D. Severino GALLO sdb"GLI AMICI DI GESU' NELL'ORTO"

29 marzo 2015 | 6a Domenica: Le Palme - Tempo di Quaresima B | Omelia
Abbiamo meditato sulla Passione di Gesù, sconfinato abisso d'amore e di dolore. Sono pagine sconvolgenti, che dovrebbero dare una svolta decisiva alla nostra vita: vita per vita, amore per amore.
Purtroppo però può capitare anche a noi di ripetere gli stessi atteggiamenti degli amici di Gesù nell'orto del Getsemani. Egli ceca qualche consolazione almeno tra i suoi tre più cari amici, ed essi dormono. Li supplica di rimanere desti con lui; ma essi lo lasciano solo: se ne disinteressano fino al punto che si addormentano placidamente.
(Così Gesù è lasciato solo, solo in balìa della collera divina.
Gesù è solo sulla terra, non solamente a sentire e a portare la sua pena, ma solo a conoscerla: il cielo e lui sono i soli a conoscerla).
Gesù è in un giardino, non di delizie, come già il primo Adamo, che vi trovò la rovina per sé e per il genere umano; ma in un giardino di dolori, dove trova la salvezza per l'umanità.
Soffre quella pena e quella solitudine nell'orrore della notte.
Nessun essere umano è accanto a Gesù in quello strazio. Soltanto un angelo può confortarlo per qualche istante (Lc. 12,43); poi è la solitudine, l'abbandono, il tradimento.
Credo che Gesù si sia lamentato questa sola volta in vita sua, proprio perché non riuscì a contenere l'eccesso del suo dolore: "La mia anima è triste fino alla morte" (Mt. 26,38; Mc. 14,34).
(Gesù cerca compagnia e conforto presso gli uomini. Fatto unico questo, almeno credo, in tutta la sua vita. Ma anche questo gli è negato; i suoi discepoli dormono.
Dice Pascal: "Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo; per tutto questo tempo non bisogna dormire".

Gesù, mentre i discepoli dormivano, ha realizzato la loro salvezza. Lo ha fatto per ciascun giusto, mentre dormiva nel niente, prima della nascita; nei peccati, dopo la loro nascita).Gesù è triste: vede tutti i suoi amici addormentati, e i suoi nemici sveglie allora si abbandona completamente al Padre suo.
Gesù avvertì forse che anche noi ci allontanavamo indifferenti dal suo amore; o dormivamo placidi nel sonno dell'ignavia, o peggio ci preparavamo a rinnegarlo o a tradirlo.

a) Eravamo anche noi nel Getsemani con Giuda in qualche modo.

(La figura di Giuda è stata variamente interpretata. Qualcuno tra i romanzieri ha persino tentato di giustificarne il tradimento. Ma tutti, da Papini a Mauriac, a Daniel Rops, a Kolpstok, convengono nel considerare diabolico, inumano, innaturale il suo peccato. Negazione della divinità, cupidigia egoistica, ribellione superba).
Forse anche noi con Giuda chiediamo ai piaceri dei sensi: "Quanto mi potete dare?". E allora, il mondo, la carne, Satana ci offrono i 30 denari d'argento, miserabili monete di un istante, ma poi catena pesante, rovine, e disastro.

Gesù viene venduto, baciato ipocritamente in fronte. E poi? Avremo infine la gioia che abbiamo sperato da quella borsa infame? No: perché sopraggiunge la fuga, il rimorso, la sfiducia, la disperazione, il pazzo desiderio d'annichilamento.
Basterebbe un attimo di pentimento… E invece no. La fine di Giuda è di chi ha respinto il vero amore ed è giunto ad odiare se stesso.

b) Anche noi eravamo nel Getsemani con Pietro.

