Abbazia Santa Maria di Pulsano Letture patristiche della Domenica «delle Palme e della Passione del Signore» Anno B
Marco 14,1; 15,47; Isaia 50,4-7; Sal 21; Filippesi 2,6-11
Evangelo della processione: Mc 11,1-11
1. Ecco il Re giusto
«Ecco, un re regnerà secondo giustizia e i principi governeranno secondo il diritto» (Is 32,1). L'Unigenito Verbo di Dio era il Re universale insieme a Dio Padre e, venendo, sottomise ogni creatura visibile e invisibile. E benché l'uomo terrestre, allontanandosi e svincolandosi dal suo regno, avesse tenuto in sì poco conto i suoi comandi da lasciarsi irretire dalla mano dominatrice del diavolo coi lacci del peccato, egli, amministratore ed
elargitore di ogni giustizia, lo sottomise nuovamente al suo giogo. Rette infatti sono tutte le sue vie.
Diciamo vie di Cristo i detti evangelici, per mezzo dei quali tendiamo a ogni virtù e, ornando il nostro capo con le insegne della pietà,giungiamo al premio della superna vocazione. Davvero rette queste vie, nulla di fallace e perverso è in esse: sono diritte e lineari. È scritto infatti: Il sentiero del giusto è diritto, e piano il suo cammino (cfr. Is 26,7).
In realtà, la via della legge è dura, perché passa per molti simboli e figure, e di una intollerabile difficoltà. Al contrario, la via dei precetti evangelici è agevole e non presenta nulla di aspro o di scabroso.
Rette sono dunque le vie di Cristo, che edificò la santa città, la Chiesa, nella quale egli stesso dimorargli infatti abita nei santi, e noi siamo divenuti tempio de! Dio vivente, possedendo in noi stessi Cristo, per mezzo dello Spirito Santo. Il Signore ha fondato la Chiesa, ed egli stesso è il fondamento sul quale anche noi, come pietre pregiate e preziose, veniamo edificati in tempio santo, dimora di Dio, per mezzo dello Spirito (cfr. Ef 2,20-22).
Salda è pertanto la Chiesa, che ha Cristo quale fondamento, e inamovibile è la sua base. Dice infatti la Scrittura: «Ecco, io pongo in Sion una pietra angolare,scelta, preziosa e chi crede in essa non resterà confuso» (1 Pt 2,6). Egli, avendo fondato la Chiesa, liberò il suo popolo dalla schiavitù: liberò dal peccato e custodì noi che eravamo oppressi sulla terra dalla tirannide di Satana, e ci sottomise al suo giogo; e questo senza prezzo né doni. Dice infatti il suo discepolo: «Non a prezzo di cose corruttibili, come l'argento e l'oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia» . Egli dunque versò per noi il suo sangue: non apparteniamo più a noi stessi, ma a lui che ci ha comprati e riscattati.
Perciò molto giustamente, coloro che trasgrediscono la retta norma della vera fede, sono accusati dalla voce dei santi come negatori del Dio che li ha redenti.
Dal «Commento sul profeta Isaia» di san Cirillo di Alessandria, vescovo.
2. La donna di Betania, esempio per i battezzati
Leggiamo piú avanti in questa stessa lezione del Vangelo: "Stando egli a Betania in casa di Simone il lebbroso, e mentre era a tavola, venne una donna con un vasetto di alabastro di profumo di nardo puro" (Mc 14,3). Questa donna interessa in modo speciale voi, che state per ricevere il battesimo. Essa ha rotto il suo vasetto, affinché Cristo faccia di voi tanti cristi, cioè unti. Ecco infatti quanto sta scritto nel Cantico dei Cantici: "Un profumo olezzante è il tuo nome, per questo ti hanno desiderato le donzelle; corriamo dietro a te, nell`odore del tuo profumo" (Ct 1,2). Finché il profumo era rinchiuso e non si diffondeva, finché Dio era conosciuto soltanto in Giudea e soltanto in Israele era grande il suo nome (cf. Sal 75,2), le donzelle non seguivano Gesú. Ma quando il suo profumo si diffonde in tutta la terra, le giovani anime dei credenti seguono il Salvatore.
