Paolo Curtaz " Di notte"Commento IV Domenica di Quaresima
IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno B) (15/03/2015)
Vangelo: Gv 3,14-21
Siamo sinceri: l'idea di mercanteggiare con Dio, in fondo, non è poi così malvagia.
Potere in qualche modo controllare il nostro rapporto col divino, anche da cristiani, anche da cattolici, qualche semplificazione la opererebbe.
E invece.
Gesù caccia dal tempio i venditori, coloro che trattano con Dio: io mi comporto bene e tu fammi star bene. Io faccio le devozioni e tu ascoltami.
Non è così: Gesù ci indica una strada nuova, un percorso inusuale, ancora oggi.
Il rapporto con Dio è totalizzante, intimo, suadente.
Quando scopriamo di avere un'interiorità diventiamo capaci di credere e di crescere. Quando sperimentiamo la misura dell'amore di Dio dispieghiamo le ali.
Tutto si gioca sul sottile filo delle nostre convinzioni. La Quaresima, che ci conduce al Tabor, è lo strumento che abbiamo per convertire il nostro cuore.
Per riconoscere e fuggire le troppe immagini di un Dio piccino e meschino.
Facciamola semplice
Il testo del Libro delle Cronache è il tipico esempio di come molti, anche se si professano cristiani, vedono Dio. Una visione lineare e semplice, a tratti semplicistica, di lettura della Storia.
Sarò onesto: nonostante non mi identifichi il ragionamento dell'autore, condiviso e ammiro il suo desiderio di tentare una lettura nello Spirito della Storia.
Non ne siamo più capaci, siamo onesti: viviamo la nostra vita e gli eventi con fatalismo, senza interrogarci, come se tutto fosse inevitabile. Siamo strangolati da un mondo tutto e solo incentrato sulla sopravvivenza. Ci avevano illuso di costruire un mondo più solidale e giusto, invece pochi, sempre meno, hanno in mano il destino del mondo e lo spolpano per bramosia e cupidigia.
Fossimo capaci di leggere la Storia cercandone un senso! Trovandovi, in filigrana, l'opera di Dio!
Ma, attenzione, perché la lettura fornita dal libro delle Cronache manca di respiro, tutta chiusa nell'assenza di speranza e di eternità: se l'uomo è buono viene premiato, qui, sulla terra. Se malvagio punito.
Quindi la distruzione di Gerusalemme e la deportazione in Babilonia è la conseguenza dell'ignavia di Israele che non ha voluto ascoltare la voce dei profeti. Detta così non fa una grinza ma, sinceramente, Dio non ne viene fuori molto bene!
Sarà Giobbe a mettere in crisi questa visione apparentemente logica.
Perché, allora, a volte il giusto è duramente punito dalla vita mentre il malvagio vive nella prosperità?
La riflessione, grazie a Gesù, avrà uno sviluppo convincente.
Non è Dio a premiare o a punire, ma l'azione stessa che facciamo.
Luce e tenebra
Colui che vive nell'odio, nella malvagità, nell'egoismo assoluto vive nel deserto totale e interiore. E se anche, all'apparenza, ottiene potere e riconoscimento, la sua anima è morta.
Colui che, invece, lascia spazio a Dio e alla sua giustizia, anche se il male sembra prevalere, condivide la stessa sorte di Dio.
Il terribile impero di Babilonia sarà raso al suolo da Ciro di Persia che, senza saperlo, diventerà così difensore di Israele. Il messaggio è denso di speranza: sarà Dio ad avere l'ultima parola sul nostro mondo caotico e indisciplinato.
E sarà una Parola di bene.
Di notte
Tesi confermata dal dialogo notturno fra Nicodemo e Gesù.
Un dottore della Legge inquieto che, per non farsi vedere, cerca risposte di nascosto come, spesso, facciamo anche noi.
Non va di moda farsi vedere in compagnai di gente come il Nazareno! Ieri e oggi!
Gesù ci sta, non fa l'offeso, lo accoglie nella sua immensa fragilità. E argomenta.
Bisogna cambiare mentalità, rinascere dall'alto.
Uscire dagli stereotipi, anche da quelli santi e religiosi.
Gesù parla di croce, la vede, là in fondo. Se siamo morsicati dai serpenti della violenza, dell'inganno, dello sconforto, possiamo guardare a Cristo innalzato. Ultimo "sì" a Dio, ultimo "amen" definitivo e drammatico al progetto di Dio.
La croce che lasciamo pendere sulle nostre scelte, più che dai nostri colli, è la testimonianza di quanto siamo disposti ad entrare nella logica di Dio che è logica di dono.
E il progetto è semplice: Dio vuole salvare. Tutti, me, ognuno.
Salvare, vivere felici, avere, infine, il cuore colmo.
Per farlo occorre fidarsi, guardare alla croce, smettere di pensare a Dio come ad un severo giudice scontroso e bizzarro.
Gesù giungerà a morire per affermare questa verità.
