ORDINE DEI CARMELITANI Lectio" Vogliamo vedere Gesù "
Lectio: Domenica, 22 Marzo, 2015
Giovanni 12, 20-33
1. Orazione iniziale
Ascolta, o Padre, la nostra supplica: ti imploriamo di inviare il tuo Spirito con abbondanza, perché sappiamo ascoltare la tua voce che proclama la gloria del tuo Figlio che si offre per la nostra salvezza. Fa che da questo ascolto attento e impegnato sappiamo far
germogliare in noi una nuova speranza per seguire il nostro Maestro e Redentore con totale disponibilità, anche nei momenti difficili ed oscuri. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
2. Lettura
a) Il contesto:
Siamo alla fine del "libro dei segni", che è la chiave interpretativa che usa Giovanni nel suo Vangelo e ormai si sta profilando lo scontro mortale fra la classe dirigente e Gesù. Questo brano è come una cerniera fra quello che finora Giovanni ha raccontato, e si conclude con questa apparizione delle "genti" (segnalate da questi "greci") e quello che sta per succedere. I prossimi eventi Giovanni li suddivide in due ambiti. Il primo ambito è il dialogo con i soli discepoli, nel contesto della cena pasquale (cc. 13-17); l’altro ambito sarà la scena pubblica della passione e poi le apparizioni da risorto (cc. 18-21).
Questo episodio, forse non è del tutto reale: esso vuole segnalare che l’apertura alle genti è cominciata già con Gesù stesso. Non si tratta tanto di andare a convincere gli altri di qualche cosa, ma di accogliere anzitutto la loro ricerca e portarla a maturità. E questa maturità non avviene se non con la collaborazione di altri, e con un dialogo con Gesù. Non è detto se Gesù ha parlato a questi greci: il testo sembra abbreviare il racconto, facendo venire subito in evidenza a quale "tipo di Gesù" si devono condurre quelli che lo cercano. Si tratta del Gesù che offre la vita, che dà frutto attraverso la morte. Non quindi un Gesù "filosofo", "sapiente": ma anzitutto colui che non si è attaccato alla propria vita, ma l’ha donata, si è messo al servizio della vita di tutti.
I versetti 27-33, che manifestano l’angoscia e il turbamento di Gesù di fronte alla morte imminente, sono chiamati anche "il Getsemani del IV Vangelo", in parallelo con il racconto dei Sinottici sulla veglia dolorosa di Gesù al Getsemani. Come avviene per un chicco: solo spaccandosi e morendo può liberare tutta la sua vitalità; così morendo Gesù mostrerà tutto il suo amore che dona vita. La storia del seme è la storia di Gesù, e di ogni discepolo che vuole servirlo e in lui avere la vita.
b) Il testo:
20 Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c’erano anche alcuni Greci. 21 Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: "Signore, vogliamo vedere Gesù". 22 Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. 23 Gesù rispose: "È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo. 24 In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Giovanni 12, 20-3325 Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. 26 Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. 27 Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora! 28 Padre, glorifica il tuo nome". Venne allora una voce dal cielo: "L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò! ".
29 La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: "Un angelo gli ha parlato". 30 Rispose Gesù: "Questa voce non è venuta per me, ma per voi. 31 Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. 32 Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me". 33 Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire".
3. Momento di silenzio orante
per rileggere il testo col cuore e riconoscere attraverso le frasi e la struttura la presenza del mistero del Dio vivente.
4. Alcune domande
per cogliere nel testo i nuclei importanti e cominciare ad assimilarlo.
a) Filippo e Andrea: perché sono stati interpellati proprio loro?
b) Cosa cercavano veramente questi "greci"?
c) Abbiamo anche noi a volte ricevuto domande simili sulla fede, la chiesa, la vita cristiana?
d) Gesù non sembra che abbia incontrato questi "greci": ma ha ribadito la sua prossima "ora": perché ha parlato così?
e) Gesù voleva che rispondessero con le formule? Oppure con la testimonianza?
5. Alcuni approfondimenti di lettura
"Signore, vogliamo vedere Gesù"
Si tratta della domanda che fanno alcuni "greci" a Filippo. Di essi si dice che "erano saliti per il culto durante la festa". Probabilmente sono quei "timorati di Dio" di cui si parla con frequenza nei testi neotestamentari: simpatizzanti per la religione ebraica, anche senza essere veri giudei. Come origine potrebbero anche essere solo siro-fenici, come indica con la stessa parola Marco (7, 26), quando parla della donna che chiedeva la guarigione della figlia. Nella loro domanda possiamo trovare solo curiosità per avvicinare un personaggio famoso e discusso.
