D. Severino GALLO sdb"LEBBRA DEL CORPO E DELL'ANIMA (Mc 1,40.45)

15 febbraio 2015 | 6a Domenica - T. Ordinario B | Omelia
L'evangelista Marco racconta alla comunità un episodio, nel quale Gesù rivela sempre più se stesso.
Ecco il fatto. Un lebbroso si presenta a Gesù. Come si comporterà Lui?
Secondo l'usanza del tempo, Gesù avrebbe dovuto scansare scrupolosamente il lebbroso, perché la lebbra suscitava orrore e paura ed era considerata una punizione divina.
E proprio la prima Lettura ci rivela la vecchia mentalità nei confronti del lebbroso.



Che farà Gesù?
Egli infrange il comportamento sociale e religioso della sua epoca, perché per Gesù prima di tutto c'è l'uomo e il primo intervento, in qualsiasi situazione, è voler bene al prossimo.
Gesù rifiuta categoricamente l'uso della religione per emarginare, escludere e dividere gli uomini.
Scrisse magnificamente Carlo de Foucauld:

"Noi siamo tutti figli dell'Altissimo. Tutti. Il più povero, il più ripugnante, un neonato, un vecchio decrepito, l'essere umano meno intelligente, il più abietto, un idiota, un pazzo, un peccatore, il più gran peccatore, il più ignorante, l'ultimo degli uomini, quello che ripugna moralmente e fisicamente è un figlio di Dio, un figlio dell'Altissimo".

Nessuna malattia, quindi, nessuna sofferenza, nessuna disgrazia deve diventare un pretesto per abbandonare qualcuno: il dolore del prossimo, infatti, è proprio l'occasione per amare di più, è lo spazio per vivere la carità.
Guai a noi cristiani se ci lasciamo sfuggire gli spazi del bene, che ci apre il dolore dei nostri fratelli!
Collochiamo il gesto di Gesù nel mondo d'oggi. Anche oggi la lebbra esiste e, tutto sommato, riceve un trattamento molto simile a quel condannato da Gesù nel suo tempo.

Racconta Raul Follereau che nel suo primo viaggio tra i lebbrosi, mentre in India assisteva una giovane lebbrosa in agonia, ebbe un sospetto.
Attese che la giovane emettesse l'ultimo respiro e poi la prese tra le braccia e volle pesarla: aveva ventidue anni, pesava 20 chili.
Commenta Follereau: "Non era morta di lebbra, ma era morta di fame".
Perché? Perché qualcuno aveva mangiato il cibo di quella donna, aveva usato vestiti a spreco, aveva gozzovigliato nel benessere… invece di condividere.
Il gesto di Gesù contiene un invito coraggioso a combattere tutte le emarginazioni.
Scrive ancora Follereau: "Signore, ecco i veri lebbrosi: gli egoisti, gli empi, coloro che vivono nell'acqua stagnante, i comodi, i paurosi, coloro che sciupano la vita". Signore Gesù, questi sono i veri lebbrosi: coloro che ti hanno crocifisso.
Possiamo noi fare qualche cosa di più, qualcosa di meglio?
Scrive Carlo Carretto: "Mettendo insieme i denari che si spendono per le cure dimagranti o per tentare di guarire gli organi rovinati dal troppo mangiare in Europa e America del Nord, si otterrebbero largamente i mezzi per dare pane ai popoli denutriti d'Africa e America del Sud.
Mi chiedo se non sia proprio questo l'esempio che noi cristiani dobbiamo dare al mondo.
Liberiamoci allora coraggiosamente dal superfluo, dall'inutile, dal vano e facciamo entrare nella vita d'ogni giorno il pensiero di Gesù, che geme nei poveri del mondo.

