D. Mario MORRA SDB"Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi"

4 gennaio 2015 | 2a Domenica di Natale - Anno B | Omelia
2a Domenica dopo Natale
La Liturgia di questa seconda domenica dopo il S. Natale ci esorta a riflettere ancora sul Mistero del Verbo incarnato, la cui nascita nel tempo abbiamo appena celebrato.
Il culmine del brano del Vangelo di Giovanni sta nelle parole "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". Il Bambino Gesù che abbiamo adorato nella capanna di Betlemme è il Verbo, il Figlio eterno di Dio, "nato dal
Padre prima di tutti i secoli, Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero", come proclamiamo nel credo.
Egli venne ad abitare in mezzo a noi, o meglio dovremmo dire, "venne a porre la sua tenda, e la sua tenda rimane tuttora in mezzo a noi".
L'immagine della "tenda" richiama alla nostra mente la "tenda del convegno" costruita da Mosé nel deserto, come luogo di incontro con Dio; essa conteneva l'arca dell'alleanza, considerata come trono di Dio; in essa scendeva Dio, con il segno della nube, per parlare a Mosé e trasmettere a lui i suoi ordini.
La persona del Verbo incarnato è la tenda della nuova alleanza, è il vero luogo della presenza di Dio: "In Gesù abita corporalmente la pienezza della divinità" (Col 1,9). "Gesù è l'immagine del Dio invisibile" (Col 1,15) ci ricorda S. Paolo.
Nascendo da Maria Vergine Egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi, tranne che nel peccato, per rendere tutti gli uomini partecipi della sua vita divina.
In Gesù, Dio ha posto la sua tenda in mezzo agli uomini, anzi nel cuore degli uomini; perché a coloro che lo accolgono Gesù dà "il potere di diventare figli di Dio".
Gesù, Verbo incarnato, porta a pienezza di compimento quanto è detto della Sapienza, nel libro del Siracide (1a lett.); Egli è "l'Unigenito dal Padre, pieno di grazia e verità" "dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto, e grazia su grazia" "Egli ci rivela il volto di Dio che nessuno, prima di lui, ha visto".
In questo contesto si inserisce meravigliosamente il brano della lettera di S. Paolo ai cristiani di Efeso (2a lett.): è un inno di benedizione, di lode e di ringraziamento a Dio Padre che in Gesù ci ha ricolmati "di ogni benedizione spirituale". In Gesù ci ha scelti per essere consacrati a Dio e far parte del suo popolo santo, per essere "senza macchia" agli occhi di Dio, con una santità vera, interiore, frutto dell'amore.
Per opera di Gesù Cristo, Dio Padre "ci ha predestinati ad essere suoi figli per adozione"; figli per una reale partecipazione alla sua vita divina, grazia che Gesù ci ha meritato e che ci ha comunicato mediante il suo Spirito.
Dobbiamo pertanto pregare anche noi, come Paolo fa per i cristiani di Efeso, affinché il Signore ci dia "una più profonda conoscenza di Lui" e del suo disegno di amore per tutti gli uomini; perché "illumini gli occhi della nostra mente" così che possiamo scoprire a quali beni ci ha chiamati, quale ricchezza di gloria Egli riserva a noi, suoi figli.
Dobbiamo pregare anche perché il Signore ci conceda la grazia di crescere sempre - come i cristiani di Efeso - nella fede in Gesù Cristo e nell'amore verso tutti; di vivere sempre più secondo la dignità di figli di Dio, alla quale il Padre ci ha voluto innalzare con l'incarnazione del Figlio suo Gesù.
Ci aiuti Maria, la madre che, con la sua docilità allo Spirito, ha reso possibile l'incarnazione del Verbo di Dio e ci ha dato Gesù

D. Mario MORRA SDB

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