CONGREGATIO PRO CLERICIS II Domenica Tempo Ordinario

All’inizio della missione di Gesù, dopo il Battesimo nel fiume Giordano, il Vangelo ci presenta la figura del discepolo; in questa domenica, infatti, l’evangelista Giovanni ci narra, con una certa vivacità, l’incontro dei primi discepoli con Gesù. Le immagini usate sono particolarmente simboliche del cammino di fede di ogni discepolo in ogni tempo: Giovanni Battista indica il Messia, Gesù passa e i discepoli, animati dalla ricerca,
sono invitati a mettersi in cammino per “andare a vedere dove abita” e “stare con lui”. E’ una bellissima sintesi del cammino di fede: chiamati da Dio a condividere in Cristo la Sua stessa vita, generati alla fede dalla Chiesa che ci indica la strada per incontrare il Messia, ci mettiamo in cammino, seguendo le orme di Gesù fino a scoprire dove abita. Aprendo il cuore all’incontro, diventando noi stessi la Sua dimora, vivendo il nostro tempo “stando con Lui”.

Ai due discepoli che lo seguono – uno è Andrea e l’altro, non nominato, è probabilmente lo stesso evangelista Giovanni – Gesù chiede: “Che cosa cercate?” Questa è la prima parola che l’evangelista mette in bocca a Gesù. E’ una domanda profonda e fondamentale per la fede, che raccoglie le nostre profonde aspirazioni del cuore. Noi tutti, infatti, in ciò che viviamo quotidianamente e lungo il percorso della nostra esistenza, siamo alla ricerca di qualcosa che appaghi il nostro desiderio di vita, di gioia, di pienezza. Il Messia ci rimanda non ad una serie di regole da osservare dall’esterno ma, invece, a questa sana inquietudine del cuore, che egli vuole educare. San Giovanni Crisostomo esortava così: “Trova la chiave del cuore. Questa chiave, lo vedrai, apre anche le porte del Regno”.

Gesù, dunque, non vuole una fede dei pigri e dei comodi, che serva solo come consolazione privata o per fuggire dal proprio io e dalla propria storia; Egli, invece, desidera che ciascuno di noi entri a contatto con se stesso per scoprire il desiderio di infinito che Dio ha messo nel nostro cuore. Non vuole discepoli distratti, tiepidi o semplicemente animati dall’abitudine ma chiede a chi lo segue: cosa stai cercando nella tua vita? Cosa c’è dietro le tue domande, le tue ansie, le tue paure, i tuoi desideri? Cosa cerchi per nutrire la tua vita, la tua felicità, la tua anima? Cosa cerchi dall’incontro con Dio? Questa inquietudine mette il nostro cuore in ascolto del Dio che viene a parlarci e non ci permette, così, di essere assuefatti alla routine e al rumore del mondo che ci circonda e che, spesso, soffoca le domande vere dell’esistenza. E’ questo il cuore inquieto di Samuele, nella Prima Lettura di questa domenica, che si alza più volte nel cuore della notte perché si sente chiamato. Il silenzio, la preghiera, il “servizio al Tempio”, gli permettono di restare in ascolto della propria ricerca interiore e, così, di intercettare la voce di Dio che lo chiama. E’ così per ogni discepolo.

I discepoli chiedono a Gesù: dove abiti? Dove dimori? Non bisogna pensare letteralmente all’abitazione fisica di Gesù, perché il verbo usato qui da Giovanni è, in realtà, un verbo importante in tutto il Suo vangelo: rimanere. Esso indica partecipazione di vita e condivisione di esistenza, come se chiedessero a Gesù quali sono la Sua consistenza e il Suo fondamento. Lo stesso Vangelo di Giovanni, infatti, ci dirà più avanti che Gesù rimane nel Padre e il vero discepolo deve rimanere nel Suo amore. Per questo Gesù non spiega, non offre insegnamenti teorici ma, invece, propone l’esperienza di una condivisione di vita: venite e vedrete. Frequentando il Maestro, dialogando con Lui ma soprattutto “dimorando in Lui”, fondando in lui la nostra consistenza, possiamo diventare autentici discepoli.

Mentre possiamo chiederci su cosa si fonda la consistenza della nostra vita, cosa cerchiamo veramente, da quali inquietudini ci facciamo toccare, questa Liturgia traccia l’ identikit del discepolo. Un pellegrino in ricerca che – per richiamare le parole di Paolo della Seconda Lettura – non offre sacrifici e offerte ma, con tutto stesso, si mette in cammino per condividere parole, sentimenti, azioni e tempo con Dio. Egli fa del proprio corpo e della propria vita il tempio di Dio. E quando scopre che la presenza di Cristo in Lui nutre il proprio desiderio di verità, di gioia e di pienezza, allora corre, insieme ai fratelli, ad annunciare: “Abbiamo trovato il Messia”.

Nella festa di Sant’Andrea Apostolo del 30 novembre scorso, Papa Francesco, che si trovava in Viaggio Apostolico in Turchia, ha ricordato questa dinamica della fede, commentando proprio questo Vangelo: “L’esempio di Andrea ci mostra con chiarezza che la vita cristiana è un’esperienza personale, un incontro trasformante con Colui che ci ama e ci vuole salvare. Anche l’annuncio cristiano si diffonde grazie a persone che, innamorate di Cristo, non possono non trasmettere la gioia di essere amate e salvate, dopo aver trovato il Messia”. Ci dia il Signore il desiderio di questo incontro personale con il Maestro e la gioia di comunicarLo a tutti.

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