don Giovanni Berti"Un'autorità che non si impone"
IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (01/02/2015)
Vangelo: Mc 1,21-28
Ieri sera, trovandomi con un gruppo di giovani scout per un momento di riflessione, dopo aver letto questa pagina del Vangelo, ho chiesto loro un po' a bruciapelo: "C'è qualcuno che ha una particolare autorità nella vostra vita? Chi nella vostra vita è un punto di riferimento determinante in quello che dice e in quello che fa..., e perché?"
Mi sono reso conto che la domanda così posta non è affatto facile, e ho visto qualche volto un po' smarrito.
La loro età (adolescenti e giovani) è quella in cui in generalmente si sfugge a tutto ciò che è autorità, nella ricerca di una propria autonomia di giudizio e azione, e c'è una sorta di "cambio di pelle" nella crescita verso l'età adulta per affermare la propria libertà.
Ma siamo sicuri che l'obiettivo dell'età adulta è non avere nessuno come autorità? Essere liberi vuol dire non avere punti di riferimento e non avere in assoluto alcuna guida?
Il Vangelo ci racconta di Gesù che insegna nella sinagoga di Cafarnao, nel luogo e nel giorno più importanti per il cammino di crescita spirituale dell'ebreo.
Non ci viene detto subito cosa insegnava (il Vangelo lo racconta in seguito) ma ci viene mostrato la reazione di coloro che lo stanno ad ascoltare: tutti sono stupiti e gli riconoscono una autorità assoluta che soppianta quella degli scribi, cioè i teologi ufficiali e quelli che ritenevano di essere esperti di Dio. Gesù è un vero maestro che "mette a tacere" gli altri maestri, quelli che poi si scateneranno contro di lui per farlo tacere a loro volta: scribi e farisei. E questa lotta di contrapposte autorità si manifesta fin da quel momento, con quel indemoniato che si mette a gridare contro Gesù. Questo personaggio, che stranamente si trova nella sinagoga, si scatena solo quando una vera autorità si mette a parlare. Gesù ha un insegnamento che mette in discussione e demolisce le false sicurezze di una religione più fondata sulla forza della paura, sul rispetto delle regole e sulla chiusura verso l'esterno. Gesù insegna un nuovo modo di relazionarsi con Dio e con gli altri fondato sull'amore e il servizio, e questo non può che irritare chi predicava in senso contrario.
Gesù però in questo modo mostra una autorità superiore, perché per primo vive quello che insegna e non fonda le sue parole sulla paura, sul controllo delle menti e della vita, ma sull'amore e la fiducia nei discepoli. Nel racconto infatti non scaccia l'indemoniato, ma lo libera da quel fondo di male che un modo sbagliato di vivere la religione (quello coltivata da scribi e farisei) lo teneva prigioniero. Gesù è un maestro che libera e non sottomette, non obbliga nessuno ma propone una strada che per primo percorre. E sappiamo bene che proprio sulla croce Gesù mostrerà la sua massima autorità, portando fino in fondo il suo insegnamento con il dono totale di sé. La croce sarà il suo più alto e glorioso pulpito dove insegnare, molto diverso dai pulpiti dorati e alti di coloro che volevano insegnare con pugno e con segni di potere.
I suoi discepoli sono chiamati ad imparare questo modo di vivere l'autorità, e che dovranno poi esercitare quando il Maestro avrà lasciato loro spazio. Non sarà facile... e la tentazione di confondere l'autorità con il potere sarà sempre presente.
Dopo un po' di silenzio qualche giovane scout ha iniziato a rispondere alla domanda che avevo posto. Qualcuno ha individuato come autorità nella propria vita un genitore, che nonostante tutti gli scontri inevitabili in famiglia, ha sempre dimostrato di essere presente e di prendersi cura dei figli. Qualcuno ha individuato come autorità e punto di riferimento i fratelli che pur vicini di età sono protettivi e buoni consiglieri. Altri hanno visto come autorità un insegnate di scuola che sempre ha creduto in loro e che si è fatto vicino ben oltre il "dovere lavorativo"...
E' proprio vero che l'autorità non viene dal potere o dalla capacità di imporla con la forza o il ricatto morale, ma viene dalla capacità di amare e di mettersi al servizio, proprio come ha fatto Gesù.
Questo passo di Vangelo diventa un'occasione di verifica anche dello stile che abbiamo dentro la comunità cristiana e in particolare per chi ha un compito di esercitare l'autorità e di guida (preti, consiglio pastorale, catechisti, responsabili di gruppi, animatori...). Il male più grande è proprio quando in una comunità (qualsiasi tipo di comunità, anche quella sociale...) sembra comandare solo chi ha più potere economico, di persuasione, di forza fisica.
Chiediamo che il Signore pronunci di nuovo quella frase liberatoria del Vangelo: "Taci, esci!" in modo che il male del potere e della violenza esca da ogni comunità, e così risulti vincente il suo stile, un'autorità che non si impone, perché trova forza nell'amore totale che vive per primo quello che insegna.
