GIOVANNINI Attilio sdb "Il vangelo di Gesù."

8 febbraio 2015 | 5a Domenica - T. Ordinario B | Appunti per la Lectio
*Andiamocene altrove... perché io predichi anche là. 
C'è un messaggio urgente da portare dappertutto. Una notizia così bella che non si riesce a trattenere. Ti fa aprire la finestra e gridare: Urrah! Alleluia! Ti fa dire a tutti quelli che incontri: Non sai cosa ho trovato!
Di contro ci sono di quelli che vorrebbero gridare solo la loro disperazione. Quelli che hanno incontrato il dolore e sono rimasti attanagliati dalla spietatezza della vita.

Il loro portavoce è Giobbe, questo giusto messo alla prova da una incredibile serie di sventure. È così schiacciato che paragona la sua vita a quella tremenda del soldato costretto a fatiche, disagi, pericoli incessanti; a quella del bracciante a cui non è concessa pausa; a quella dello schiavo sottoposto ad un giogo sempre più pesante; ma che non abbiano nemmeno la prospettiva di una sosta a fine giornata. Il suo tormento è insonne, mentre la sua vita senza senso precipita inarrestabilmente verso il nulla della morte. Che sarebbe sollievo, se non fosse morte.
E lassù Dio tace. Il soccorso invocato non arriva.
La mente, abituata a pensare a un Dio buono, si chiede se per caso le sventure non siano castigo meritato solo dai peccatori. Contro questa ipotesi insorge il giusto Giobbe e rigetta con forza ogni attribuzione di colpe occulte o palesi. Non può essere questa la spiegazione per troppi casi di innocenti, dunque non è una spiegazione.
Il mistero di Dio rimane imperscrutabile.
Non resta al piagato e disperato Giobbe se non l'invocazione, il grido.
A cui Dio risponde, per intanto, con l'invito a dargli credito, a confidare comunque nella sua sapienza trascendente, ad aspettarsi una risposta, che sfiderà le povere capacità mentali umane, e però gli rivelerà il progetto perfetto.
La prima cosa che gli farà comprendere Dio è che lui non è affatto lontano, indifferente, distratto. Se non ci toglie le sofferenze, non ci lascia però andare a perdere. Intanto ci attira più vicino a sé; poi prepara per noi una più alta esperienza del suo amore, una più intima conoscenza della sua paternità. Infine ci associa alla sua opera di costruzione del mondo nuovo.
A questo punto la stessa sofferenza può assumere il volto di autentico mezzo di salvezza, di prezioso contributo alla redenzione, di offerta silenziosa che ottiene la vittoria del bene, di testimonianza di carità che converte.
Certo il dolore resterà dolore, l'affanno e l'angoscia non allenteranno la morsa, le lacrime non cesseranno di scorrere; ma il coraggio sarà moltiplicato. Lo Spirito infatti verrà in soccorso alla nostra debolezza, e ci mostrerà, al fondo del cammino, lo splendore della grande luce.
La stessa luce e lo stesso cammino che ha percorso prima di noi, e per noi, Gesù, con la forza dello stesso Spirito. Gesù è la risposta ultima.
Quando infatti troviamo nel vangelo Gesù assediato dai malati, lì vediamo la vicinanza di Dio, la sua compassione.
Quando guarisce i malati, lì percepiamo la risposta di Dio alle nostre invocazioni.
Quando libera gli ossessi, lì misuriamo la sua potenza redentrice.
Ma occorre che comprendiamo bene questa potenza: Gesù non è un super-eroe con poteri fantastici... Se egli è in grado di portare guarigione e libertà, è in grazia della sofferenza che ha accettato. Egli risana perché, come dice il profeta Isaia,

*ha preso su di sé le nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori.
Egli, con l'amore e l'obbedienza, ha trasformato il male in bene, la debolezza in potenza, la sconfitta in vittoria.
Così pure le nostre sofferenze, unite alle sue, diventeranno feconde.
E questa è la buona notizia da gridare. Questo è l'evangelo che non permette a san Paolo di fermarsi. Questo è quello che il mondo deve sentire, per non continuare a creare sofferenza su sofferenza, atrocità su atrocità.
Dio non è lontano, muto, indifferente. Dio è con noi.
GIOVANNINI Attilio sdb

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