«Stando egli a Betania in casa di Simone il lebbroso». Nella nostra lingua, Betania significa casa dell`obbedienza. E perché la dimora di Simone il lebbroso è in Betania, cioè nella casa dell`obbedienza? E che cosa faceva il Signore nella casa del lebbroso? Ma egli era venuto nella casa del lebbroso per purificarlo. E` detto lebbroso, non perché lo è ancora, ma perché lo è stato. Era lebbroso prima di ricevere il Signore: ma dopo aver ricevuto il Signore, dopo che il vasetto di unguento è stato aperto, la lebbra è scacciata. Egli mantiene il nome che aveva prima, per ricordare il miracolo del Salvatore. Per lo stesso motivo anche gli apostoli conservano i loro vecchi nomi, perché sia manifesto il potere di chi li chiamò e li fece diventare apostoli: per questo Matteo, che era stato pubblicano e divenne poi apostolo, vien chiamato pubblicano anche dopo essere divenuto apostolo; non perché era ancora pubblicano, ma perché da pubblicano fu trasformato in apostolo. Resta insomma il nome antico perché sia manifesto il potere del Signore: cosí anche Simone è chiamato con l`antico nome di lebbroso per ricordare che è stato guarito dal Signore.
«Venne una donna con un vasetto di alabastro di profumo». I farisei e gli scribi stanno nel tempio, e non hanno il profumo: questa donna è fuori del tempio e porta il profumo, porta il nardo, un vasetto di nardo con cui è confezionato il suo profumo. Anche voi fedeli, che siete chiamati, siete come un profumo di nardo. La Chiesa, raccolta tra tutte le genti, offre infatti ai Salvatore i suoi doni, cioè la fede dei credenti. Essa rompe il vasetto di alabastro, affinché tutti ricevano il profumo, si rompe il vasetto, che prima in Giudea era tenuto rigorosamente chiuso. Si apre il vasetto, ripeto: come il chicco di grano non fa frutti se non è sepolto e marcisce in terra, cosí se non viene aperto il vasetto di alabastro, non potremo essere unti (cf. Gv 12,24).
"E glielo versò sul capo" (Mc 14,3). Questa donna che rompe il vasetto di alabastro e versa il profumo sul suo capo, non è la stessa donna, di cui si parla in un altro Vangelo, che lavò i piedi del Signore (cf. Lc 7,37). Quella, che era una prostituta e una peccatrice, abbraccia soltanto i piedi; questa, quasi santa gli abbraccia il capo. Quella, come prostituta, bagna con le sue lacrime i piedi del Salvatore e li asciuga con i capelli: sembra che lavi con le lacrime i piedi del Signore, ma in realtà lava i suoi peccati. I sacerdoti e i farisei non baciano il Signore; invece questa donna gli bacia i piedi. Fate anche voi cosí, voi che state per ricevere il battesimo, poiché tutti siamo sotto il peccato e "nessuno è senza peccato, anche se la sua vita è durata un solo giorno" (Gb 14,4) "e contro i suoi angeli - ciascuno - oppone qualcosa di perverso (ibid.)". Fate anche voi cosí: dapprima abbracciate i piedi del Salvatore, lavateli con le lacrime asciugateli con i capelli, e quando avrete fatto questo, innalzatevi alla sua testa.
(Girolamo, Comment. in Marc., 10)
3. Ad imitazione di Cristo, immoliamo noi stessi a Dio in sacrificio di lode
Saremo partecipi della Pasqua, ora ancora in figura, sia pure piú chiaramente che nell`antica legge (la Pasqua legale: oso dire una figura di un`altra figura, giuoco d`ombre); ma un giorno, quando il Verbo berrà con noi il calice nuovo nel regno del Padre, parteciperemo piú perfettamente e con vista piú chiara, perché allora il Verbo mostrerà ciò che ora ci ha fatto vedere meno pienamente. Quale sia quella bevanda e visione noi possiamo farne parola, ma lui deve dar la dottrina e insegnarla ai discepoli. La dottrina, infatti, è cibo di quello stesso che ci alimenta. Suvvia, facciamoci partecipi della legge, ma in senso evangelico, non letterale, in un senso perfetto ed eterno. Prendiamo per capitale non la terrena Gerusalemme, ma la città celeste; non quella, dico, che è percorsa da eserciti, ma quella che è lodata dagli angeli. Sacrifichiamo non vitelli né agnelli che mostrano corna e unghie, cose ormai senza senso; ma immoliamo a Dio, insieme ai cori celesti un sacrificio di lode. Attraversiamo il primo velo, accostiamoci al secondo, guardiamo nel "Sancta sanctorum" e, dirò di piú, immoliamo noi stessi a Dio; immoliamoci ogni giorno, immoliamo tutti i nostri movimenti. Accettiamo tutto per amore del Verbo, imitiamo attraverso le nostre passioni la Passione col nostro sangue onoriamo il Sangue, saliamo con decisione la croce. I chiodi son dolci, anche se molto acerbi. E` meglio soffrir con Cristo, che accompagnarsi agli altri nel piacere.
