padre Antonio Rungi"Conversione e missione"

III Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (25/01/2015)
Vangelo: Mc 1,14-20 
La parola di Dio odierna ci parla della conversione e della vocazione missionaria. Oggi Gesù, oltre a predicare la vicinanza del suo Regno che richiede un cambiamento radicale per fare un cammino di vera conversione, invita
anche i primi apostoli del suo gruppo a seguirlo su questa strada. Ben quattro dei dodici da Lui chiamati all'inizio del suo ministero rispondono immediatamente sì e si incamminano con il Signore sulle strade della missione, dell'annuncio della gioia messianica che è anche invito a lasciare ogni cosa per seguire solo e soltanto Gesù Cristo. Chiamata, sequela, missione sono unite da un punto di vista spirituale ed apostolico dalla parola chiave che è al centro del messaggio di oggi: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Perché il vangelo ci chiede di cambiare vita e strada? E' facile rispondere a questa domanda. Non c'è cambiamento nella vita di una persona se questa non cerca la buona notizia del Regno di Dio, la buona novella. Vangelo, infatti, significa dire le cose positivamente e guardare il mondo con gli occhi di Dio, guidarlo con il pensiero di Cristo, farlo camminare con i sentimenti, la passione e l'azione del modello valido per tutti, che è Gesù.
La conversione consiste nel diventare nuove persone nel cuore, nei pensieri e nelle azioni, come è stato per Paolo Apostolo, di cui oggi ricordiamo la conversione e chiudendo l'ottavario di preghiera per l'unità dei cristiani. Per dire che la prima conversione parte da noi stessi. Gli apostoli che aderiscono al progetto di Gesù danno una risposta libera e personale a questa chiamata alla conversione e alla missione. Ma richiede anche una volontà comune di camminare insieme, per fare almeno alcuni tratti di strada che portano a Cristo e all'umanità in sintonia di progetti e di intenti da raggiungere. Purtroppo questo non avviene ed ogni cristiano, di qualsiasi confessione sia, cammina per proprio conto, senza trovare punti di incontro per favorire quell'unità in Cristo, salvatore del mondo.
La preghiera iniziale della messa odierna ci aiuta propria ad entrare in questo spirito di conversione che deve essere di tutti e riguardare tutti. Noi cristiani abbiamo il dovere morale di fronte al mondo di camminare uniti incontro a Cristo e nella storia del mondo di oggi. Non sono più possibili divisioni, ma solo unioni nel nome di Cristo, come preghiamo oggi: O Padre, che nel tuo Figlio ci hai dato la pienezza della tua parola e del tuo dono, fa' che sentiamo l'urgenza di convertirci a te e di aderire con tutta l'anima al Vangelo, perché la nostra vita annunzi anche ai dubbiosi e ai lontani l'unico Salvatore, Gesù Cristo.
Questo appello alla conversione ci viene anche dal testo della prima lettura di oggi, tratto dal libro di Giona, il profeta della conversione, del coraggio di dire la verità di fronte ad una città come Ninive chiamata dal profeta, messaggero di Dio, a cambiare vita altrimenti sarebbe stata distrutta. Restano ad essa solo quaranta giorni, come dire la sua quaresima, prima di essere distrutta, se non ci fosse stato un cambiamento radicale nei niniviti. E gli abitanti accolsero ben volentieri l'invito del profeta alla conversione e "bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli". Di fronte a questo segno esteriore di conversione, che toccò sicuramente il loro cuore e la loro mente, cosa fece il Signore? "Dio - ci ricorda il brano di oggi - vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece". Un Dio misericordioso, un Dio che recede dalle sue decisioni di fronte ad un sincero pentimento dell'uomo. Chiaro invito a noi uomini di questa terra a riconoscere i nostri errori, a pentirci sinceramente ed amaramente dei nostri peccati (e molte volte sono gravi e grandi) e ricominciare una vita nuova nella grazia e nell'amicizia di Dio.
Riflettendo su questi temi, il santo "convertito" per eccellenza, Paolo di Tarso, nella sua prima lettera ai Corinzi, rivolge un caloroso appello alla conversione, avendo chiara l'idea e la convinzione che il tempo dell'attesa sta per scadere. Lo diceva lui 2000 anni fa, lo diciamo oggi cristiani del XXI secolo di fronte ai tanti fatti drammatici del mondo che ci fa pensare quasi spontaneamente alla fine del mondo. Egli scrive: "il tempo si è fatto breve... passa infatti la figura di questo mondo!". Logica conseguenza di questa coscienza della provvisorietà sta nel cambiamento del proprio comportamento: "d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero".
Ci risulta di grande incoraggiamento in questo itinerario di conversione e missione quanto diciamo nel Salmo responsoriale di oggi (Sal 24): "Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza".

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