D. Gianni Mazzali SDB"SEGUIRE GESU'"

22 marzo 2015 | 5a Domenica - Tempo di Quaresima B  | Omelia
V DOMENICA DI QUARESIMA ANNO B
Ci troviamo spesso ad un bivio, forse anche ad un quadrivio, nel cammino della nostra vita, incerti verso quale meta dirigerci, insicuri se stiamo imbroccando la strada giusta o piuttosto
un sentiero che ci confonde, ci fa smarrire. In questi stati d'animo sentiamo un profondo bisogno di guardare a qualcuno, di seguire qualcuno che ci preceda, che ci indichi il percorso giusto, che ci rassicuri. La Parola oggi quasi ci incalza a puntare l'obiettivo su Gesù, a contemplarlo, a seguirlo nel suo cammino verso il Calvario, verso il mattino di Pasqua.

La legge sul cuore, nel cuore della legge

Lo abbiamo sottolineato le scorse domeniche da diversi punti di vista: Dio ha scelto, nella sua infinita libertà, di essere l'alleato del popolo di Israele. Non solo, ma di mantenere viva quest'alleanza nonostante la ricorrente e mortificante infedeltà del popolo e dei singoli israeliti. Ci sorprende e ci commuove questa incomprensibile determinazione di Dio di essere fedele, nonostante i traviamenti, le provocazioni, la persistente ribellione di un popolo recalcitrante. Le espressioni di Dio, interpretate e riportate oggi dal profeta Geremia, ci sembrano addirittura irragionevoli, esagerate: "Questa sarà l'alleanza che concluderò con la casa d'Israele dopo quei giorni, porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore".
Mi verrebbe quasi da dire: "Ma ancora un'altra alleanza, Signore, dopo quella con Noè, con Abramo, con Mosè? Ma non ti sei stancato, Signore, non ti sei sentito snobbato e preso in giro?". E' importante non lasciarci prendere dalla nostra emotività umana, dai nostri parametri. Perché qui incontriamo la misura di Dio. E Dio si dirige al cuore. Prima vi sono stati altri segni: gli animali squartati, l'arcobaleno, il sangue del sacrificio. Ora Dio vuole scrivere la sua alleanza, il suo amore ad oltranza sul nostro cuore, il motore della nostra vita. Vuole che noi lo sentiamo nostro alleato nel più profondo di noi stessi, non nelle periferie dei nostri interessi, delle nostre prevaricazioni, dei nostri capricci. Il nostro cuore reca, con inchiostro indelebile, l'indistruttibile volontà di Dio: "Io sono il tuo alleato per sempre. Ti ho amato da sempre e ti voglio amare per sempre".
Il nostro DNA spirituale reca questo documento indistruttibile scolpito sul cuore. La nostra risposta può venire solo dal cuore, dal più profondo del nostro essere, dal motore che ci mantiene in vita e che suscita in noi i sentimenti che ci muovono e ci commuovono. Dio vuole questa alleanza del cuore che svela il senso più profondo della legge. Dio davvero ci provoca con il suo amore e suscita, stimola in noi una risposta che ha senso soltanto se restituita nell'amore.

Un'obbedienza che ci rende figli

L'accenno così intenso, così coinvolgente che abbiamo fatto al cuore non ci deve tuttavia confondere. La risposta che Dio ci chiede non riguarda in primo luogo la nostra emotività, la percezione di sentirci soddisfatti, realizzati. La nostra risposta di amore nasce dalla vita, dal nostro quotidiano con le sue contraddizioni, i suoi trasporti, le assurdità che ci confondono, la sofferenza che ci fa piangere, gridare e disperare. L'impatto immediato con il "duro" quotidiano è di scrollarcelo di dosso, di rifiutarlo, di sentirlo, soprattutto quando il suo peso è insopportabile, come una violenza. Vorremmo sentirci amati, abbracciati ed invece quasi ci schiaffeggia, ci viola, la vita con il suo peso e le sue assurdità. Quasi ci confonde la percezione di una solitudine selvaggia, di un abbandono.
C'è una lezione grande da imparare. Dobbiamo guardare a Cristo, la nostra guida, per non perdere l'orientamento, per non crollare. Cristo ha pregato, ha supplicato, ha gridato, ha pianto per essere "salvato da morte". Ha sperimentato davvero il pesante fardello della fragile umanità e quindi, in Lui, possiamo capire il senso del nostro fardello. Soprattutto capiamo che Gesù, provocato nella sua fibra umana, non si è disperato, ma si è abbandonato: "per il suo pieno abbandono a Lui, venne esaudito".
Con le sole nostre risorse umane fatichiamo a capire perché il nostro sentiero è lastricato di patimenti, di dolore, di sconfitte. L'obbedienza di Cristo, del Figlio, ci aiuta a capire, ad accettare con dignità ad essere certi che la croce è preludio di salvezza. Non ci viene richiesta un'obbedienza irragionevole, ma un'obbedienza che sigla la nostra vera figliolanza e quindi l'ultima e definitiva vittoria dell'amore.

Morire per dare frutto

Una parola scomoda pronuncia Gesù ai Greci che lo vogliono vedere. C'è indubbiamente della curiosità culturale, oltre la quale Gesù vuole subito andare. Ma ciò senza preliminari, senza una catechesi di avvicinamento, quasi con una soavità "brutale": "se il chicco di grano, caduto in terra non muore, rimane solo, se invece muore produce molto frutto".
Grazie, Gesù, per essere stato nella storia e per continuare ad essere oggi nel tempo a noi affidato, la nostra guida, il nostro capo. E' difficile capire e vivere il senso positivo della morte a noi stessi, al nostro orgoglio, al nostro ricorrente peccato. Spesso ci risulta come una contraddizione. Ma ci fidiamo di te, del tuo esempio, della tua umanità ferita e brutalizzata e, seppur con fatica, continuiamo a seguirti, magari in lacrime, ma certi di camminare nella direzione giusta verso la meta.

"Fu nel momento della rottura che sentii quanto fossi legato a Cristo in tutte le fibre dell'essere". (Ignazio Silone)

D. Gianni Mazzali SDB

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