Se sei Simone Cireneo, prendi la croce e segui il Maestro. Se, come il ladro, sei appeso alla croce, da uomo onesto, riconosci Dio: se lui per te e per i tuoi peccati è stato aggregato agli empi, tu, per lui, fatti giusto. Adora colui che è stato per tua colpa sospeso a un legno; e, se tu stai appeso, ricava un vantaggio dalla tua malvagità, compra la salvezza con la morte, entra in Paradiso con Gesú, per capire da quale altezza eri caduto. Contempla quelle bellezze; lascia che il mormoratore muoia fuori con la sua bestemmia. Se sei Giuseppe d`Arimatea, chiedi il corpo a chi lo crocifisse, fai tuo il corpo che ha espiato i peccati del mondo. Se sei Nicodemo, quel notturno ammiratore di Dio, ungilo con funebri unguenti. Se sei una Maria, o altra Maria, o Salome, o Giovanna versa lagrime alla prima luce. Fa` in modo da poter vedere la tomba scoperchiata, o forse gli angeli, o perfino lo stesso Gesú. Di` qualche cosa, sta` a sentire. Se dirà: - "Non mi toccare" tieniti lontana. Adora il Verbo, ma non piangere. Egli sa da chi dev`essere visto per primo. Celebra le primizie della risurrezione; va` incontro ad Eva, che cadde per prima e per prima vide Cristo e avvertí i discepoli. Imita Pietro o Giovanni, corri al sepolcro, insieme e a gara, in onesta emulazione. Se sarai primo, vinci in amore, non piegarti, guardando da fuori; entra. Se, come Tommaso sarai lontano dal gruppo dei discepoli che videro il Risorto, dopo che l`avrai visto anche tu, non rifiutar la tua fede.
(Gregorio di Nazianzo, Oratio XLV, in Pascha, 23-25)
4. Omelia per la Domenica delle Palme
Salendo nostro Signore Gesú Cristo verso Gerusalemme, sei giorni prima della sua Passione, una folla numerosa, che si era adunata a Gerusalemme per celebrare la Pasqua secondo il precetto di Mosè, gli corse incontro portando rami di palme (cf. Gv 12,12-13), per proclamare con quel mezzo la sua vittoria, quasi si trattasse di un re terreno del popolo d`Israele. Per un costume antico, infatti, si suole donare una palma ai vincitori. Alcuni peraltro, in quella stessa folla, spezzavano rami d`albero (cf. Mt 21,8), soprattutto di ulivo, accadendo la cosa nei pressi del monte degli Ulivi, e li portavano dove occorreva, per stendere un tappeto sulla via del Signore che si avvicinava. Da qui deriva l`usanza della festa di portare in mano in questo giorno, cantando, rami di palma o d`ulivo, e di denominare detta festa «Rami di palma» o «Rami d`ulivo».
Non è però privo di profondo significato il fatto di portare i rami di questi alberi. L`ulivo, in effetti, che contiene nel suo frutto di che curare dolori e fatiche, rappresenta le opere di misericordia - e misericordia in greco si dice appunto "oleos".