Ma il contesto in cui ci presenta Giovanni questa richiesta segnala invece che cercavano davvero con cuore aperto. Tanto più che essi si presentano subito dopo che è stato detto: "Ecco tutto il mondo gli è andato dietro" (Gv 12,19). E poi la notizia è commentata da Gesù come il "giungere dell’ora del Figlio dell’uomo". Il fatto che si siano rivolti a Filippo, e questi poi ad Andrea, è dovuto al fatto che i due erano di Betsaida, una città dove la gente era mescolata, e bisognava capirsi fra vari idiomi. I due personaggi comunque rappresentano due sensibilità: Filippo è più tradizionalista (come si vede dalla sua frase dopo aver conosciuto Gesù (Gv 1, 45); mentre Andrea che già aveva partecipato al movimento di Giovanni era di carattere più aperto a nuovo (cfr Gv 1, 41). Ad indicare che la comunità che si apre ai pagani, che accoglie la domanda di chi cerca con cuore curioso, va accolta da una comunità che vive nella sua varietà di sensibilità.
"Se il chicco di grano caduto in terra.."
La risposta di Gesù sembra meno interessata ai greci, che vorrebbero vederlo, e più orientata verso tutti, discepoli e greci. Egli vede aprirsi le frontiere, sente la tumultuosa adesione delle genti: ma vuole richiamare che questa fama che li ha attirati, questa "gloria" che vorrebbero conoscere da vicino, è di tutt’altro genere da quello che forse si aspettano. Si tratta di una vita che sta per essere distrutta, di una "parola" che viene silenziata, schiacciata a morte, sepolta nelle viscere dell’odio e della terra, per farla sparire. E invece di vedere una gloria allo stile umano, sono davanti ad una "gloria" che si svela attraverso la sofferenza e la morte.
Vale per loro, ma vale per ogni comunità cristiana che vuole aprirsi ai "greci": deve "consultarsi" con il Signore, cioè deve tenersi in contatto con questo volto, con questa morte per la vita, deve donare la propria contemplazione del mistero e non solo fornire delle nozioni. Deve vivere il pieno distacco dalle sicurezze e dalle gratificazioni umane, per poter servire il Signore e ricevere, anche lei, onore dal Padre. L’attaccamento alla propria vita e alla sapienza mondana – e nel mondo greco questi erano valori forti – è il grande ostacolo alla vera "conoscenza di Gesù". Servire il nome del Signore, accogliere la domanda di chi "lo cerca", portare da Gesù questi cercatori, ma senza vivere lo stile del Signore, senza dare anzitutto testimonianza di condividere la stessa scelta di vita, lo stesso dono della vita, non porta a nulla.
"Ora l’anima mia è turbata"
Questa "agitazione" di Gesù è un altro elemento molto interessante. Non è facile soffrire, la carne si ribella, l’inclinazione naturale porta a fuggire la sofferenza. Anche Gesù ha sentito questa ripugnanza, ha avuto orrore davanti ad una morte che si profilava dolorosa e umiliante. Nella sua domanda: "che devo dire?", possiamo sentire questo fremito, questa paura, questa tentazione di sottrarsi ad una simile morte. Giovanni mette questo momento difficile prima dell’ultima cena; i sinottici invece lo mettono nell’orazione al Getsemani, prima della cattura (Mc 14, 32-42; Mt 26, 36-46; Lc 22, 39-46). In ogni caso, tutti sono concordi nel rilevare in Gesù questo fremito e questa fatica, che lo fa simile a noi, fragile e impaurito.
Ma egli affronta questa angoscia "affidandosi" al Padre, richiamando a se stesso che questo è il suo progetto, che tutta la sua vita proprio a quest’ora tende, qui si rivela e si riassume. Il tema dell’ora – lo sappiamo bene – è molto importante per Giovanni: si veda la prima affermazione alle nozze di Cana (Gv 2,4) e poi di frequente (Gv 4,21; 7,6.8.30; 8,20; 11, 9; 13,1; 17,1). Si tratta non tanto di un tempo puntuale, quanto di una circostanza decisiva, verso cui tutto si orienta.
