D. Mario MORRA SDB"Convertici a Te, Signore!"
25 gennaio 2015 | 3a Domenica - T. Ordinario B | Omelia
L'invito dominante che ci viene rivolto dalla liturgia di questa Domenica è quello della conversione.
Il profeta Giona è inviato da Dio a Ninive, città grande, ma pagana e corrotta. Giona non concepisce che Dio possa aver misericordia per
una città tanto cattiva ed ostile; teme uno smacco ed un fallimento per la sua missione; forse teme anche per la sua vita e per la sua incolumità personale. Allora fugge dalla parte opposta, fino in Spagna, pensando di poter sfuggire così all'ordine del Signore. Ma gli eventi, lo stesso naufragio, lo riconducono al punto di partenza. E per la seconda volta il Signore gli ordina: "Alzati, va a Ninive, la grande città e annuncia loro quanto ti dirò".
Alla predicazione di Giona gli abitanti di Ninive rispondono positivamente, fanno penitenza e si convertono. Il successo che nessun profeta ha ottenuto con la predicazione in Israele, popolo eletto, lo ottiene Giona in una città pagana e corrotta.
Ma anziché gioire per il buon risultato, Giona si rattrista al punto di invocare la morte, perché non riesce a concepire che Dio possa essere tanto buono, misericordioso e clemente, tanto longanime e di così grande amore.
Il primo che ha bisogno di convertirsi, di cambiare cioè mentalità, è proprio Giona, ed allora il Signore, paziente e buono, lo educa.
Fa crescere in una notte una pianta di ricino accanto al riparo di frasche che Giona si è costruito; Giona ne gioisce per la bella ombra che la pianta gli procura, ma in una notte, il Signore manda un vermicello che corrode la radice ed il ricino si secca.
"Il sole colpì la testa di Giona, che si sentì venir meno e chiese di morire, dicendo: meglio per me morire che vivere".
Ma il Signore gli risponde: "Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica... e io non dovrei aver pietà di Ninive, la grande città?"
La Parola del Signore ci fa riflettere. Dobbiamo sempre gioire del bene che viene fatto nel mondo. A volte sono più pronti di noi ad accogliere l'invito del Signore a cambiare vita, quelli che noi giudichiamo facilmente come lontani, insensibili, contrari, mentre noi che ci consideriamo amici del Signore stentiamo a correggere certe abitudini e comodità di vita che ci impediscono di seguire il Signore con entusiasmo e slancio: viviamo nella quotidianità facendo pace con i nostri difetti.
Pertanto non dobbiamo mai aver paura di annunciare il Vangelo di Gesù, con la parola e più ancora con la vita, nell'ambiente in cui ci troviamo ad operare. La nostra parola, il nostro esempio e la nostra testimonianza possono dare frutti inattesi ed insperati, possono aprire uno spiraglio attraverso il quale la grazia del Signore saprà entrare ed operare.
"Convertitevi e credete al vangelo" ci dice Gesù nel brano di S. Marco. Convertirsi vuol dire cambiare mentalità, cambiare modo di vedere e di giudicare le cose e, sul piano operativo, cambiare condotta di vita.
Credere al vangelo vuol dire fidarsi di Gesù e del suo annuncio, credere cioè che l'amore del Padre vuole tutti gli uomini salvi, perché tutti sono suoi figli.
In concreto, significa fidarsi talmente di Gesù e del suo vangelo, da farlo diventare preciso punto di riferimento, norma e fondamento del nostro modo di vedere e di giudicare le cose.
Noi forse ci fidiamo ancora troppo delle realtà terrene sulle quali fondiamo ancora troppo le nostre sicurezze!
Ricordiamo oggi, secondo il calendario, la conversione di S. Paolo.
Ora S. Paolo, nella 2a lettura, ci indica il tipo di cambiamento radicale che dobbiamo compiere nel nostro modo di vedere e di vivere le cose.
Noi siamo portati a considerare le persone e le cose della nostra vita, come definitive, e farle diventare lo scopo della vita.
Al contrario S. Paolo ci ricorda che le cose terrene sono mezzi e non fine, non scopo della vita; anche le persone sono relative e vanno considerate in ordine a Dio; le situazioni di gioia e di dolore non sono mai definitive, ma transitorie. Ogni cosa nella nostra vita è finalizzata alla realizzazione della nostra salvezza.
Il brano del Vangelo di Marco ci propone, come esempio concreto, la chiamata dei primi quattro apostoli che seguono Gesù: Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni. Essi sono esempio di chi si fida di Gesù e si affida totalmente a Lui, di chi è pronto a lasciare tutto, a mettere in gioco anche la propria vita per Lui.
Sulla loro scia si sono messi Don Bosco, Madre Mazzarello e tutti i nostri grandi Santi; chiediamo loro che aiutino anche noi a seguirli nel fidarci di più in Gesù che ci chiama, nella vita di ogni giorno.
Facciamo nostra la preghiera della Liturgia: "O Padre,... fa' che sentiamo l'urgenza di convertirci a te e di aderire con tutta l'anima al Vangelo, perché la nostra vita annunzi anche ai dubbiosi ed ai lontani l'unico Salvatore Gesù Cristo".
Ci sostenga l'intercessione di Maria, la Madre di Gesù e Madre nostra.