Quanto alla palma, il suo tronco è rugoso, ma vanta al suo termine, cioè alla sua cima, una bellissima acconciatura, mostrando cosí che dobbiamo elevarci passando per le asprezze di questa vita fino agli splendori della patria celeste. Ecco perché anche David, il profeta salmista, canta a proposito del giusto: "Il giusto fiorirà come palma" (Sal 91,13). Teniamo perciò in mano i rami d`ulivo, mostrando nei nostri atti la misericordia. Prendiamo anche rami di palma, in modo da attendere, come premio della misericordia, non terrene consolazioni, ma la bellezza della patria di lassú, dove ci precede Cristo nostro Signore egli che è, secondo l`affermazione dell`Apostolo, "il termine della legge, perché sia giustificato chiunque crede" (Rm 10,4).
Non trascuriamo poi il versetto del salmo che la folla cantava, applicandolo al Signore: Osanna nell`alto dei cieli, benedetto colui che viene nel nome del Signore, osanna nell`alto dei cieli (cf. Mt 21,9). La venuta del Signore nella carne fu, in effetti, causa di salveza non solo per gli uomini sulla terra, ma anche per gli angeli in cielo, poiché, mentre gli uomini sono salvati sulla terra, il numero degli angeli, diminuito con la caduta del diavolo, è completato in cielo. "Osanna nell`alto lei cieli" significa quindi: Salvaci, tu che sei anche la salvezza nei cieli. E perché chiedevano tale salvezza con molta devozione, ripeterono quelle parole e dissero per la seconda volta: Osanna nell`alto dei cieli.
Che Cristo benedetto, Signore [nostro] vi accordi dunque di pervenire a quella salvezza, lui che viene nel nome di Dio Padre, con il quale vive e regna, Dio, nei secoli dei secoli. Amen.
(Anonimo IX secolo, Sermo XI, in Ramis palmarum, 1-3)
5. Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele
Venite, e saliamo insieme sul monte degli Ulivi, e andiamo incontro a Cristo che oggi ritorna da Betània e si avvicina spontaneamente alla venerabile e beata passione, per compiere il mistero della nostra salvezza.
Viene di sua spontanea volontà verso Gerusalemme. E' disceso dal cielo, per farci salire con sé lassù «al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare» (Ef 1, 21). Venne non per conquistare la gloria, non nello sfarzo e nella spettacolarità, «Non contenderà», dice, «né griderà, né si udrà sulle piazze la sua voce» (Mt 12, 19). Sarà mansueto e umile, ed entrerà con un vestito dimesso e in condizione di povertà.
Corriamo anche noi insieme a colui che si affretta verso la passione, e imitiamo coloro che gli andarono incontro. Non però per stendere davanti a lui lungo il suo cammino rami d'olivo o di palme, tappeti o altre cose del genere, ma come per stendere in umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi ai suoi piedi le nostre persone. Accogliamo così il Verbo di Dio che si avanza e riceviamo in noi stessi quel Dio che nessun luogo può contenere.
Egli, che è la mansuetudine stessa, gode i venire a noi mansueto. Sale, per così dire, sopra il crepuscolo del nostro orgoglio, o meglio entra nell'ombra della nostra infinita bassezza, si fa nostro intimo, diventa uno di noi per sollevarci e ricondurci a sé. Egli salì «verso oriente sopra i cieli dei cieli» (cfr. Sal 67, 34) cioè al culmine della gloria e del suo trionfo divino, come principio e anticipazione della nostra condizione futura. Tuttavia non abbandona il genere umano perché lo ama, perché vuole sublimare con sé la natura umana, innalzandola dalle bassezze della terra verso la gloria. Stendiamo, dunque, umilmente innanzi a Cristo noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati e le verdi fronde che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate a perdere, con la linfa, anche il loro verde. Stendiamo noi stessi rivestiti della sua grazia, o meglio, di tutto lui stesso poiché quanti siamo stati battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di Cristo (cfr. Gal 3, 27) e prostriamoci ai suoi piedi come tuniche distese.
Per il peccato eravamo prima rossi come scarlatto, poi in virtù del lavacro battesimale della salvezza, siamo arrivati al candore della lana per poter offrire al vincitore della morte non più semplici rami di palma, ma trofei di vittoria. Agitando i rami spirituali dell'anima, anche noi ogni giorno, assieme ai fanciulli, acclamiamo santamente: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele».