Come portavoce dell'umanità, l'Apostolo aveva detto a Gesù: "Allontanati da me, che sono un uomo peccatore".
Eppure aveva continuato ad essere un povero peccatore. Con tutte le sue generose doti di fiducia, d'obbedienza, d'attaccamento al Divin Maestro, aveva però continuato a mostrarsi violento ed ostinato, debole nella sua ostentazione di forza, pauroso nell'impulsività che si scambia per coraggio. Ma la sua presunzione, il non aver voluto evitare l'occasione, il rispetto umano preparano il suo rinnegamento.

Non stiamo forse facendo il nostro ritratto? Anche le nostre colpe sono come le sue parole accanto al fuoco, cioè meschine, vili e sacrileghe: davanti ad una donnetta, che non lo minacciava con altre armi che con la lingua, prorompe, infatti, a dire che "non conosceva quell'uomo" e poi "cominciò a giurare e ad imprecare".

E non una sola caduta fece il Principe degli Apostoli, ma una seconda e una terza…
Tuttavia noi ricordiamo anche le tre fasi del suo pentimento: "Si ricordò", "uscì fuori", "pianse amaramente". La sua fede trionfò. La speranza gli fece incontrare lo sguardo di Gesù e lo spinse fuori dell'occasione di peccato. L'amore gli scavò sulle guance due solchi di pianto, che segnavano il perdono divino per sempre.

c) Ma nell'Orto degli Ulivi c'era anche Marco.

Secondo gl'interpreti sarebbe Marco quel giovinetto che, destato dai rumori, corse al Getsemani, avvolto solo nel lenzuolo, per avvisare Gesù dei soldati che andavano per catturarlo.
Giunto quando ormai tutti gli Apostoli erano fuggiti, si era avvicinato a Gesù, forse in un tentativo di soccorso. E i soldati l'avevano afferrato per il lenzuolo, volendo incatenarlo come un seguace ribelle. Ma il futuro evangelista s'era divincolato, lasciando tra le loro mani, per beffa, soltanto il lenzuolo.
Da questa figura improvvisa, balenante nella notte del tradimento, è possibile trarre un insegnamento spirituale anche per noi: bisogna cioè privarsi di tutto, quando si vuol liberare la nostra anima dai legami troppo terreni, dalle insidie del male, dalle lusinghe d'ogni genere, che ci impediscono di realizzare i nostri più alti ideali.

(Specialmente durante questa settimana accostiamoci a Gesù così sofferente e agonizzante: inginocchiamoci accanto a Lui e preghiamo con Lui. Le anime consacrate, che hanno veramente cuore e fede, possono cogliere preziosissime lezioni dalla sua agonia.
Impariamo che cosa sono i peccati del mondo e i nostri, gravi o leggeri che siano; il dolore e la pena che recano a Gesù; il dovere di piangerli e di ripararli.
Ripetiamo spesso atti di contrizione e d'amore. Il nostro cuore sia un mistico altare sul quale arde permanente il fuoco dell'amore contrito, che ci mantiene puri e ci fa santi.
Imitiamo l'Angelo consolatore del Getsemani, facendo nostri i dolori di Gesù, riparando i peccati dei mondani con qualche mortificazione e specialmente con S. Comunioni riparatrici, con piccoli atti d'umiltà e di penitenza. 
Mettiamo nel Calice della S. Messa le nostre pene, fatiche e miserie; così diventeranno meritorie come l'agonia di Gesù).
Meditiamo spesso sull'agonia di Gesù nel Getsemani: sarà sorgente di vita fervorosa e santa.

Un'anziana Suora, interrogata sul tema della sua meditazione, rispose: 
- "Oh, da vent'anni io medito sempre sulla Passione del Signore.
- E questo non vi stanca, non vi rende troppo triste?
- No: io trovo sempre qualcosa di nuovo da imparare, e mi riempio di gioia al pensare che il Signore mi ha tanto amata da soffrire così tanto per me…"

Cari Fratelli e Sorelle,
chiediamo alla Madonna che ci aiuti a meditare costantemente su Gesù crocifisso, finché si trasfiguri in noi in Gesù Risorto e glorioso in Cielo.

                                                                          D. Severino GALLO sdb

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