D. Gianni Mazzali SDB"PER LE SUE PIAGHE NOI SIAMO STATI GUARITI"

3 aprile 2015 | VENERDI' SANTO: iN COENA DOMINI
C'è un dolore che travolge fino alla morte e c'è una sofferenza che purifica, che libera e salva. Sperimentare il dolore, la sofferenza fisica e morale è esperienza universale, come nessuno può sottrarsi o dichiararsi estraneo alla realtà della morte. Oggi la Parola indaga nella sofferenza di Gesù, il Figlio di Dio, crocifisso e ucciso. Lasciamoci penetrare da un'oscurità e da un silenzio che sono chiari ed eloquenti per la nostra vita.
Portava il peccato di molti

Una pagina mirabile scrive il secondo autore del Libro di Isaia, bella nel suo andamento poetico e quasi insondabile nei suoi significati. Un'aura protettiva, di mistero, avvolge la figura di questo servo che soffre "disprezzato e reietto dagli uomini". Non ci è dato conoscere chi egli sia, quale sia la sua storia e tuttavia egli penetra dentro di noi, ci provoca, ci scuote. E' solo, disprezzato dagli uomini, percosso da Dio e noi non possiamo fare a meno di chiederci perché tanta sofferenza, tanto abbandono. Perché questa umiliazione nei suoi confronti anche da parte di Dio.
Anche se stentiamo a capirla ed interpretarla per quello che ci vuole dire in se stessa, ci sentiamo quasi costretti ad accostare questa pagina all'esperienza di Cristo. Ci appare, senza forzature, una passione in anteprima: la passione di Cristo secondo Isaia. Ne restiamo confusi e allo stesso tempo rassicurati: il profeta, nel portare consolazione al popolo provato dalla schiavitù dell'esilio, ha visto Gesù, ha contemplato, magari in forma inconsapevole, le sofferenza, la passione redentrice dell'uomo-Dio "Il castigo che ci da' salvezza si è abbattuto su di lui". E' la profezia, la visione di Cristo, dell'agnello condotto al macello, eliminato dalla terra dei viventi e "percosso a morte".
Ci viene spontaneo adorare in silenzio il servo sofferente di Yahweh che ha portato su di sé, fino ad esserne schiacciato, le nostre colpe. Sentiamo che qui c'è Gesù che si è fatto peccato per distruggere la forza malvagia del male.

Imparò l'obbedienza da ciò che patì

L'obbedienza e la sottomissione di Cristo restano per noi talmente contrari ai nostri parametri umani da sconfiggere ogni tentativo di interpretazione. Perché il Padre ha chiesto a suo figlio un'obbedienza così disumana, così irragionevole, verrebbe da dire così crudele? Avrebbe potuto risparmiargliela, ma non l'ha fatto. E Cristo ha gridato, ha pianto, ha provato angoscia e solitudine, svuotato e oppresso fino all'ultimo: "tutto è compiuto".
"Reso perfetto divenne causa di salvezza per tutti". Davvero Gesù è il figlio perfetto, il servo obbediente, il salvatore "messo alla prova in ogni cosa, escluso il peccato". L'obbedienza fino all'ultimo, l'obbedienza estrema è la strada di Cristo e, in lui, è la nostra strada, percorrendo la quale, l'uomo ritrova se stesso e ricompone i pezzi di un'esistenza frantumata. L'obbedienza di Cristo illumina e trasfigura il dolore e la debolezza dell'uomo.

E' compiuto

Ogni parola, ogni più sublime pensiero s'arrestano di fronte all'ultimo respiro di Cristo crocifisso che si consegna al Padre, dopo aver donato tutto. Il Venerdì Santo è il giorno del dolore, della sconfitta, della contraddizione. Nel Cristo morto sembra essere morta la speranza. La croce è la sconfitta di Dio. Cristo viene deposto dalla croce e sigillato in una tomba nuova. Davvero tutto è compiuto. C'è un profondo silenzio che pare tuttavia un preludio. C'è un ultimo grido di dolore che ci pare richiamare un canto di gioia. Nella morte di Cristo si cela una nuova vita.

"O Signore,
disceso dalla Croce raggiungi l'uomo in lacrime,
per dirgli che l'hai amato fino in fondo". (P. Griolet)
D. Gianni Mazzali SDB

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