Dai «Discorsi» di sant'Andrea di Creta, vescovo
Lunedì 23 marzo 2015
Abbazia Santa Maria di Pulsano
Evangelo della processione: Mc 11,1-11
1. Ecco il Re giusto
«Ecco, un re regnerà secondo giustizia e i principi governeranno secondo il diritto» (Is 32,1). L'Unigenito Verbo di Dio era il Re universale insieme a Dio Padre e, venendo, sottomise ogni creatura visibile e invisibile. E benché l'uomo terrestre, allontanandosi e svincolandosi dal suo regno, avesse tenuto in sì poco conto i suoi comandi da lasciarsi irretire dalla mano dominatrice del diavolo coi lacci del peccato, egli, amministratore ed
elargitore di ogni giustizia, lo sottomise nuovamente al suo giogo. Rette infatti sono tutte le sue vie.
Diciamo vie di Cristo i detti evangelici, per mezzo dei quali tendiamo a ogni virtù e, ornando il nostro capo con le insegne della pietà,giungiamo al premio della superna vocazione. Davvero rette queste vie, nulla di fallace e perverso è in esse: sono diritte e lineari. È scritto infatti: Il sentiero del giusto è diritto, e piano il suo cammino (cfr. Is 26,7).
In realtà, la via della legge è dura, perché passa per molti simboli e figure, e di una intollerabile difficoltà. Al contrario, la via dei precetti evangelici è agevole e non presenta nulla di aspro o di scabroso.
Rette sono dunque le vie di Cristo, che edificò la santa città, la Chiesa, nella quale egli stesso dimorargli infatti abita nei santi, e noi siamo divenuti tempio de! Dio vivente, possedendo in noi stessi Cristo, per mezzo dello Spirito Santo. Il Signore ha fondato la Chiesa, ed egli stesso è il fondamento sul quale anche noi, come pietre pregiate e preziose, veniamo edificati in tempio santo, dimora di Dio, per mezzo dello Spirito (cfr. Ef 2,20-22).
Salda è pertanto la Chiesa, che ha Cristo quale fondamento, e inamovibile è la sua base. Dice infatti la Scrittura: «Ecco, io pongo in Sion una pietra angolare,scelta, preziosa e chi crede in essa non resterà confuso» (1 Pt 2,6). Egli, avendo fondato la Chiesa, liberò il suo popolo dalla schiavitù: liberò dal peccato e custodì noi che eravamo oppressi sulla terra dalla tirannide di Satana, e ci sottomise al suo giogo; e questo senza prezzo né doni. Dice infatti il suo discepolo: «Non a prezzo di cose corruttibili, come l'argento e l'oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia» . Egli dunque versò per noi il suo sangue: non apparteniamo più a noi stessi, ma a lui che ci ha comprati e riscattati.
Perciò molto giustamente, coloro che trasgrediscono la retta norma della vera fede, sono accusati dalla voce dei santi come negatori del Dio che li ha redenti.
Dal «Commento sul profeta Isaia» di san Cirillo di Alessandria, vescovo.
2. La donna di Betania, esempio per i battezzati
Leggiamo piú avanti in questa stessa lezione del Vangelo: "Stando egli a Betania in casa di Simone il lebbroso, e mentre era a tavola, venne una donna con un vasetto di alabastro di profumo di nardo puro" (Mc 14,3). Questa donna interessa in modo speciale voi, che state per ricevere il battesimo. Essa ha rotto il suo vasetto, affinché Cristo faccia di voi tanti cristi, cioè unti. Ecco infatti quanto sta scritto nel Cantico dei Cantici: "Un profumo olezzante è il tuo nome, per questo ti hanno desiderato le donzelle; corriamo dietro a te, nell`odore del tuo profumo" (Ct 1,2). Finché il profumo era rinchiuso e non si diffondeva, finché Dio era conosciuto soltanto in Giudea e soltanto in Israele era grande il suo nome (cf. Sal 75,2), le donzelle non seguivano Gesú. Ma quando il suo profumo si diffonde in tutta la terra, le giovani anime dei credenti seguono il Salvatore.