"Attirerò tutti a me"
Messo fuori dalla violenza omicida di chi si sentiva minacciato, quella sospensione alla croce diventa un vero innalzamento, cioè una posta ben in vista di colui che invece è per tutti salvezza e benedizione. Dalla violenza che lo voleva emarginare e togliere di mezzo, si passa alla forza centripeta esercitata da quella icona dell’innalzato. Si tratta di un "attirare" che si genera non per curiosità, ma per amore: sarà suscitatore di discepolato, di adesione in tutti coloro che sapranno andare più in là del fatto fisico, e vedranno in lui la gratuità fatta totalità.
Non sarà la morte ignominiosa che allontanerà, ma diventerà fonte di attrazione misteriosa, grammatica che apre a nuovi sensi per la vita. Una vita donata che genera vita; una vita uccisa che genera speranza e nuova solidarietà, nuova comunione, nuova libertà.
6. Salmo 125
Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si aprì al sorriso,
la nostra lingua si sciolse in canti di gioia.
Allora si diceva tra i popoli:
"Il Signore ha fatto grandi cose per loro".
Grandi cose ha fatto il Signore per noi,
ci ha colmati di gioia.
Riconduci, Signore, i nostri prigionieri,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà con giubilo.
Nell’andare, se ne va e piange,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con giubilo,
portando i suoi covoni.
7. Orazione Finale
Signore Dio nostro, distogli i discepoli del Figlio tuo dai cammini facili della popolarità, della gloria a poco prezzo, e portali sulle strade dei poveri e dei flagellati della terra, perché sappiano riconoscere nel loro volto il volto del Maestro e Redentore. Dona occhi per vedere i percorsi possibili alla giustizia e alla solidarietà; orecchi per ascoltare le domande di senso e di salvezza di tanti che cercano come a tastoni; arricchisci il loro cuore di fedeltà generosa e di delicatezza e comprensione perché si facciano compagni di strada e testimoni veri e sinceri della gloria che splende nel crocifisso risorto e vittorioso. Egli vive e regna glorioso con te, o Padre, nei secoli eterni.
Giovanni 12, 20-33
1. Orazione iniziale
Ascolta, o Padre, la nostra supplica: ti imploriamo di inviare il tuo Spirito con abbondanza, perché sappiamo ascoltare la tua voce che proclama la gloria del tuo Figlio che si offre per la nostra salvezza. Fa che da questo ascolto attento e impegnato sappiamo far
germogliare in noi una nuova speranza per seguire il nostro Maestro e Redentore con totale disponibilità, anche nei momenti difficili ed oscuri. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
2. Lettura
a) Il contesto:
Siamo alla fine del "libro dei segni", che è la chiave interpretativa che usa Giovanni nel suo Vangelo e ormai si sta profilando lo scontro mortale fra la classe dirigente e Gesù. Questo brano è come una cerniera fra quello che finora Giovanni ha raccontato, e si conclude con questa apparizione delle "genti" (segnalate da questi "greci") e quello che sta per succedere. I prossimi eventi Giovanni li suddivide in due ambiti. Il primo ambito è il dialogo con i soli discepoli, nel contesto della cena pasquale (cc. 13-17); l’altro ambito sarà la scena pubblica della passione e poi le apparizioni da risorto (cc. 18-21).
Questo episodio, forse non è del tutto reale: esso vuole segnalare che l’apertura alle genti è cominciata già con Gesù stesso. Non si tratta tanto di andare a convincere gli altri di qualche cosa, ma di accogliere anzitutto la loro ricerca e portarla a maturità. E questa maturità non avviene se non con la collaborazione di altri, e con un dialogo con Gesù. Non è detto se Gesù ha parlato a questi greci: il testo sembra abbreviare il racconto, facendo venire subito in evidenza a quale "tipo di Gesù" si devono condurre quelli che lo cercano. Si tratta del Gesù che offre la vita, che dà frutto attraverso la morte. Non quindi un Gesù "filosofo", "sapiente": ma anzitutto colui che non si è attaccato alla propria vita, ma l’ha donata, si è messo al servizio della vita di tutti.
