Don Paolo Zamengo SDB "Quando Dio prende la parola "
Mc 1, 21-28
Incredulità e stupore scuotono la gente che, di sabato, affolla la sinagoga di Cafarnao. La parola di Gesù suscita meraviglia per la sua forza e autenticità. Le sue affermazioni non sono scontate né ripetitive ma scavano in profondità. Gesù non cavalca il pensiero comune, non addormenta le coscienze ma le risveglia e le orienta. Sanno suscitare una sincera nostalgia di Dio, nel profondo del cuore.
Gesù è come l’acqua di sorgente, mai impura, sempre fresca e
dissetante. Nella sua persona autorità e autorevolezza, due realtà diverse, combaciano perfettamente. Gesù rianima il cuore.
Diverso, invece, lo stile dell’impero romano che, spesso e volentieri, scivolava nell’autoritarismo, impastandosi con ingiustizie e soprusi. Anche l’autorità religiosa garantiva se stessa presentando un volto di Dio arcigno e intollerante.
Lo scontro tra Gesù e il potere era inevitabile. Gesù non ha titoli eppure la sua parola si impone come riflesso della sua interiorità. Scopo e ragione della sua missione è il bene della persona e la liberazione dal male. Il male è lo spirito contrario a Dio, spirito teso a contaminare ogni persona e tutta la storia umana.
Marco ci presenta questo spirito in azione. Il demonio che ha forza solo per possedere, per straziare, insudiciare e suscitare grida disarmoniche e blasfeme. La gente di Cafarnao sente che Gesù, a differenza degli altri, è in grado di dare potere alle sue parole perché ai proclami, alle promesse e alle pretese fa seguire fatti concreti, i suoi gesti d’amore.
Quante volte la gente aveva assistito delusa alla preghiera dei maestri del tempio, quante volte se ne era tornata a casa tradita dalla speranza. Ma le parole di Gesù sono efficaci e vincenti: “Taci. Esci!”. E lo spirito gli ubbidisce perché occupa una casa che non è sua, che non gli appartiene. L’uomo appartiene a Dio e Gesù è venuto per ristabilire l’armonia e l’ordine.
Taci. Esci. Le parole di Gesù sono risolutive e portano guarigione. La liberazione dell’uomo dallo spirito del male è il ritornello di tutto il vangelo di Marco. Gesù è impegnato in una lotta senza quartiere. Snida il male e lo vince. Sul suo esempio e in nome suo, la vita dei discepoli sarà segnata da questa medesima lotta per aiutare l’uomo a liberarsi e a guadagnare, ogni giorno, spazi di vera libertà.
La forza della parola di Dio che fu in Gesù è ora sempre con noi nella sua chiesa. La stessa forza che mise il Sinai a fuoco e fiamme, ma temperata, trasformata in volto di uomo o di donna, in parola umana. Tutti siamo servi della Parola, gli uni per gli altri, come lo fu Gesù. Parola vicina e temibile, come ogni vero amore, che non si appaga di parole, ma nel quale si osa credere e abbandonarsi nella gioia.
Incredulità e stupore scuotono la gente che, di sabato, affolla la sinagoga di Cafarnao. La parola di Gesù suscita meraviglia per la sua forza e autenticità. Le sue affermazioni non sono scontate né ripetitive ma scavano in profondità. Gesù non cavalca il pensiero comune, non addormenta le coscienze ma le risveglia e le orienta. Sanno suscitare una sincera nostalgia di Dio, nel profondo del cuore.
Gesù è come l’acqua di sorgente, mai impura, sempre fresca e
dissetante. Nella sua persona autorità e autorevolezza, due realtà diverse, combaciano perfettamente. Gesù rianima il cuore.
Diverso, invece, lo stile dell’impero romano che, spesso e volentieri, scivolava nell’autoritarismo, impastandosi con ingiustizie e soprusi. Anche l’autorità religiosa garantiva se stessa presentando un volto di Dio arcigno e intollerante.
Lo scontro tra Gesù e il potere era inevitabile. Gesù non ha titoli eppure la sua parola si impone come riflesso della sua interiorità. Scopo e ragione della sua missione è il bene della persona e la liberazione dal male. Il male è lo spirito contrario a Dio, spirito teso a contaminare ogni persona e tutta la storia umana.
Marco ci presenta questo spirito in azione. Il demonio che ha forza solo per possedere, per straziare, insudiciare e suscitare grida disarmoniche e blasfeme. La gente di Cafarnao sente che Gesù, a differenza degli altri, è in grado di dare potere alle sue parole perché ai proclami, alle promesse e alle pretese fa seguire fatti concreti, i suoi gesti d’amore.
Quante volte la gente aveva assistito delusa alla preghiera dei maestri del tempio, quante volte se ne era tornata a casa tradita dalla speranza. Ma le parole di Gesù sono efficaci e vincenti: “Taci. Esci!”. E lo spirito gli ubbidisce perché occupa una casa che non è sua, che non gli appartiene. L’uomo appartiene a Dio e Gesù è venuto per ristabilire l’armonia e l’ordine.
Taci. Esci. Le parole di Gesù sono risolutive e portano guarigione. La liberazione dell’uomo dallo spirito del male è il ritornello di tutto il vangelo di Marco. Gesù è impegnato in una lotta senza quartiere. Snida il male e lo vince. Sul suo esempio e in nome suo, la vita dei discepoli sarà segnata da questa medesima lotta per aiutare l’uomo a liberarsi e a guadagnare, ogni giorno, spazi di vera libertà.
La forza della parola di Dio che fu in Gesù è ora sempre con noi nella sua chiesa. La stessa forza che mise il Sinai a fuoco e fiamme, ma temperata, trasformata in volto di uomo o di donna, in parola umana. Tutti siamo servi della Parola, gli uni per gli altri, come lo fu Gesù. Parola vicina e temibile, come ogni vero amore, che non si appaga di parole, ma nel quale si osa credere e abbandonarsi nella gioia.
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