Vangelo: Mc 1,21-28
Ieri sera, trovandomi con un gruppo di giovani scout per un momento di riflessione, dopo aver letto questa pagina del Vangelo, ho chiesto loro un po' a bruciapelo: "C'è qualcuno che ha una particolare autorità nella vostra vita? Chi nella vostra vita è un punto di riferimento determinante in quello che dice e in quello che fa..., e perché?"
Mi sono reso conto che la domanda così posta non è affatto facile, e ho visto qualche volto un po' smarrito.
La loro età (adolescenti e giovani) è quella in cui in generalmente si sfugge a tutto ciò che è autorità, nella ricerca di una propria autonomia di giudizio e azione, e c'è una sorta di "cambio di pelle" nella crescita verso l'età adulta per affermare la propria libertà.
Ma siamo sicuri che l'obiettivo dell'età adulta è non avere nessuno come autorità? Essere liberi vuol dire non avere punti di riferimento e non avere in assoluto alcuna guida?
Il Vangelo ci racconta di Gesù che insegna nella sinagoga di Cafarnao, nel luogo e nel giorno più importanti per il cammino di crescita spirituale dell'ebreo.
Non ci viene detto subito cosa insegnava (il Vangelo lo racconta in seguito) ma ci viene mostrato la reazione di coloro che lo stanno ad ascoltare: tutti sono stupiti e gli riconoscono una autorità assoluta che soppianta quella degli scribi, cioè i teologi ufficiali e quelli che ritenevano di essere esperti di Dio. Gesù è un vero maestro che "mette a tacere" gli altri maestri, quelli che poi si scateneranno contro di lui per farlo tacere a loro volta: scribi e farisei. E questa lotta di contrapposte autorità si manifesta fin da quel momento, con quel indemoniato che si mette a gridare contro Gesù. Questo personaggio, che stranamente si trova nella sinagoga, si scatena solo quando una vera autorità si mette a parlare. Gesù ha un insegnamento che mette in discussione e demolisce le false sicurezze di una religione più fondata sulla forza della paura, sul rispetto delle regole e sulla chiusura verso l'esterno. Gesù insegna un nuovo modo di relazionarsi con Dio e con gli altri fondato sull'amore e il servizio, e questo non può che irritare chi predicava in senso contrario.
Gesù però in questo modo mostra una autorità superiore, perché per primo vive quello che insegna e non fonda le sue parole sulla paura, sul controllo delle menti e della vita, ma sull'amore e la fiducia nei discepoli. Nel racconto infatti non scaccia l'indemoniato, ma lo libera da quel fondo di male che un modo sbagliato di vivere la religione (quello coltivata da scribi e farisei) lo teneva prigioniero. Gesù è un maestro che libera e non sottomette, non obbliga nessuno ma propone una strada che per primo percorre. E sappiamo bene che proprio sulla croce Gesù mostrerà la sua massima autorità, portando fino in fondo il suo insegnamento con il dono totale di sé. La croce sarà il suo più alto e glorioso pulpito dove insegnare, molto diverso dai pulpiti dorati e alti di coloro che volevano insegnare con pugno e con segni di potere.
I suoi discepoli sono chiamati ad imparare questo modo di vivere l'autorità, e che dovranno poi esercitare quando il Maestro avrà lasciato loro spazio. Non sarà facile... e la tentazione di confondere l'autorità con il potere sarà sempre presente.
Dopo un po' di silenzio qualche giovane scout ha iniziato a rispondere alla domanda che avevo posto. Qualcuno ha individuato come autorità nella propria vita un genitore, che nonostante tutti gli scontri inevitabili in famiglia, ha sempre dimostrato di essere presente e di prendersi cura dei figli. Qualcuno ha individuato come autorità e punto di riferimento i fratelli che pur vicini di età sono protettivi e buoni consiglieri. Altri hanno visto come autorità un insegnate di scuola che sempre ha creduto in loro e che si è fatto vicino ben oltre il "dovere lavorativo"...
E' proprio vero che l'autorità non viene dal potere o dalla capacità di imporla con la forza o il ricatto morale, ma viene dalla capacità di amare e di mettersi al servizio, proprio come ha fatto Gesù.
Questo passo di Vangelo diventa un'occasione di verifica anche dello stile che abbiamo dentro la comunità cristiana e in particolare per chi ha un compito di esercitare l'autorità e di guida (preti, consiglio pastorale, catechisti, responsabili di gruppi, animatori...). Il male più grande è proprio quando in una comunità (qualsiasi tipo di comunità, anche quella sociale...) sembra comandare solo chi ha più potere economico, di persuasione, di forza fisica.
Chiediamo che il Signore pronunci di nuovo quella frase liberatoria del Vangelo: "Taci, esci!" in modo che il male del potere e della violenza esca da ogni comunità, e così risulti vincente il suo stile, un'autorità che non si impone, perché trova forza nell'amore totale che vive per primo quello che insegna.
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