don Roberto Seregni "Il nostro Dio è differente...

VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)
Vangelo: Mc 1,40-45
Le parole del Levitico lo dicono chiaramente: per tutti il lebbroso è un morto che cammina, è l’emarginato per eccellenza. E in aggiunta, come se non bastasse, è pure colpevole della propria ripugnanza: la malattia è un castigo per i propri peccati. Per tutti il lebbroso è uno da evitare e lui stesso deve gridare la sua condizione (“Immondo,
immondo!”) per mettere in guardia i possibili sventurati incrociati lungo le strade.
Per tutti, ma non per Gesù!
Il Rabbì di Nazareth non vede un immondo o uno scarto, ma un uomo e un fratello. C’è qualcosa di davvero magnifico in questo incontro, in quel toccare di Gesù che fa ricordare al lebbroso di essere vivo, di essere ancora una persona. E’ come se quel gesto folle del maestro strappasse il malato, prima ancora che dalla patologia, dalla sua solitudine. Prima di ritrovarsi cucita addosso una pelle lucente e fresca, il lebbroso si riscopre vivo e prezioso agl’ occhi di Gesù.
Mi incuriosisce e mi affascina la richiesta del lebbroso, perché è coraggiosa e timida allo steso tempo: “Se vuoi, puoi guarirmi!”. Egli supera la barriera sociale e si mette in relazione con Gesù, ha dentro un desiderio, non ha paura di portarlo davanti al Maestro. Ma allo stesso tempo sembra quasi che non voglia disturbarlo: “Se vuoi...”. Certo, lui pensa che solo quelli che hanno il tagliando in regola possono accedere alle opere straordinarie di Dio, solo chi se lo merita, solo chi ha la fedina penale pulita. Quante persone ho incontrato in questi anni che ragionano proprio così: “Io che ho deluso tutti, come posso ancora pregare?”, “Io che non vivo più con mio marito, come posso entrare ancora in una chiesa e mettermi in ginocchio?”, “Io che non riesco a mantenere i miei impegni davanti a Dio, è giusto che continui ad annoiarlo con le mie preghiere?”... e così via. Dobbiamo davvero convincerci che il Vangelo è diverso, che il nostro Dio è differente! Non sono i meriti accumulati che mi danno libero accesso a Lui, ma il mio desiderio di incontrarlo riconoscendomi bisognoso. La mia povertà non è un ostacolo, ma la porta d’accesso alla Sua grazia e al Suo amore.
Gesù - il rabbi che conosce le nostre solitudini - non si accontenta di dire una parola guaritrice, ma lo tocca, frantuma la distanza e la solitudine. E poi invita al silenzio. Bellissimo! Il maestro non vuole passare per un maghetto o per un santone guaritore. Certo: i miracoli dicono che Gesù è il messia, che in Lui si incarna la potenza di Dio; ma solo sotto la Croce si potrà comprendere fino in fondo qual’è questa potenza e qual’è il vero volto di Dio che Gesù è venuto a rivelare.
Buona settimana
Don Roberto

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