Card. JEAN-MARIE LUSTIGER MEDITAZIONE "scandalo per i Giudei", "stoltezza" per i Greci,

MEDITAZIONE
Il Cristo crocifisso è "scandalo per i Giudei", "stoltezza" per i Greci, constata san Paolo nella
prima lettera ai Corinzi (1Cor 1,23). Oggi lo è ugualmente il Cristo risuscitato. Il Messia che
soffre è il figlio eterno di Dio, fatto uomo, strappato alla morte dalla potenza del Padre. Tra
questi due aspetti del medesimo e unico mistero
della nostra salvezza, nasce una provocazione
alla nostra fede, uno scandalo. Questo scandalo ci fa valutare la follia, la rovina nella quale la
nostra poca fede può farci cadere.
Cosa dice l'apostolo Paolo? Scandalo per gli Ebrei che il Messia, il Figlio di Dio, possa essere
sottoposto alle sofferenze della passione e della morte. Scandalo, ostacolo che li fa vacillare
nella fede. Follia per i Greci che il pensiero del pensiero, il Bene, l'Idea divina, possa condividere
la condizione umana, sofferente e vulnerabile. Follia, assurdità che offende l'intelligenza.
Scandalo e follia, la croce è un ostacolo per ogni uomo, un ostacolo che rivela ciò che è nascosto
nel cuore di ogni uomo e il suo male. Colui che è risuscitato, che solo può guarire, mette in luce
le oscure ragioni dei rifiuti a credere che, oggi, sorgono nei popoli cristiani.
Gli Ebrei hanno ricevuto la rivelazione di Dio che dona la vita e non la morte. Molti tra loro
credono nella risurrezione dei morti. Condividendo questa fede del popolo d'Israele, Paolo
testimonia che Gesù, il crocifisso, è risuscitato dal regno dei morti. Quanto ai Greci, in cerca di
saggezza, essi pensano che l'intelligenza imperitura, la più alta realtà alla quale l'uomo possa
accedere, coincida con l'immortalità. Dunque l'ebreo crede che Dio, nonostante la morte, doni
la vita e il pagano pensa che l'uomo non sia completamente sottomesso alla fede del primo,
follia per la ragione del secondo è il Signore crocifisso.
Che cosa è dei nostri contemporanei, pagani dopo l'avvento del Cristo, popolo senza memoria
né fedeltà dei paesi detti cristiani? Noi abbiamo ridotto la croce di Cristo alla portata dei nostri
ragionamenti al punto che essa non ci appare più né scandalo né follia. Ed ancora di più, il
mistero della croce, ridotto alla portata dell'uomo, diventa come un segno abominevole posato
sulla nostra civilizzazione, sulle nostre civilizzazioni. In quale senso?
Invece di essere, per il credente, scandalo della fede, la croce è divenuta l'immagine dolorosa
di un'umanità che sogna di riscattarsi da sola a prezzo del proprio dolore e della propria
passione. Povera umanità, schiacciata dalla vocazione messianica, che essa stessa si arroga.
Messianesimo senza Messia. Redenzione senza Redentore. Immaginiamo che la pietà sia
redentrice anche se alla fine sfocia nella morte; saremmo volentieri commossi e toccati da un
Messia sofferente che non facesse che accompagnarci alla più estrema delle nostre perdite. Il
mistero è diventato un'ideologia che si insinua nel tessuto cristiano come un cancro spirituale.
E per la ragione pagana, invece di essere follia, la morte è promossa, in una complicità che non
si conosce, a saggezza e trionfo della ragione, poiché è in nome della ragione che l'uomo
dichiara chi è l'uomo e chi non è l'uomo. Poiché è in nome della ragione che si nega al bambino
che la donna porta in grembo il diritto di esistere, quando Dio lo crea a sua immagine e
somiglianza. Poiché è nel nome della ragione che si sceglie tra questo o quell'uomo per donare
il diritto di vivere o toglierlo, escludendolo dalla vita. Poiché il prezzo della civilizzazione può
senza esitazione essere calcolato in milioni, in miliardi non solo di denaro, di materie prime, ma
di vite umane. La ragione trionfa veramente quando è così strettamente legata alla morte e si
fa sua complice? La saggezza umana si è trasformata in un delirio logico che si impadronisce
della coscienza delle nazioni come una malattia della ragione.
No, la morte sulla croce non è più per noi né scandalo né follia! Paradossalmente, riportata alla
nostra misura, è divenuta mistica mortale e ragione demente.
Ma ciò che è scandalo e follia è d'annunciare Cristo risuscitato, di proporre oggi alla nostra
speranza la risurrezione. È il motivo per cui nessuno vuole o addirittura nessuno può ascoltarci.
