Ermete TESSORE SDB"E' RISORTO! NOI L'ABBIAMO VISTO"

5 aprile 2015 | 1a Domenica: S. Pasqua - Tempo diPasqua B | Omelia
1a Domenica: S. Pasqua - Tempo di Pasqua - B
La profonda crisi economica, sociale, politica, morale ed ecclesiale spinge ognuno di noi ad una più autentica riscoperta della Resurrezione del Cristo. Il miracolo della tomba vuota, scoppiato all'alba del 9 aprile dell'anno 30 davanti agli occhi esterrefatti di Maria di Magdala e
confermato dall'ansimare sbigottito di Pietro e dalla giovanile sbruffoneria di Giovanni, si ripresenta davanti ai nostri occhi.

Con gli stessi risultati? Mah…I discepoli videro e credettero. Ma cosa significa credere? Ce lo sintetizza bene Pietro stesso nel brano della prima lettura tratto dagli Atti degli Apostoli. Credere in Cristo Risorto vuol dire riconoscere senza alcuna ombra di dubbio che Egli è stato convocato dallo Spirito Santo; che sempre è vissuto in profonda sintonia con il Padre; che questa unità si è realizzata non a livello di buone intenzioni ma nella concretezza del vivere beneficando e risanando il prossimo e che per questo ha fatto nascere, nel cuore di coloro che avevano asservito Dio stesso alle loro malsane voglie, una gelosia omicida invincibile sfociata nella condanna a morte per crocifissione; che, però, il Calvario è stato solo una breve tappa verso la Risurrezione; che, ora, il Risorto deve essere annunciato e testimoniato.

La tomba vuota ha spalancato davanti agli Apostoli l'universo della fede autentica che consiste, come ci ricorda Paolo nel brano preso dalla sua lettera ai Colossesi, nel credere solo alle cose di lassù relativizzando quelle di quaggiù. Dobbiamo amaramente constatare che il cammino di purificazione quaresimale non è riuscito a tagliare tutti i fili esistenziali che ci tengono ancorati al mondo ed alle sue seduzioni. Le preoccupazioni del vivere lasciano poco spazio nei nostri cuori al desiderio di progettare e realizzare cieli nuovi e terra nuova.

Il Risorto ha predicato e testimoniato una giustizia distributiva sensibile alle esigenze della povertà: noi, invece, abbiamo costruito una società dove il 10 % dell'umanità si accaparra il 60% dei beni. Il Risorto ha relativizzato di molto l'importanza della Thorah, del Sabato e del Tempio a favore dell'importanza dell'amore verso la sua Persona: noi, dopo quasi due mila anni di cristianesimo, siamo riusciti a rimettere sui loro piedistalli codici canonici, rubriche liturgiche, precetti morali e dogmi che risentono dell'usura del tempo, che hanno devitalizzato l'amore predicato dal Cristo ed hanno trasformato la carità in una virtù più conclamata che vissuta.

L'aria di voglia di libertà, l'anelito di testimoniare coerentemente quanto testimoniato dal Risorto, il coraggio di predicare e di annunciare la buona notizia evangelica, la capacità di costruire comunità radicate nel perdono vicendevole, l'autorità vissuta come autentico servizio dei fratelli, la radicalità del vivere sovente pagata con il martirio, in poco tempo hanno trasformato il cristianesimo in chicco che genera speranza, in strumento che realizza giustizia,in segno di una scarna ed essenziale spiritualità che innesca nuovi modi di vivere e di comportarsi.

Testimoni della nuova fede non erano le basiliche sontuose, le magnifiche cattedrali o le artistiche chiese, ma le catacombe nascoste nel ventre della terra per sfuggire alle persecuzioni o le abitazioni private avvolte dal segreto e dal riserbo per sfuggire alle retate poliziesche. I primi cristiani di fronte alla magnificenza del mondo pagano erano nulla. I loro cuori erano liberi dalle troppe preoccupazioni terrene e, per questo motivo, aperti ad accogliere la Parola. L'essere esenti dal portare il peso di tutti gli ambaradan istituzionali li abilitava a testimoniare il Vangelo dappertutto senza sottomettersi a ricatti di nessun genere.

Non avevano verità da imporre, né morali da elaborare; non avevano istituzioni umane da tutelare e salvare, né codici da fare osservare; non conoscevano potenti da blandire o concordati da mendicare; avevano solo il Risorto da proporre con il loro modo di vivere nella sobrietà, nella solidarietà verso i poveri, nella presenza caritatevole accanto agli ammalati.
Anche oggi, per noi, o la Risurrezione prende i sapori della testimonianza di Gesù, oppure rimane sterile commemorazione di un fatto che, magari, ci incuriosisce senza coinvolgerci.


Ermete TESSORE

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