San Paolo, nella seconda Lettura, ci dice: "Sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio" (1 Cor 10,1).
Viene da chiedersi: e come si può dar gloria a Dio nel mangiare? E' semplice: vivendo la carità, che è condivisione.
Anche il mangiare dev'essere illuminato dalla fede, liberato dall'egoismo dello spreco e orientato al dovere di partecipare con chi non ha.
Se vivessimo così, avremmo realizzato la civiltà dell'amore, di cui tanto parlava il Papa Paolo VI.
Torniamo al Vangelo.
Il gesto di Gesù certamente ha un'applicazione molto più ampia del caso del lebbroso. Infatti non esistono soltanto la lebbra e la fame da combattere: bisogna combattere anche la mentalità che emargina l'anziano, che rifiuta il bambino, che profana la famiglia, che infanga e mortifica la dignità dell'amore.
Gesù ha resistito alla mentalità dominante nel suo tempo. Perché oggi noi cristiani non abbiamo lo stesso coraggio?

Oggi, per esempio, è dominante la visione della vita come divertimento a tutti i costi e senza norme morali. Questa mentalità fa saltare la famiglia, apre la strada alla droga e all'emarginazione, produce un'ondata nauseante di pornografia.
Se siamo cristiani, perché non reagiamo a questo scempio della vita, dell'amore e della famiglia? Perché non educhiamo i giovani a valutare criticamente ciò che la società produce e svende?
Lasciar morire un affamato è peccato contro la carità; ma anche lasciar profanare la vita è peccato contro la carità.
Essere cristiani vuol dire condividere con Gesù la passione di salvare l'uomo, ogni uomo, dalle miserie del corpo e, soprattutto, dalle miserie dell'anima.

Ha detto Oscar "Wilde: "Dietro il dolore, c'è sempre un'anima!".

E Primo Mazzolari ha scritto:
"La nostra è una generazione d'ossessi. Qualcuno sarà sempre venduto, finché crederemo nel denaro: tutti possiamo essere oggetto di baratto in un mondo pronto a prostituirsi per non perdere dieci lire".
Che cosa direbbe adesso con tangentopoli e i mercanti di droga?
Quanta gente va in giro per il mondo rovinando l'innocenza delle anime! Diavoli autentici in carne e ossa…

Tre bambini stanno costruendo con della terra, una casa, un grattacielo - dicono loro - che supererà il grattacielo Martinelli, il più alto dell'America del Sud.
Sono tre fratellini. Il più anziano avrà sette anni. Il male non ha ancora sfigurato il loro musetto grazioso, ma una larga macchia violacea annunzia la devastazione vicina. In tutti e tre nello stesso punto. Sull'avambraccio destro.
- Sono di famiglia lebbrosa? - domando a Suor Immacolata, che mi accompagna nella visita.
La Suora mi legge la meraviglia in volto ed esita a rispondere. Si limita a tentennare il capo e ad esclamare:
- Poveri innocenti! Poveri innocenti!…
Non capisco bene e prego:
- Spiegatevi, sorella.
- E' una storia atroce!
I bambini giocavano in riva al Tietè, il fiume che nasce sulla Serra di S. Paolo e va a gettarsi nel Paranà.
Un mendicante lebbroso si avvicinò offrendo loro dei dolci. I bambini allungarono la mano…
La Suora ha una lunga pausa e poi soggiunge:
- Secondo la leggenda del "sertao", se si mordono tre bambini, la lebbra guarisce.
Uno dei tre bambini, intanto si è avvicinato.
- Suor Immacolata, - domanda - l'uomo che ci ha morso era il diavolo, non è vero?
- Sì, era il diavolo. Adesso state buoni. Pregate, e Gesù vi guarirà. Il bimbo torna a riprendere il suo gioco con i fratelli. E Suor Immacolata mi dice:
- Finora solo Gesù ha guarito la lebbra.

Cari fratelli e sorelle, quanti diavoli si aggirano per le vie dei nostri paesi e delle nostre città, pronti a morsicare i bimbi innocenti e a diffondere la lebbra dei loro peccati!
Dobbiamo difenderci, per difendere anche l'innocenza dei nostri giovani.
L'altro ieri abbiamo celebrato la festa della Madonna di Lourdes. Preghiamo l'Immacolata Mamma di Gesù che ci liberi dal dilagante male della corruzione che minaccia di travolgere il mondo intero.

                                                                                  D. Severino GALLO sdb

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