don PAOLO ZAMENGO SDB"Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!"

Domenica delle palme Mc 14,1-15,47 
Davvero quest’uomo era Figlio di Dio! A pronunciare queste parole è un soldato, un centurione romano, che ha l’incarico di portare a termine l’esecuzione dei condannati. Non è la prima volta che assolve un compito del genere. Non è uno facilmente impressionabile. Ha
imparato la rude legge della guerra e sa che la guerra non ha cuore. Ha conosciuto l’ostilità dei popoli dominati e vinti. Ha visto altre volte scene raccapriccianti e agonie interminabili. Ha sentito ingiurie, bestemmie e promesse di vendetta urlate da chi stava inchiodato a una croce.
Davvero quest’uomo era Figlio di Dio! A dire queste parole è un pagano, uno che non ha sentito mai nulla che abbia a che fare con l’alleanza d’amore che unisce Israele al suo Dio, al Dio che lo ha liberato dalla schiavitù in terra d’Egitto. Per questo centurione romano, il rapporto con la divinità non esce dai binari di una sorta di scambio commerciale: si celebrano feste, si offrono doni, si compiono riti e la divinità di turno assicura la sua benevolenza e i suoi favori.
Davvero quest’uomo era Figlio di Dio! A dire queste parole è uno straniero, uno che appartiene a un’altra cultura, uno che fatica a ritrovarsi in quello strano mondo che è la Palestina, in quello zoo di passioni e gelosie, dove tutto si mescola e si confonde. È uno che considera questa gente degli sconfitti che devono piegarsi al potere di Roma.
Cosa ha visto il centurione nel volto sfigurato del Cristo? Nel suo corpo martoriato, straziato dai flagelli, percorso dall’agonia, denudato ed insanguinato? Ha qualcosa di divino la sete che tormenta e brucia la gola? La sofferenza inaudita che sta provando, gli insulti che ancora riceve dai capi del popolo? Ha qualcosa di regale quel sangue che cola lungo il suo corpo? E la solitudine in cui è stato lasciato anche dai suoi?
E allora perché queste parole? Davvero quest’uomo era Figlio di Dio! L’evangelista Marco ce lo dice senza tanti giri di parole: “Avendolo visto spirare in quel modo...”. Avendolo visto morire così. A convincerlo non sono i segni della forza e della potenza ma proprio la sua morte.
Chi è più solo di quest’uomo? Chi più di lui avrebbe il diritto di cedere alla disperazione, di lanciare urla disumane, di gridare tutta la sua rabbia per l’ingiustizia che si sta accanendo su di lui? Nulla. Invece, nulla.  Anche in questo terribile momento, quell’uomo, Gesù, ama, continua ad amare, continua a donare, a offrire misericordia e perdono. A tutti.
Ecco cosa colpisce il centurione. Ecco cosa lo convince di trovarsi davanti al Figlio di Dio. Ecco che cosa lo porta ad andare al di là delle apparenze e a cogliere ciò che è splendidamente divino: un Amore così grande che nulla può fermare, una misericordia così smisurata che continua anche quando l’ingiustizia devasta e umilia.
Per questo siamo venuti quest’oggi, qui e insieme: per ascoltare, per riascoltare un racconto che ci porta ai piedi della croce e per contemplare una grazia offerta a caro prezzo, il prezzo del sangue, il prezzo della vita.
Per questo siamo venuti quest’oggi, qui e insieme: per ripetere anche noi la professione di fede di quel centurione senza nome e riconoscere in Gesù, apparentemente sconfitto e annientato, il Figlio di Dio, che vince il male con l’amore.  Davvero quest’uomo è Figlio di Dio!

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