D. Mario MORRA SDB
L'invito dominante che ci viene rivolto dalla liturgia di questa Domenica è quello della conversione.
Il profeta Giona è inviato da Dio a Ninive, città grande, ma pagana e corrotta. Giona non concepisce che Dio possa aver misericordia per
una città tanto cattiva ed ostile; teme uno smacco ed un fallimento per la sua missione; forse teme anche per la sua vita e per la sua incolumità personale. Allora fugge dalla parte opposta, fino in Spagna, pensando di poter sfuggire così all'ordine del Signore. Ma gli eventi, lo stesso naufragio, lo riconducono al punto di partenza. E per la seconda volta il Signore gli ordina: "Alzati, va a Ninive, la grande città e annuncia loro quanto ti dirò".
Alla predicazione di Giona gli abitanti di Ninive rispondono positivamente, fanno penitenza e si convertono. Il successo che nessun profeta ha ottenuto con la predicazione in Israele, popolo eletto, lo ottiene Giona in una città pagana e corrotta.
Ma anziché gioire per il buon risultato, Giona si rattrista al punto di invocare la morte, perché non riesce a concepire che Dio possa essere tanto buono, misericordioso e clemente, tanto longanime e di così grande amore.
Il primo che ha bisogno di convertirsi, di cambiare cioè mentalità, è proprio Giona, ed allora il Signore, paziente e buono, lo educa.
Fa crescere in una notte una pianta di ricino accanto al riparo di frasche che Giona si è costruito; Giona ne gioisce per la bella ombra che la pianta gli procura, ma in una notte, il Signore manda un vermicello che corrode la radice ed il ricino si secca.
"Il sole colpì la testa di Giona, che si sentì venir meno e chiese di morire, dicendo: meglio per me morire che vivere".
Ma il Signore gli risponde: "Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica... e io non dovrei aver pietà di Ninive, la grande città?"
La Parola del Signore ci fa riflettere. Dobbiamo sempre gioire del bene che viene fatto nel mondo. A volte sono più pronti di noi ad accogliere l'invito del Signore a cambiare vita, quelli che noi giudichiamo facilmente come lontani, insensibili, contrari, mentre noi che ci consideriamo amici del Signore stentiamo a correggere certe abitudini e comodità di vita che ci impediscono di seguire il Signore con entusiasmo e slancio: viviamo nella quotidianità facendo pace con i nostri difetti.
Pertanto non dobbiamo mai aver paura di annunciare il Vangelo di Gesù, con la parola e più ancora con la vita, nell'ambiente in cui ci troviamo ad operare. La nostra parola, il nostro esempio e la nostra testimonianza possono dare frutti inattesi ed insperati, possono aprire uno spiraglio attraverso il quale la grazia del Signore saprà entrare ed operare.
"Convertitevi e credete al vangelo" ci dice Gesù nel brano di S. Marco. Convertirsi vuol dire cambiare mentalità, cambiare modo di vedere e di giudicare le cose e, sul piano operativo, cambiare condotta di vita.
Credere al vangelo vuol dire fidarsi di Gesù e del suo annuncio, credere cioè che l'amore del Padre vuole tutti gli uomini salvi, perché tutti sono suoi figli.
In concreto, significa fidarsi talmente di Gesù e del suo vangelo, da farlo diventare preciso punto di riferimento, norma e fondamento del nostro modo di vedere e di giudicare le cose.
Noi forse ci fidiamo ancora troppo delle realtà terrene sulle quali fondiamo ancora troppo le nostre sicurezze!
Ricordiamo oggi, secondo il calendario, la conversione di S. Paolo.
Ora S. Paolo, nella 2a lettura, ci indica il tipo di cambiamento radicale che dobbiamo compiere nel nostro modo di vedere e di vivere le cose.
Noi siamo portati a considerare le persone e le cose della nostra vita, come definitive, e farle diventare lo scopo della vita.
Al contrario S. Paolo ci ricorda che le cose terrene sono mezzi e non fine, non scopo della vita; anche le persone sono relative e vanno considerate in ordine a Dio; le situazioni di gioia e di dolore non sono mai definitive, ma transitorie. Ogni cosa nella nostra vita è finalizzata alla realizzazione della nostra salvezza.
Il brano del Vangelo di Marco ci propone, come esempio concreto, la chiamata dei primi quattro apostoli che seguono Gesù: Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni. Essi sono esempio di chi si fida di Gesù e si affida totalmente a Lui, di chi è pronto a lasciare tutto, a mettere in gioco anche la propria vita per Lui.
Sulla loro scia si sono messi Don Bosco, Madre Mazzarello e tutti i nostri grandi Santi; chiediamo loro che aiutino anche noi a seguirli nel fidarci di più in Gesù che ci chiama, nella vita di ogni giorno.
Facciamo nostra la preghiera della Liturgia: "O Padre,... fa' che sentiamo l'urgenza di convertirci a te e di aderire con tutta l'anima al Vangelo, perché la nostra vita annunzi anche ai dubbiosi ed ai lontani l'unico Salvatore Gesù Cristo".
Ci sostenga l'intercessione di Maria, la Madre di Gesù e Madre nostra.
D. Mario MORRA SDB
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