Ma questa è un'altra storia.
Vangelo: Gv 3,14-21
Siamo sinceri: l'idea di mercanteggiare con Dio, in fondo, non è poi così malvagia.
Potere in qualche modo controllare il nostro rapporto col divino, anche da cristiani, anche da cattolici, qualche semplificazione la opererebbe.
E invece.
Gesù caccia dal tempio i venditori, coloro che trattano con Dio: io mi comporto bene e tu fammi star bene. Io faccio le devozioni e tu ascoltami.
Non è così: Gesù ci indica una strada nuova, un percorso inusuale, ancora oggi.
Il rapporto con Dio è totalizzante, intimo, suadente.
Quando scopriamo di avere un'interiorità diventiamo capaci di credere e di crescere. Quando sperimentiamo la misura dell'amore di Dio dispieghiamo le ali.
Tutto si gioca sul sottile filo delle nostre convinzioni. La Quaresima, che ci conduce al Tabor, è lo strumento che abbiamo per convertire il nostro cuore.
Per riconoscere e fuggire le troppe immagini di un Dio piccino e meschino.
Facciamola semplice
Il testo del Libro delle Cronache è il tipico esempio di come molti, anche se si professano cristiani, vedono Dio. Una visione lineare e semplice, a tratti semplicistica, di lettura della Storia.
Sarò onesto: nonostante non mi identifichi il ragionamento dell'autore, condiviso e ammiro il suo desiderio di tentare una lettura nello Spirito della Storia.
Non ne siamo più capaci, siamo onesti: viviamo la nostra vita e gli eventi con fatalismo, senza interrogarci, come se tutto fosse inevitabile. Siamo strangolati da un mondo tutto e solo incentrato sulla sopravvivenza. Ci avevano illuso di costruire un mondo più solidale e giusto, invece pochi, sempre meno, hanno in mano il destino del mondo e lo spolpano per bramosia e cupidigia.
Fossimo capaci di leggere la Storia cercandone un senso! Trovandovi, in filigrana, l'opera di Dio!
Ma, attenzione, perché la lettura fornita dal libro delle Cronache manca di respiro, tutta chiusa nell'assenza di speranza e di eternità: se l'uomo è buono viene premiato, qui, sulla terra. Se malvagio punito.
Quindi la distruzione di Gerusalemme e la deportazione in Babilonia è la conseguenza dell'ignavia di Israele che non ha voluto ascoltare la voce dei profeti. Detta così non fa una grinza ma, sinceramente, Dio non ne viene fuori molto bene!
Sarà Giobbe a mettere in crisi questa visione apparentemente logica.
Perché, allora, a volte il giusto è duramente punito dalla vita mentre il malvagio vive nella prosperità?
La riflessione, grazie a Gesù, avrà uno sviluppo convincente.
Non è Dio a premiare o a punire, ma l'azione stessa che facciamo.
Luce e tenebra
Colui che vive nell'odio, nella malvagità, nell'egoismo assoluto vive nel deserto totale e interiore. E se anche, all'apparenza, ottiene potere e riconoscimento, la sua anima è morta.
Colui che, invece, lascia spazio a Dio e alla sua giustizia, anche se il male sembra prevalere, condivide la stessa sorte di Dio.
Il terribile impero di Babilonia sarà raso al suolo da Ciro di Persia che, senza saperlo, diventerà così difensore di Israele. Il messaggio è denso di speranza: sarà Dio ad avere l'ultima parola sul nostro mondo caotico e indisciplinato.
E sarà una Parola di bene.
Di notte
Tesi confermata dal dialogo notturno fra Nicodemo e Gesù.
Un dottore della Legge inquieto che, per non farsi vedere, cerca risposte di nascosto come, spesso, facciamo anche noi.
Non va di moda farsi vedere in compagnai di gente come il Nazareno! Ieri e oggi!
Gesù ci sta, non fa l'offeso, lo accoglie nella sua immensa fragilità. E argomenta.
Bisogna cambiare mentalità, rinascere dall'alto.
Uscire dagli stereotipi, anche da quelli santi e religiosi.
Gesù parla di croce, la vede, là in fondo. Se siamo morsicati dai serpenti della violenza, dell'inganno, dello sconforto, possiamo guardare a Cristo innalzato. Ultimo "sì" a Dio, ultimo "amen" definitivo e drammatico al progetto di Dio.
La croce che lasciamo pendere sulle nostre scelte, più che dai nostri colli, è la testimonianza di quanto siamo disposti ad entrare nella logica di Dio che è logica di dono.
E il progetto è semplice: Dio vuole salvare. Tutti, me, ognuno.
Salvare, vivere felici, avere, infine, il cuore colmo.
Per farlo occorre fidarsi, guardare alla croce, smettere di pensare a Dio come ad un severo giudice scontroso e bizzarro.
Gesù giungerà a morire per affermare questa verità.
Ma questa è un'altra storia.
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