«Stando egli a Betania in casa di Simone il lebbroso». Nella nostra lingua, Betania significa casa dell`obbedienza. E perché la dimora di Simone il lebbroso è in Betania, cioè nella casa dell`obbedienza? E che cosa faceva il Signore nella casa del lebbroso? Ma egli era venuto nella casa del lebbroso per purificarlo. E` detto lebbroso, non perché lo è ancora, ma perché lo è stato. Era lebbroso prima di ricevere il Signore: ma dopo aver ricevuto il Signore, dopo che il vasetto di unguento è stato aperto, la lebbra è scacciata. Egli mantiene il nome che aveva prima, per ricordare il miracolo del Salvatore. Per lo stesso motivo anche gli apostoli conservano i loro vecchi nomi, perché sia manifesto il potere di chi li chiamò e li fece diventare apostoli: per questo Matteo, che era stato pubblicano e divenne poi apostolo, vien chiamato pubblicano anche dopo essere divenuto apostolo; non perché era ancora pubblicano, ma perché da pubblicano fu trasformato in apostolo. Resta insomma il nome antico perché sia manifesto il potere del Signore: cosí anche Simone è chiamato con l`antico nome di lebbroso per ricordare che è stato guarito dal Signore.
«Venne una donna con un vasetto di alabastro di profumo». I farisei e gli scribi stanno nel tempio, e non hanno il profumo: questa donna è fuori del tempio e porta il profumo, porta il nardo, un vasetto di nardo con cui è confezionato il suo profumo. Anche voi fedeli, che siete chiamati, siete come un profumo di nardo. La Chiesa, raccolta tra tutte le genti, offre infatti ai Salvatore i suoi doni, cioè la fede dei credenti. Essa rompe il vasetto di alabastro, affinché tutti ricevano il profumo, si rompe il vasetto, che prima in Giudea era tenuto rigorosamente chiuso. Si apre il vasetto, ripeto: come il chicco di grano non fa frutti se non è sepolto e marcisce in terra, cosí se non viene aperto il vasetto di alabastro, non potremo essere unti (cf. Gv 12,24).
"E glielo versò sul capo" (Mc 14,3). Questa donna che rompe il vasetto di alabastro e versa il profumo sul suo capo, non è la stessa donna, di cui si parla in un altro Vangelo, che lavò i piedi del Signore (cf. Lc 7,37). Quella, che era una prostituta e una peccatrice, abbraccia soltanto i piedi; questa, quasi santa gli abbraccia il capo. Quella, come prostituta, bagna con le sue lacrime i piedi del Salvatore e li asciuga con i capelli: sembra che lavi con le lacrime i piedi del Signore, ma in realtà lava i suoi peccati. I sacerdoti e i farisei non baciano il Signore; invece questa donna gli bacia i piedi. Fate anche voi cosí, voi che state per ricevere il battesimo, poiché tutti siamo sotto il peccato e "nessuno è senza peccato, anche se la sua vita è durata un solo giorno" (Gb 14,4) "e contro i suoi angeli - ciascuno - oppone qualcosa di perverso (ibid.)". Fate anche voi cosí: dapprima abbracciate i piedi del Salvatore, lavateli con le lacrime asciugateli con i capelli, e quando avrete fatto questo, innalzatevi alla sua testa.
(Girolamo, Comment. in Marc., 10)
3. Ad imitazione di Cristo, immoliamo noi stessi a Dio in sacrificio di lode
Saremo partecipi della Pasqua, ora ancora in figura, sia pure piú chiaramente che nell`antica legge (la Pasqua legale: oso dire una figura di un`altra figura, giuoco d`ombre); ma un giorno, quando il Verbo berrà con noi il calice nuovo nel regno del Padre, parteciperemo piú perfettamente e con vista piú chiara, perché allora il Verbo mostrerà ciò che ora ci ha fatto vedere meno pienamente. Quale sia quella bevanda e visione noi possiamo farne parola, ma lui deve dar la dottrina e insegnarla ai discepoli. La dottrina, infatti, è cibo di quello stesso che ci alimenta. Suvvia, facciamoci partecipi della legge, ma in senso evangelico, non letterale, in un senso perfetto ed eterno. Prendiamo per capitale non la terrena Gerusalemme, ma la città celeste; non quella, dico, che è percorsa da eserciti, ma quella che è lodata dagli angeli. Sacrifichiamo non vitelli né agnelli che mostrano corna e unghie, cose ormai senza senso; ma immoliamo a Dio, insieme ai cori celesti un sacrificio di lode. Attraversiamo il primo velo, accostiamoci al secondo, guardiamo nel "Sancta sanctorum" e, dirò di piú, immoliamo noi stessi a Dio; immoliamoci ogni giorno, immoliamo tutti i nostri movimenti. Accettiamo tutto per amore del Verbo, imitiamo attraverso le nostre passioni la Passione col nostro sangue onoriamo il Sangue, saliamo con decisione la croce. I chiodi son dolci, anche se molto acerbi. E` meglio soffrir con Cristo, che accompagnarsi agli altri nel piacere.
