Ermete TESSORE SDB"Cristiani o Cristianisti?" 5a Domenica di Pasqua

3 maggio 2015 |- Tempo di Pasqua B | Omelia
La Liturgia della Parola di questa domenica ci mette in guardia contro un pericolo tipico della moderna società: trasformare il "cristiano" in "cristianista", secondo l'espressione coniata dal professor Rémi Brague. Chi sia il cristianista ce lo descrive bene Enzo Bianchi in un articolo sulla La Stampa di anni fa (23 luglio 2005).





Il crstianista è colui che vede la religione come un utile supporto al raggiungimento di finalità civili., riducendola a semplice fenomeno culturale. Essa non viene colta come "evangelo", cioè annuncio e testimonianza della morte e risurrezione di Gesù, ma come "religione civile", capace di fornire un'anima alla società, una coesione a identità politiche, diventando così quella morale civile comune che oggi sembra possibile solo ancorandola alla religione. La Chiesa viene vista come centro catalizzatore di virtù civiche e non come testimone del Vangelo.
Questo, inevitabilmente, porta a favorire subdole logiche di potere a scapito della profezia. La Parola di Dio oggi ci ricorda, in modo inequivocabile, che la fede non può essere ridotta ad un puro esercizio di retta condotta sociale.

Gesù non è un politico. Non si è incarnato per fare il capopopolo rivoluzionario. Il suo contemporaneo Giuda il Galileo interpreta questa parte. Cristo, invece, è la vite che vivifica i tralci.
Nell'AnticoTestamento l'allegoria della vigna indica il popolo di Israele. Con l'avvento del Figlio di Dio, il popolo viene soppiantato dalla figura di Gesù. Il cristiano, essendo tralcio, non può essere separato dalla vite pena la sua morte.

Ma che cosa richiede Cristo a coloro che liberamente si dicono suoi discepoli? Giovanni, nella seconda lettura, ci ricorda che essere cristiani non è un fatto di parole e di chiacchiere, ma di fatti concreti conseguenti ad una appassionata ricerca della verità. Essa è Dio.
Amare Dio comporta amarci vicendevolmente obbedendo non alle leggi umane ma ai comandamenti. Il vero credente è fedele a Dio e non allo Stato. Ad esso si dedica con passione civile, con onestà, con professionalità e dedizione. Di esso osserva le leggi che non confliggono con la sua fede, ma si avvale dell'obbiezione di coscienza contro quelle che reputa contrarie.

Non si impone sugli altri, ma si propone in modo intelligente, fermo e rispettoso. Non ha una morale da propagandare, ma un radicamento nell'Amore da realizzare. Il suo fine primario non è quello di migliorare le istituzioni o la società.
Ma di diventare, in prima persona, più santo, più vicino a Dio, più uomo. Influenzare il mondo e rendere più giusta la società, non sono altro che semplici ricadute sociali di questo impegno primario ed irrinunciabile. E' questo il cristianesimo testimoniato da Paolo nell'odierno brano degli Atti.

Prima vede il Signore, poi comincia ad agire. Gesù diventa l'unico scopo della sua vita. Sale a Gerusalemme, sfida i pregiudizi degli Apostoli nei suoi confronti, predica a tutti con coraggio. Dice cose intelligenti senza alcun complesso di inferiorità. Non ha paura di misurarsi con gli ebrei ellenisti che sono la crema della cultura del tempo e che reagiscono con aperte minacce di morte. Il segreto del suo frenetico dinamismo è quello di avere il cuore colmo dello Spirito Santo che lo spinge a crescere personalmente, in umanità, sempre più e a camminare nel timore del Signore.
E' la sua passione per Gesù che lo rende profeta, non il suo personalissimo modo di aggredire la vita. Oggi si parla tanto di ri-evangelizzazione. Per farla, non abbiamo bisogno di apostoli ingessati nella paura e paralizzati nelle istituzioni rassicuranti ma di nuovi Paolo culturalmente preparati, dotati di spessore umano, annunciatori di cose intelligenti, evangelizzatori appassionati perché liberi e santi, testimoni di preghiera, maestri di spiritualità vissuta nella concretezza della vita.

L'interrogativo che ognuno dovrebbe porsi, meditando la Parola odierna, è: "Sono un cristiano tralcio della vite di Cristo, o sono un cristianista che fagocitato dall'andazzo del vivere moderno è riuscito a trasformare il Vangelo da profezia a semplice manuale di corretto galateo e di inutili buone intenzioni?".

Ermete TESSORE

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