MACHETTA Domenico SDB"Donava se stesso come il vero Agnello"
2-3 aprile 2015 | Giovedì-Venerdì Santo - Tempo di Quaresima B | Appunti per la Lectio
1ª LETTURA: Es 12,1-8.11-14 - VANGELO: Gv 13,1-15
1ª LETTURA: Is 52,13-53,12 - VANGELO: Gv 18,1-19,42
Giovedì Santo:
La prima lettura del giovedì santo è tratta dal grande capitolo 12
dell'Esodo, in cui si narra
l'istituzione della Pasqua ebraica. Il rito della Pasqua esisteva già prima di allora, ma da quella notte assunse un carattere nuovo.
Dio si inserisce nelle usanze dell'uomo, dando loro un senso. Originariamente, la pasqua era un sacrificio annuale offerto dai pastori nomadi o seminomadi per il bene del gregge, nella notte della luna piena del primo mese di primavera, quando partivano per andare ai pascoli dell'estate. Si prendeva bestiame piccolo, agnello o capretto, si faceva arrostire, come si usa dai nomadi, senza rompere le ossa, perché le ossa erano considerate l'impalcatura e il principio vitale, affinché Dio facesse rivivere la vittima, per assicurare la fecondità al gregge.
Il sangue della vittima era sparso sui pali della tenda o casa: preservava dalle minacce e teneva lontano gli spiriti maligni del deserto. Si mangiava pane non lievitato, come usano ancora oggi i beduini, con erbe selvatiche e aromatiche; il vestito era quello dei pastori in partenza: sandali e bastoni. Questo avveniva al crepuscolo; al rientro del gregge veniva uccisa la vittima, che doveva essere mangiata nella notte, in modo da poter partire all'alba, dopo averne bruciato i resti. Era un'azione religiosa, un sacrificio di famiglia.
Ma ecco il grande evento: in una determinata primavera, nel tempo in cui venivano offerti i sacrifici del gregge, un intervento strepitoso di Dio liberò Israele dall'Egitto. In quella notte, le case segnate con il sangue dell'agnello furono risparmiate dallo sterminio. Il sacrificio pasquale quindi si inserì nella storia d'Israele perché si collegò con un avvenimento straordinario, unico.
La Pasqua allora non è più una festa legata ai cicli della natura, ma è una festa storica: la natura cede il posto alla storia. "Questo giorno sarà per voi un memoriale (zikkaron)".
L' ebreo che ogni anno celebrava la Pasqua doveva sentirsi personalmente liberato dall'Egitto, anche a distanza di secoli.
Sappiamo che nel banchetto rituale della Pasqua (sèder) avveniva una catechesi: il figlio minore poneva delle domande a cui il capofamiglia rispondeva. Celebravano la liberazione, pur sapendo di non essere ancora veramente liberi: era dunque una celebrazione proiettata verso un futuro, in cui quella liberazione si sarebbe compiuta in pienezza, a livelli profondi, quando le figure avrebbero ceduto il posto alla realtà.
Ma il sèder quell'anno cadeva la sera di Venerdì (14 di Nisan): dunque Gesù ha anticipato tutto! L'ultima cena era una cena pasquale? Lasciamolo agli studiosi...
Il fatto è che quella cena - pasquale o no - era la sua cena d'addio, in cui Egli "dava qualcosa di nuovo, donava se stesso come il vero Agnello, istituendo così la sua Pasqua" (J. Ratzinger).
Nel venerdì santo, leggendo la passione secondo Gio- vanni, troviamo l'annuncio solenne di questa notizia, confermata dalla cascata di risonanze bibliche. Nell'ora in cui si sgozzavano gli agnelli per la cena pasquale, alla periferia di Gerusalemme veniva immolato il vero Agnello pasquale, a cui non vengono spezzate le ossa.
Sgorga il fiume d'acqua viva dalla Roccia nel deserto, il fiume previsto da Ezechiele, che, uscendo dal lato destro del Tempio, sarà destinato a risanare la terra. Non c'è più stacco tra venerdì santo e veglia pasquale. Per Giovanni sul Golgota è già Pasqua e Pentecoste: "Chinato il capo, effuse lo Spirito". Il verbo usato (parédoken tò pne ma) suggerisce l'idea dell'effusione dello Spirito. Tradidit, dice la vulgata.
È proprio di là che parte la Traditio, perché là, per Giovanni, c'è l'atto di nascita della Chiesa, presente la Madre.
