FRATI MINORI DELL'UMBRIA"Francesco e Chiara hanno piantato nel loro cuore la croce di Cristo"

Francesco e Chiara hanno piantato nel loro cuore la croce di Cristo


Un’immagine efficace per raccontare la vita di Francesco e Chiara è quella di immaginarli ai piedi del Crocifisso ad apprendere la “parola della croce” che è “potenza di Dio e sapienza di Dio”.
I due santi, da quando hanno avuto l’invito del Crocifisso: “Va’, ripara la mia casa”, hanno
piantato nel loro cuore la croce e tutto hanno fatto, guidati sempre dalla croce di Cristo.

Il mistero della croce, che è “sapienza e potenza di Dio”, fu “svelato a questo Piccolo di Cristo, Francesco, in tutta la sua pienezza, tanto che in tutta la sua vita egli ha seguito  sempre e solo le vestigia della croce, ha conosciuto sempre e solo la dolcezza della croce, ha predicato sempre e solo la gloria della croce”.

Dio stesso ha stampato nella sua carne il sigillo della identificazione: le stimmate che lo trasformavano tutto nel ritratto visibile di Gesù Cristo crocifisso.

Anche Chiara si sente coinvolta, come lei dice, “in quella visione del Signore nella quale Francesco fu inebriato di celeste consolazione: 'Va’, ripara la mia casa'”.

Il suo spirito, fin dall’inizio della sua conversione, non trova piena pace se non quando può rifugiarsi al chiuso di S. Damiano, dedicandosi alla contemplazione del Crocifisso: “Attendeva a conformarsi in perfettissima povertà al Crocifisso povero, così che nessuna cosa transitoria separasse l’amante dall’Amato, o ritardasse la sua corsa col Signore”. Chiara qualifica la sua vocazione come “santo servizio del Crocifisso povero”.

Giovanni Paolo II pensa a Chiara come “l’amante appassionata del Crocifisso povero, con cui vuole assolutamente identificarsi”. Scrivendo ad Agnese di Praga, Chiara manifesta il suo identificarsi con Cristo: “Colloca i tuoi, occhi davanti allo specchio dell’eternità, colloca la tua anima nello splendore della gloria, colloca il tuo cuore in Colui che è figura della divina sostanza, e trasformati interamente, per mezzo della contemplazione, nella immagine della divinità di Lui”.

E lascia anche il metodo della immedesimazione: “Abbraccia, vergine poverella, Cristo povero… disprezzato, percosso e in tutto il corpo ripetutamente flagellato, e morente tra i più struggenti dolori sulla croce: guarda, medita, contempla bramando di imitarLo”.

Francesco e Chiara da quando hanno piantato nel loro cuore la croce di Cristo hanno trovato la beatitudine e pregustato la gloria del Risorto.

Francesco dice di sé: “Ciò che prima - quando ero nei peccati - mi sembrava amaro, ora - dopo di aver usato misericordia coi lebbrosi - mi si era convertito in dolcezza di anima e di corpo”. Chiara: “Da quando ho conosciuto la grazia del Signore mio Gesù Cristo per mezzo di quel suo servo Francesco, nessuna pena mi è stata molesta, nessuna penitenza gravosa, nessuna infermità mi è stata dura”.

Come Maria di Magdala che cerca il Crocifisso e si ritrova ad adorare il Risorto.

Così Francesco e Chiara, amanti appassionati del Crocifisso povero, si ritrovano a possedere la “gioia grande”, del Cristo risorto. “L’uomo di Dio, Francesco, restandosene tutto solo e in pace, riempiva i boschi di gemiti, cospargeva la terra di lacrime, si percuoteva il petto... piangeva ad alta voce la passione del Signore, come se l’avesse davanti agli occhi.

Là, mentre pregava di notte, fu visto con le mani stese in forma di croce, sollevato da terra con tutto il corpo e circondato da una nuvoletta luminosa: luce meravigliosa diffusa intorno al suo corpo, che meravigliosamente testimoniava la luce risplendente nel suo spirito”.

“La beatitudine della croce fu piena con l’impressione delle stimmate: trasformato tutto nel ritratto visibile di Gesù Cristo crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma mediante l’incendio dello spirito”.

Francesco, al termine della sua vita, è pienamente soddisfatto per la “conoscenza” del Crocifisso: “Conosco Cristo, povero e crocifisso e non ho bisogno di altro”.

Commenti

Post più popolari