Ermete TESSORE SDB"Tutti lo cercano"
8 febbraio 2015 | 5a Domenica - T. Ordinario B | Omelia
La liturgia della Parola di questa domenica ci presenta una duplice visione della vita da parte di due persone: Giobbe e Gesù.
Il primo è una specie di prototipo dell'uomo "economico" moderno. Attivo, capace, con indubbie capacità imprenditoriali, con alle spalle un impero economico, ricco ma infelice. E' troppo intelligente per lasciarsi schiacciare solo dalle preoccupazioni legate agli interessi personali.
E' riflessivo e coglie nitidamente tutte le contraddizioni di un certo vivere umano. Questo alla lunga finisce per angosciarlo. Il non trovare risposte adeguate ai suoi tanti interrogativi sfocia in un modo di vivere triste ed angosciato. Vanno bene i soldi, ma essi non producono gioia. Anzi, la loro continua ricerca ci fa sentire dei mercenari, in ricerca continua di sempre migliori salari. Essi creano sogni che, quasi sempre, si rivelano, in realtà, incubi notturni ed illusioni che permeano l'esistenza.
Il male, l'ingiustizia, i tracolli economici ed esistenziali rendono i nostri giorni avvitati su se tessi come una spola impazzita nel suo moto. I giorni sfilano via sotto i nostri occhi velocemente lasciando l'amaro in bocca ed il cuore , indurito e calloso, inaridito dall'assenza di qualsiasi barlume di speranza.
Povero Giobbe, discutendo con i suoi amici, perviene all'amara conclusione che la vita è un soffio, in cui non c'è traccia di bene. E' questo l'atteggiamento esistenziale di molti contemporanei. L'evangelista Marco, invece, ci descrive una giornata "tipo" di Gesù, dalla quale noi possiamo desumere quale fosse l'approccio al vivere quotidiano da parte sua. Il giorno scelto non è il più propizio, trattandosi di un sabato. Infatti, gli scribi ed i farisei avevano aggravato lo Shabbat da una sconsiderata serie di obblighi e di proibizioni. Erano ben 630 le azioni che i buoni ebrei dovevano fare od evitare nell'arco di 24 ore.
La vita, durante il giorno consacrato al Signore, era stata cementate dalla follia di un formalismo esasperato.
Gesù, invece, lo vive da libero protagonista, adempiendo scrupolosamente quello che è la volontà del Padre: preghiera comunitaria nella sinagoga, ascolto della Parola, riposo in casa di amici, preghiera solitaria…
Ma allo stesso tempo se ne infischia beatamente delle proibizioni illogiche dei legulei del tempo.
Proibito guarire, lui guarisce;
proibito sollevare un peso superiore a quello di un fico secco, lui prende per mano la suocera di Pietro e la solleva;
proibito muoversi più di mille passi, lui va tranquillamente alla ricerca di un luogo dove stare in pace con il Padre.
Tutti lo cercano, lui cerca solo di portare a termine il compito assegnatogli da Dio. Nessuno può fermarlo, neanche le folle che, sempre più numerose, lo braccano da ogni parte. Non incarica nessuno di aprire uffici di smistamento o di raccolta offerte. Non gli interessa ramazzare intenzioni messe alla modica, e libera, offerta di euro 10.
E' solo preoccupato di incontrare tutti per condividere con loro la Parola e per aiutarli a scacciare i demoni, cioè tutto quello che amareggia l'esistenza a cominciare dalla malattia. Nella seconda lettura Paolo, da scaltro e smaliziato filone quale egli è, in poche e semplici parole, coglie le ricadute che il modo di comportarsi di Gesù deve avere su tutti coloro che si vantano di essere suoi discepoli.
Cristiano è colui che non si limita a blaterare di Vangelo ma lo predica con la vita. Nel farlo non cerca sistemazioni di comodo o di prestigio, ma lo fa gratuitamente senza accampare diritti di nessuna specie, per quanto legittimi possano essere. Come Gesù, senza correre sotto i vessilli bertoniani, ruiniani, neocatecumenali, focolarini o di chissà chi, ma nella libertà più assoluta, l'autentico apostolo si mette a disposizione di tutti coloro che lealmente ricercano Dio. Il vero discepolo si fa tutto a tutti, senza appartenere a nessuno.
L'unico suo interesse è il Vangelo, non da imporre, ma da condividere e da partecipare in una vita radicata nella coerenza e completamente sgombra da qualsiasi ombra e da ogni insonnia pervasa di inquietudine in quanto tutto trova giusta collocazione e compimento in Colui che, solo, ha vinto la morte ed ha dato significato pieno e definitivo alla vita umana.
