modo particolare i profeti della novità di una "strada nuova che attraversa il deserto" (Is 43, 19), rendendo questo luogo solitario e desolato un territorio percorribile. Il deserto è il luogo dell'assoluta mancanza e anche nell'accezione latina (de - serere) indica il vuoto, lo svuotamento, ciò che è stato tolto. Come si diceva, nell'ottica di Giovanni non ha solamente un significato topografico, ma si configura come la perdizione personale dell'uomo in conseguenza del suo peccato, lo stato di inopia spirituale e di aridità, la lontananza dell'uomo da se stesso per il rifiuto di Dio. Sulla scia del profeta Isaia, Giovanni ci si presenta come la "voce" di Colui che invita gli uomini a preparare la strada del Signore in una situazione di "deserto", cioè di peccato: "Raddrizzate i vostri sentieri". Il che significa predisporre se stessi alla novità del Verbo che entra a far parte di questa condizione di bruttura morale per poterla radicalmente capovolgere. Preparare la via del Signore significa infatti optare per la conversione decisa, per il mutamento interiore e il rinnovamento radicale di se stessi in direzione di nuovi costumi e di nuove mentalità. Occorre insomma convertirsi, convincersi della vacuità a cui il peccato ci ha sempre condotti, della miseria e dell'inconsapevole insoddisfazione che apporta la via del male e dell'ingiustizia, convincersi dell'amore di Dio e della sua salvezza. Convertirsi vuol dire di conseguenza conformare la propria condotta secondo Dio, fermi nella deliberazione piena di dover fare esclusivamente la Sua volontà. Questo è il messaggio del Battista che ricalca le parole del profeta Isaia: nella solitudine e nello smarrimento, convertitevi e cambiate forma mentis e convinzioni personali, aprite il cuore a Dio. Se farete questo, Dio potrà avere il dovuto spazio in voi e "ogni uomo vedrà la salvezza di Dio". L'episodio, che presenta un Battista quasi coetaneo di Gesù (secondo la cronologia) è meglio pertinente in tempo di Quaresima, visto che esalta appunto la necessità della conversione per il conseguimento della gloria pasquale cristiana, ma anche il presente tempo di predisposizione al Natale (l'Avvento) ci invita al mutamento radicale di noi stessi perché la bellezza e il fascino del Dio Bambino non possono che richiedere conversione e radicalità da parte nostra. Preparare la strada del Signore e spianare il suo ingresso nella nostra vita è un'allegoria per cui siamo chiamati a predisporre il Natale mentre percorriamo gli spazi e i tempi dell'Avvento: Colui che viene è Colui verso il quale si va incontro.
Nella sua attività di predicazione, Giovanni amministra un Battesimo, che è solamente un rito esteriore di infusione di acqua su quanti, pentiti, confessano i propri peccati per ottenere il perdono di Dio. Il bagno in acqua ipotizza il pentimento sincero ma impegna l'adepto a cambiare vita e a farla finita con il peccato, senza comportare automaticamente l'estinzione di esso. Il Battesimo amministrato da Gesù avverrà non soltanto in acqua ma soprattutto in Spirito Santo e sarà esso stesso a lavare ciò che è sordido nell'uomo, mondando interamente il soggetto dalla putredine del peccato. Il battesimo di Giovanni prepara e annuncia quello del Signore Gesù Cristo e attesta alla necessità di conversione e di ravvedimento. Ma soprattutto, costituisce un invito alla trasformazione e al ravvedimento di noi stessi in vista della novità del Dono che in Cristo Dio farà di se stesso.
Ammettere le proprie colpe responsabilizzandosi davanti a Dio è davanti agli uomini è l'inizio del processo di conversione; esso però non ha luogo se non in conseguenza di una virtù preventiva che si rende capaci di dissolvere davvero noi stessi in Dio: l'umiltà e la mansuetudine. Esse allontanano presunzione e orgoglio, scongiurano il pericolo di nefaste autoesaltazioni e inani attitudini alla superbia e per ciò stesso conducono a che il concetto di noi stessi non sia talmente esagerato da metterci al centro dell'attenzione. Senza l'umiltà non vi è conversione, senza conversione non avrà mai luogo la fede e la salvezza sarà una meta irraggiungibile.
Umiltà - Conversione - Fede - Salvezza. E' questo il quadrinomio che leggiamo nell'invito che ci viene rivolto dal Battista, che mentre ci addita il Signore di cui egli è il Precursore ci dischiude anche un irrinunciabile itinerario in direzione di noi stessi e degli altri. Che cosa ci consegue infatti questo quadrinomio se non la pace interiore e la serenità di spirito, la costanza e la fiducia nella prova e nelle avversità? Che cosa comporta se non la gioia che sperimenteremo nel dare anziché ne ricevere (At 20, 21), il coraggio e la forza per trovare in Dio la felicità che invano cerchiamo in noi stessi e nelle nostre presunte prerogative. Cogliamo allora l'Avvento come una ricca opportunità che verte a vantaggio di noi stessi, purché ci decidiamo a uscire dal deserto che caratterizza da sempre la nostra vita.

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