I versetti 27-33, che manifestano l’angoscia e il turbamento di Gesù di fronte alla morte imminente, sono chiamati anche "il Getsemani del IV Vangelo", in parallelo con il racconto dei Sinottici sulla veglia dolorosa di Gesù al Getsemani. Come avviene per un chicco: solo spaccandosi e morendo può liberare tutta la sua vitalità; così morendo Gesù mostrerà tutto il suo amore che dona vita. La storia del seme è la storia di Gesù, e di ogni discepolo che vuole servirlo e in lui avere la vita.
b) Il testo:
20 Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c’erano anche alcuni Greci. 21 Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: "Signore, vogliamo vedere Gesù". 22 Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. 23 Gesù rispose: "È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo. 24 In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Giovanni 12, 20-3325 Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. 26 Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. 27 Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora! 28 Padre, glorifica il tuo nome". Venne allora una voce dal cielo: "L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò! ".
29 La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: "Un angelo gli ha parlato". 30 Rispose Gesù: "Questa voce non è venuta per me, ma per voi. 31 Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. 32 Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me". 33 Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire".
3. Momento di silenzio orante
per rileggere il testo col cuore e riconoscere attraverso le frasi e la struttura la presenza del mistero del Dio vivente.
4. Alcune domande
per cogliere nel testo i nuclei importanti e cominciare ad assimilarlo.
a) Filippo e Andrea: perché sono stati interpellati proprio loro?
b) Cosa cercavano veramente questi "greci"?
c) Abbiamo anche noi a volte ricevuto domande simili sulla fede, la chiesa, la vita cristiana?
d) Gesù non sembra che abbia incontrato questi "greci": ma ha ribadito la sua prossima "ora": perché ha parlato così?
e) Gesù voleva che rispondessero con le formule? Oppure con la testimonianza?
5. Alcuni approfondimenti di lettura
"Signore, vogliamo vedere Gesù"
Si tratta della domanda che fanno alcuni "greci" a Filippo. Di essi si dice che "erano saliti per il culto durante la festa". Probabilmente sono quei "timorati di Dio" di cui si parla con frequenza nei testi neotestamentari: simpatizzanti per la religione ebraica, anche senza essere veri giudei. Come origine potrebbero anche essere solo siro-fenici, come indica con la stessa parola Marco (7, 26), quando parla della donna che chiedeva la guarigione della figlia. Nella loro domanda possiamo trovare solo curiosità per avvicinare un personaggio famoso e discusso.
Ma il contesto in cui ci presenta Giovanni questa richiesta segnala invece che cercavano davvero con cuore aperto. Tanto più che essi si presentano subito dopo che è stato detto: "Ecco tutto il mondo gli è andato dietro" (Gv 12,19). E poi la notizia è commentata da Gesù come il "giungere dell’ora del Figlio dell’uomo". Il fatto che si siano rivolti a Filippo, e questi poi ad Andrea, è dovuto al fatto che i due erano di Betsaida, una città dove la gente era mescolata, e bisognava capirsi fra vari idiomi. I due personaggi comunque rappresentano due sensibilità: Filippo è più tradizionalista (come si vede dalla sua frase dopo aver conosciuto Gesù (Gv 1, 45); mentre Andrea che già aveva partecipato al movimento di Giovanni era di carattere più aperto a nuovo (cfr Gv 1, 41). Ad indicare che la comunità che si apre ai pagani, che accoglie la domanda di chi cerca con cuore curioso, va accolta da una comunità che vive nella sua varietà di sensibilità.
"Se il chicco di grano caduto in terra.."
La risposta di Gesù sembra meno interessata ai greci, che vorrebbero vederlo, e più orientata verso tutti, discepoli e greci. Egli vede aprirsi le frontiere, sente la tumultuosa adesione delle genti: ma vuole richiamare che questa fama che li ha attirati, questa "gloria" che vorrebbero conoscere da vicino, è di tutt’altro genere da quello che forse si aspettano. Si tratta di una vita che sta per essere distrutta, di una "parola" che viene silenziata, schiacciata a morte, sepolta nelle viscere dell’odio e della terra, per farla sparire. E invece di vedere una gloria allo stile umano, sono davanti ad una "gloria" che si svela attraverso la sofferenza e la morte.