MACHETTA Domenico
1ª LETTURA: Es 12,1-8.11-14 - VANGELO: Gv 13,1-15
1ª LETTURA: Is 52,13-53,12 - VANGELO: Gv 18,1-19,42
Giovedì Santo:
La prima lettura del giovedì santo è tratta dal grande capitolo 12
dell'Esodo, in cui si narra
l'istituzione della Pasqua ebraica. Il rito della Pasqua esisteva già prima di allora, ma da quella notte assunse un carattere nuovo.
Dio si inserisce nelle usanze dell'uomo, dando loro un senso. Originariamente, la pasqua era un sacrificio annuale offerto dai pastori nomadi o seminomadi per il bene del gregge, nella notte della luna piena del primo mese di primavera, quando partivano per andare ai pascoli dell'estate. Si prendeva bestiame piccolo, agnello o capretto, si faceva arrostire, come si usa dai nomadi, senza rompere le ossa, perché le ossa erano considerate l'impalcatura e il principio vitale, affinché Dio facesse rivivere la vittima, per assicurare la fecondità al gregge.
Il sangue della vittima era sparso sui pali della tenda o casa: preservava dalle minacce e teneva lontano gli spiriti maligni del deserto. Si mangiava pane non lievitato, come usano ancora oggi i beduini, con erbe selvatiche e aromatiche; il vestito era quello dei pastori in partenza: sandali e bastoni. Questo avveniva al crepuscolo; al rientro del gregge veniva uccisa la vittima, che doveva essere mangiata nella notte, in modo da poter partire all'alba, dopo averne bruciato i resti. Era un'azione religiosa, un sacrificio di famiglia.
Ma ecco il grande evento: in una determinata primavera, nel tempo in cui venivano offerti i sacrifici del gregge, un intervento strepitoso di Dio liberò Israele dall'Egitto. In quella notte, le case segnate con il sangue dell'agnello furono risparmiate dallo sterminio. Il sacrificio pasquale quindi si inserì nella storia d'Israele perché si collegò con un avvenimento straordinario, unico.
La Pasqua allora non è più una festa legata ai cicli della natura, ma è una festa storica: la natura cede il posto alla storia. "Questo giorno sarà per voi un memoriale (zikkaron)".
L' ebreo che ogni anno celebrava la Pasqua doveva sentirsi personalmente liberato dall'Egitto, anche a distanza di secoli.
Sappiamo che nel banchetto rituale della Pasqua (sèder) avveniva una catechesi: il figlio minore poneva delle domande a cui il capofamiglia rispondeva. Celebravano la liberazione, pur sapendo di non essere ancora veramente liberi: era dunque una celebrazione proiettata verso un futuro, in cui quella liberazione si sarebbe compiuta in pienezza, a livelli profondi, quando le figure avrebbero ceduto il posto alla realtà.
Ma il sèder quell'anno cadeva la sera di Venerdì (14 di Nisan): dunque Gesù ha anticipato tutto! L'ultima cena era una cena pasquale? Lasciamolo agli studiosi...
Il fatto è che quella cena - pasquale o no - era la sua cena d'addio, in cui Egli "dava qualcosa di nuovo, donava se stesso come il vero Agnello, istituendo così la sua Pasqua" (J. Ratzinger).
Nel venerdì santo, leggendo la passione secondo Gio- vanni, troviamo l'annuncio solenne di questa notizia, confermata dalla cascata di risonanze bibliche. Nell'ora in cui si sgozzavano gli agnelli per la cena pasquale, alla periferia di Gerusalemme veniva immolato il vero Agnello pasquale, a cui non vengono spezzate le ossa.
Sgorga il fiume d'acqua viva dalla Roccia nel deserto, il fiume previsto da Ezechiele, che, uscendo dal lato destro del Tempio, sarà destinato a risanare la terra. Non c'è più stacco tra venerdì santo e veglia pasquale. Per Giovanni sul Golgota è già Pasqua e Pentecoste: "Chinato il capo, effuse lo Spirito". Il verbo usato (parédoken tò pne ma) suggerisce l'idea dell'effusione dello Spirito. Tradidit, dice la vulgata.
È proprio di là che parte la Traditio, perché là, per Giovanni, c'è l'atto di nascita della Chiesa, presente la Madre.
MACHETTA Domenico
Commenti
Posta un commento