E forse per primi gli stessi credenti. Quante volte l'ho sentito sussurrare a voce bassa, e ciò è
vero da più di un secolo per l'intelligenza occidentale! Ci si troverebbe meglio con un Vangelo
nel quale fossero esclusi i racconti delle apparizioni di Gesù risorto, dei miracoli o della nascita
di Gesù Cristo da una vergine. Ci si accontenterebbe di una figura esclusivamente umana, nella
quale si potrebbe scorgere il divino in colui che non sarebbe che nostro fratello. E questo Gesù,
ci dicono, sarebbe più credibile se non ci fosse richiesta la fede nella sua risurrezione. Poiché ciò
che ci sconvolge veramente non è più la sua morte, ma la speranza della vita. Essa si scontra
in noi con l'istinto della morte e la complicità con la morte.
Sì, la risurrezione di Cristo è oggi "scandalo" per il credente perché lo fa vacillare nella sua fede
troppo debole. Noi non osiamo più credere che la morte sia nostra nemica e che Dio l'abbia vinta
perché il Signore risuscitato dal regno dei morti ci trasporti nella sua vita. Noi non osiamo più
credere che la vita umana abbia una dimensione divina, anche la vita delle creature come noi,
modellate a immagine e somiglianza di Dio, che fa tutt'uno con il Verbo eterno fatto carne. Noi
non osiamo credere che l'uomo sia un essere divino, a motivo della sua creazione da parte del
Padre e della grazia a lui data nel Figlio, per lo Spirito che lo abita. Noi non osiamo credere che
l'uomo, segnato dal marchio della morte, possa ancora vivere della potenza di Dio che risuscita
i morti e che, per primo, ha risuscitato il Figlio. La fede è osare non vacillare di fronte a questa
affermazione, scandalo per la nostra poca fede, e suppone che noi stessi ci convertiamo e
lasciamo che la potenza del Risorto ci liberi dal nostro peccato. Poiché il nostro rifiuto a credere,
la nostra complicità con la morte, è anche il nostro peccato.
I nostri cuori sono freddi, insensibili per sfuggire al senso di colpa. Poiché noi siamo disposti a
riconoscerci colpevoli di tutto. Una colpa schiacciante pesa sull'uomo moderno pronto ad
accusarsi di tutti i mali, di tutte le sofferenze, di tutti i dolori. Tutti gli uomini ricchi sono pronti
a piangere le disgrazie dei poveri; tutti gli uomini in buona salute sono pronti a piangere le
disgrazie di coloro che sono feriti e malati; tutti gli uomini vivi sono pronti a piangere i morti.
Ma nessuno è pronto a lasciare che il suo cuore sia toccato per convertirsi da questo peccato e
credere che Dio è più forte della morte, per assumersi la vera misura di questa complicità con
la morte, confessarla e riceverne perdono. Ed è anche una "follia", per i cristiani divenuti pagani,
affermare che il Signore è risuscitato dal regno dei morti.
In effetti, ciò significa osar dire alla ragione che non è lei la padrona della vita, poiché la vita
viene da Dio, la vita nella sua condizione biologica, ma anche la vita dell'anima dell'uomo, creata
a immagine e somiglianza di Dio, che riceve la grazia della vita stessa: Dio si è fatto uomo nel
suo Verbo fatto carne. Ciò significa, di conseguenza, osar dire il primo e l'ultimo segreto del
mondo: Dio dà la vita; essa deve quindi essere rispettata da tutte le potenze divine
dell'intelligenza e dell'amore, infusi da Dio nei nostri cuori. Ciò significa, di conseguenza, osar
dire che la libertà umana è sacra, santa, poiché è un dono dello Spirito Santo: tutta la vita
dell'uomo trova il suo splendore in questo dono ricevuto.
Sì, follia agli occhi dei cristiani divenuti pagani è che la nostra speranza non si possa cogliere nei
limiti della vita umana. Eppure lo Spirito ci concede l'audacia di dire pubblicamente davanti ai
pagani di questo mondo, nostri contemporanei, nostri fratelli, davanti ai religiosi del nostro
tempo che Dio ha risuscitato suo Figlio dal regno dei morti, Gesù, il Signore della gloria, nostra
speranza.
"Perché siete sconvolti? E perché questi pensieri che sorgono in voi?". Il Cristo stesso ci doni
l'intelligenza delle Scritture e della saggezza di Dio e apra lui stesso i nostri cuori a questa
speranza!
Ecco, fratelli, la posta proposta alla nostra generazione. Noi siamo chiamati a credere al Cristo
risorto. Non solamente ripetendo le parole: "Cristo è risorto", questo grido di gioia che, un
tempo, attraversò le Chiese; noi non dobbiamo fingere questa gioia, e cantare "Alleluia" non è
sufficiente. Dobbiamo domandare al Cristo risorto di convertire i nostri cuori, di strapparci da
questa complicità peccaminosa con la morte, con la disperazione, con l'annientamento dell'uomo
che perde contatto con se stesso.
Supplichiamo Dio di darci questa luce e questa forza per osare compiere la missione che il Cristo
affida ai suoi apostoli: "Voi ne siete testimoni".
Card. JEAN-MARIE LUSTIGER

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