Vale per loro, ma vale per ogni comunità cristiana che vuole aprirsi ai "greci": deve "consultarsi" con il Signore, cioè deve tenersi in contatto con questo volto, con questa morte per la vita, deve donare la propria contemplazione del mistero e non solo fornire delle nozioni. Deve vivere il pieno distacco dalle sicurezze e dalle gratificazioni umane, per poter servire il Signore e ricevere, anche lei, onore dal Padre. L’attaccamento alla propria vita e alla sapienza mondana – e nel mondo greco questi erano valori forti – è il grande ostacolo alla vera "conoscenza di Gesù". Servire il nome del Signore, accogliere la domanda di chi "lo cerca", portare da Gesù questi cercatori, ma senza vivere lo stile del Signore, senza dare anzitutto testimonianza di condividere la stessa scelta di vita, lo stesso dono della vita, non porta a nulla.
"Ora l’anima mia è turbata"
Questa "agitazione" di Gesù è un altro elemento molto interessante. Non è facile soffrire, la carne si ribella, l’inclinazione naturale porta a fuggire la sofferenza. Anche Gesù ha sentito questa ripugnanza, ha avuto orrore davanti ad una morte che si profilava dolorosa e umiliante. Nella sua domanda: "che devo dire?", possiamo sentire questo fremito, questa paura, questa tentazione di sottrarsi ad una simile morte. Giovanni mette questo momento difficile prima dell’ultima cena; i sinottici invece lo mettono nell’orazione al Getsemani, prima della cattura (Mc 14, 32-42; Mt 26, 36-46; Lc 22, 39-46). In ogni caso, tutti sono concordi nel rilevare in Gesù questo fremito e questa fatica, che lo fa simile a noi, fragile e impaurito.
Ma egli affronta questa angoscia "affidandosi" al Padre, richiamando a se stesso che questo è il suo progetto, che tutta la sua vita proprio a quest’ora tende, qui si rivela e si riassume. Il tema dell’ora – lo sappiamo bene – è molto importante per Giovanni: si veda la prima affermazione alle nozze di Cana (Gv 2,4) e poi di frequente (Gv 4,21; 7,6.8.30; 8,20; 11, 9; 13,1; 17,1). Si tratta non tanto di un tempo puntuale, quanto di una circostanza decisiva, verso cui tutto si orienta.
"Attirerò tutti a me"
Messo fuori dalla violenza omicida di chi si sentiva minacciato, quella sospensione alla croce diventa un vero innalzamento, cioè una posta ben in vista di colui che invece è per tutti salvezza e benedizione. Dalla violenza che lo voleva emarginare e togliere di mezzo, si passa alla forza centripeta esercitata da quella icona dell’innalzato. Si tratta di un "attirare" che si genera non per curiosità, ma per amore: sarà suscitatore di discepolato, di adesione in tutti coloro che sapranno andare più in là del fatto fisico, e vedranno in lui la gratuità fatta totalità.
Non sarà la morte ignominiosa che allontanerà, ma diventerà fonte di attrazione misteriosa, grammatica che apre a nuovi sensi per la vita. Una vita donata che genera vita; una vita uccisa che genera speranza e nuova solidarietà, nuova comunione, nuova libertà.
6. Salmo 125
Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si aprì al sorriso,
la nostra lingua si sciolse in canti di gioia.
Allora si diceva tra i popoli:
"Il Signore ha fatto grandi cose per loro".
Grandi cose ha fatto il Signore per noi,
ci ha colmati di gioia.
Riconduci, Signore, i nostri prigionieri,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà con giubilo.
Nell’andare, se ne va e piange,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con giubilo,
portando i suoi covoni.
7. Orazione Finale
Signore Dio nostro, distogli i discepoli del Figlio tuo dai cammini facili della popolarità, della gloria a poco prezzo, e portali sulle strade dei poveri e dei flagellati della terra, perché sappiano riconoscere nel loro volto il volto del Maestro e Redentore. Dona occhi per vedere i percorsi possibili alla giustizia e alla solidarietà; orecchi per ascoltare le domande di senso e di salvezza di tanti che cercano come a tastoni; arricchisci il loro cuore di fedeltà generosa e di delicatezza e comprensione perché si facciano compagni di strada e testimoni veri e sinceri della gloria che splende nel crocifisso risorto e vittorioso. Egli vive e regna glorioso con te, o Padre, nei secoli eterni.
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