Ermete TESSORE
La liturgia della Parola di questa domenica ci presenta una duplice visione della vita da parte di due persone: Giobbe e Gesù.
Il primo è una specie di prototipo dell'uomo "economico" moderno. Attivo, capace, con indubbie capacità imprenditoriali, con alle spalle un impero economico, ricco ma infelice. E' troppo intelligente per lasciarsi schiacciare solo dalle preoccupazioni legate agli interessi personali.
E' riflessivo e coglie nitidamente tutte le contraddizioni di un certo vivere umano. Questo alla lunga finisce per angosciarlo. Il non trovare risposte adeguate ai suoi tanti interrogativi sfocia in un modo di vivere triste ed angosciato. Vanno bene i soldi, ma essi non producono gioia. Anzi, la loro continua ricerca ci fa sentire dei mercenari, in ricerca continua di sempre migliori salari. Essi creano sogni che, quasi sempre, si rivelano, in realtà, incubi notturni ed illusioni che permeano l'esistenza.
Il male, l'ingiustizia, i tracolli economici ed esistenziali rendono i nostri giorni avvitati su se tessi come una spola impazzita nel suo moto. I giorni sfilano via sotto i nostri occhi velocemente lasciando l'amaro in bocca ed il cuore , indurito e calloso, inaridito dall'assenza di qualsiasi barlume di speranza.
Povero Giobbe, discutendo con i suoi amici, perviene all'amara conclusione che la vita è un soffio, in cui non c'è traccia di bene. E' questo l'atteggiamento esistenziale di molti contemporanei. L'evangelista Marco, invece, ci descrive una giornata "tipo" di Gesù, dalla quale noi possiamo desumere quale fosse l'approccio al vivere quotidiano da parte sua. Il giorno scelto non è il più propizio, trattandosi di un sabato. Infatti, gli scribi ed i farisei avevano aggravato lo Shabbat da una sconsiderata serie di obblighi e di proibizioni. Erano ben 630 le azioni che i buoni ebrei dovevano fare od evitare nell'arco di 24 ore.
La vita, durante il giorno consacrato al Signore, era stata cementate dalla follia di un formalismo esasperato.
Gesù, invece, lo vive da libero protagonista, adempiendo scrupolosamente quello che è la volontà del Padre: preghiera comunitaria nella sinagoga, ascolto della Parola, riposo in casa di amici, preghiera solitaria…
Ma allo stesso tempo se ne infischia beatamente delle proibizioni illogiche dei legulei del tempo.
Proibito guarire, lui guarisce;
proibito sollevare un peso superiore a quello di un fico secco, lui prende per mano la suocera di Pietro e la solleva;
proibito muoversi più di mille passi, lui va tranquillamente alla ricerca di un luogo dove stare in pace con il Padre.
Tutti lo cercano, lui cerca solo di portare a termine il compito assegnatogli da Dio. Nessuno può fermarlo, neanche le folle che, sempre più numerose, lo braccano da ogni parte. Non incarica nessuno di aprire uffici di smistamento o di raccolta offerte. Non gli interessa ramazzare intenzioni messe alla modica, e libera, offerta di euro 10.
E' solo preoccupato di incontrare tutti per condividere con loro la Parola e per aiutarli a scacciare i demoni, cioè tutto quello che amareggia l'esistenza a cominciare dalla malattia. Nella seconda lettura Paolo, da scaltro e smaliziato filone quale egli è, in poche e semplici parole, coglie le ricadute che il modo di comportarsi di Gesù deve avere su tutti coloro che si vantano di essere suoi discepoli.
Cristiano è colui che non si limita a blaterare di Vangelo ma lo predica con la vita. Nel farlo non cerca sistemazioni di comodo o di prestigio, ma lo fa gratuitamente senza accampare diritti di nessuna specie, per quanto legittimi possano essere. Come Gesù, senza correre sotto i vessilli bertoniani, ruiniani, neocatecumenali, focolarini o di chissà chi, ma nella libertà più assoluta, l'autentico apostolo si mette a disposizione di tutti coloro che lealmente ricercano Dio. Il vero discepolo si fa tutto a tutti, senza appartenere a nessuno.
L'unico suo interesse è il Vangelo, non da imporre, ma da condividere e da partecipare in una vita radicata nella coerenza e completamente sgombra da qualsiasi ombra e da ogni insonnia pervasa di inquietudine in quanto tutto trova giusta collocazione e compimento in Colui che, solo, ha vinto la morte ed ha dato significato pieno e definitivo alla vita umana.
Ermete TESSORE
Commenti
Posta un commento