Se sei Simone Cireneo, prendi la croce e segui il Maestro. Se, come il ladro, sei appeso alla croce, da uomo onesto, riconosci Dio: se lui per te e per i tuoi peccati è stato aggregato agli empi, tu, per lui, fatti giusto. Adora colui che è stato per tua colpa sospeso a un legno; e, se tu stai appeso, ricava un vantaggio dalla tua malvagità, compra la salvezza con la morte, entra in Paradiso con Gesú, per capire da quale altezza eri caduto. Contempla quelle bellezze; lascia che il mormoratore muoia fuori con la sua bestemmia. Se sei Giuseppe d`Arimatea, chiedi il corpo a chi lo crocifisse, fai tuo il corpo che ha espiato i peccati del mondo. Se sei Nicodemo, quel notturno ammiratore di Dio, ungilo con funebri unguenti. Se sei una Maria, o altra Maria, o Salome, o Giovanna versa lagrime alla prima luce. Fa` in modo da poter vedere la tomba scoperchiata, o forse gli angeli, o perfino lo stesso Gesú. Di` qualche cosa, sta` a sentire. Se dirà: - "Non mi toccare" tieniti lontana. Adora il Verbo, ma non piangere. Egli sa da chi dev`essere visto per primo. Celebra le primizie della risurrezione; va` incontro ad Eva, che cadde per prima e per prima vide Cristo e avvertí i discepoli. Imita Pietro o Giovanni, corri al sepolcro, insieme e a gara, in onesta emulazione. Se sarai primo, vinci in amore, non piegarti, guardando da fuori; entra. Se, come Tommaso sarai lontano dal gruppo dei discepoli che videro il Risorto, dopo che l`avrai visto anche tu, non rifiutar la tua fede.
(Gregorio di Nazianzo, Oratio XLV, in Pascha, 23-25)
4. Omelia per la Domenica delle Palme
Salendo nostro Signore Gesú Cristo verso Gerusalemme, sei giorni prima della sua Passione, una folla numerosa, che si era adunata a Gerusalemme per celebrare la Pasqua secondo il precetto di Mosè, gli corse incontro portando rami di palme (cf. Gv 12,12-13), per proclamare con quel mezzo la sua vittoria, quasi si trattasse di un re terreno del popolo d`Israele. Per un costume antico, infatti, si suole donare una palma ai vincitori. Alcuni peraltro, in quella stessa folla, spezzavano rami d`albero (cf. Mt 21,8), soprattutto di ulivo, accadendo la cosa nei pressi del monte degli Ulivi, e li portavano dove occorreva, per stendere un tappeto sulla via del Signore che si avvicinava. Da qui deriva l`usanza della festa di portare in mano in questo giorno, cantando, rami di palma o d`ulivo, e di denominare detta festa «Rami di palma» o «Rami d`ulivo».
Non è però privo di profondo significato il fatto di portare i rami di questi alberi. L`ulivo, in effetti, che contiene nel suo frutto di che curare dolori e fatiche, rappresenta le opere di misericordia - e misericordia in greco si dice appunto "oleos".
Quanto alla palma, il suo tronco è rugoso, ma vanta al suo termine, cioè alla sua cima, una bellissima acconciatura, mostrando cosí che dobbiamo elevarci passando per le asprezze di questa vita fino agli splendori della patria celeste. Ecco perché anche David, il profeta salmista, canta a proposito del giusto: "Il giusto fiorirà come palma" (Sal 91,13). Teniamo perciò in mano i rami d`ulivo, mostrando nei nostri atti la misericordia. Prendiamo anche rami di palma, in modo da attendere, come premio della misericordia, non terrene consolazioni, ma la bellezza della patria di lassú, dove ci precede Cristo nostro Signore egli che è, secondo l`affermazione dell`Apostolo, "il termine della legge, perché sia giustificato chiunque crede" (Rm 10,4).
Non trascuriamo poi il versetto del salmo che la folla cantava, applicandolo al Signore: Osanna nell`alto dei cieli, benedetto colui che viene nel nome del Signore, osanna nell`alto dei cieli (cf. Mt 21,9). La venuta del Signore nella carne fu, in effetti, causa di salveza non solo per gli uomini sulla terra, ma anche per gli angeli in cielo, poiché, mentre gli uomini sono salvati sulla terra, il numero degli angeli, diminuito con la caduta del diavolo, è completato in cielo. "Osanna nell`alto lei cieli" significa quindi: Salvaci, tu che sei anche la salvezza nei cieli. E perché chiedevano tale salvezza con molta devozione, ripeterono quelle parole e dissero per la seconda volta: Osanna nell`alto dei cieli.
Che Cristo benedetto, Signore [nostro] vi accordi dunque di pervenire a quella salvezza, lui che viene nel nome di Dio Padre, con il quale vive e regna, Dio, nei secoli dei secoli. Amen.
(Anonimo IX secolo, Sermo XI, in Ramis palmarum, 1-3)
5. Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele
Venite, e saliamo insieme sul monte degli Ulivi, e andiamo incontro a Cristo che oggi ritorna da Betània e si avvicina spontaneamente alla venerabile e beata passione, per compiere il mistero della nostra salvezza.
Viene di sua spontanea volontà verso Gerusalemme. E' disceso dal cielo, per farci salire con sé lassù «al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare» (Ef 1, 21). Venne non per conquistare la gloria, non nello sfarzo e nella spettacolarità, «Non contenderà», dice, «né griderà, né si udrà sulle piazze la sua voce» (Mt 12, 19). Sarà mansueto e umile, ed entrerà con un vestito dimesso e in condizione di povertà.
Corriamo anche noi insieme a colui che si affretta verso la passione, e imitiamo coloro che gli andarono incontro. Non però per stendere davanti a lui lungo il suo cammino rami d'olivo o di palme, tappeti o altre cose del genere, ma come per stendere in umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi ai suoi piedi le nostre persone. Accogliamo così il Verbo di Dio che si avanza e riceviamo in noi stessi quel Dio che nessun luogo può contenere.
Egli, che è la mansuetudine stessa, gode i venire a noi mansueto. Sale, per così dire, sopra il crepuscolo del nostro orgoglio, o meglio entra nell'ombra della nostra infinita bassezza, si fa nostro intimo, diventa uno di noi per sollevarci e ricondurci a sé. Egli salì «verso oriente sopra i cieli dei cieli» (cfr. Sal 67, 34) cioè al culmine della gloria e del suo trionfo divino, come principio e anticipazione della nostra condizione futura. Tuttavia non abbandona il genere umano perché lo ama, perché vuole sublimare con sé la natura umana, innalzandola dalle bassezze della terra verso la gloria. Stendiamo, dunque, umilmente innanzi a Cristo noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati e le verdi fronde che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate a perdere, con la linfa, anche il loro verde. Stendiamo noi stessi rivestiti della sua grazia, o meglio, di tutto lui stesso poiché quanti siamo stati battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di Cristo (cfr. Gal 3, 27) e prostriamoci ai suoi piedi come tuniche distese.
Per il peccato eravamo prima rossi come scarlatto, poi in virtù del lavacro battesimale della salvezza, siamo arrivati al candore della lana per poter offrire al vincitore della morte non più semplici rami di palma, ma trofei di vittoria. Agitando i rami spirituali dell'anima, anche noi ogni giorno, assieme ai fanciulli, acclamiamo santamente: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele».
Dai «Discorsi» di sant'Andrea di Creta, vescovo
Lunedì 23 marzo 2015
Abbazia Santa Maria di Pulsano
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