Luca Desserafino sdb "IO DO LA MIA VITA" 4a Domenica di Pasqua

26 Aprile 2015 | 4a Domenica di Pasqua - Anno B | Omelia
Nella prima lettura odierna, tratta dagli Atti degli apostoli, abbiamo assistito ad un evento significativo: Pietro ha appena guarito uno storpio. Ora si trova davanti al tribunale giudaico. Ai capi del popolo e agli anziani, che hanno condannato il Maestro, egli dichiara con franchezza: Gesù, crocifisso è risorto, è il Salvatore unico e universale. Lui solo può salvare.
Agenzie assicurative, "maghi" di ogni specie promettono ai loro "clienti" salute, sicurezza economica, gratificazioni affettive, soluzione di ogni problema.

Ma la salvezza, cioè la risposta totale al bisogno di felicità, di vita, di amore, di cui è impastato il cuore dell'uomo è legata soltanto a Gesù Cristo. La salvezza, che è rapporto filiale con Dio, destinato all'incontro immediato e beatificante con Lui, è dono soltanto di Gesù.

Al centro del brano di Vangelo ascoltato, c'è l'appassionato discorso ove Gesù, in piena polemica con la classe dirigente d'Israele, si presenta come il "buon pastore", ossia come colui che raccoglie e guida le pecore sino ad offrire la sua stessa vita per la loro salvezza. E aggiunge: "chi non offre la vita per le pecore non è pastore, bensì mercenario"; il pastore svolge la sua opera per amore, rinunciando al proprio interesse anche a costo della vita, mentre il mercenario agisce per interesse personale e per denaro, logico quindi che nel momento del pericolo abbandoni le pecore al loro destino.

A guardare bene, l'opera del lupo è congeniale all'atteggiamento del mercenario. Ad ambedue, infatti, interessa solo il proprio tornaconto, la propria soddisfazione, il proprio guadagno e non quello delle pecore; si realizza così una alleanza di fatto tra l'interesse per sé e il disinteresse per gli altri. Ne viene fuori una sorta di diabolica congiura degli indifferenti e degli egoisti contro i più deboli e gli indifesi.

Viene il Signore Gesù e con grande autorità afferma: "Io sono il buon pastore, offro la vita per le mie pecore". Sì, finalmente è arrivato in mezzo agli uomini chi spezza la triste e amara alleanza tra il lupo e il mercenario, tra l'interesse per sé e il disinteresse per gli altri.

"Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me", non si tratta di una conoscenza sterile e disimpegnata, si tratta di un rapporto vitale, di un interessamento dinamico e concreto che mira a provocare la risposta e che diventa, quindi, coinvolgimento reciproco: Egli ama personalmente ciascuno dei suoi ed è riamato personalmente.

Tale rapporto non è qualificato solo da una carica affettiva puramente umana, ma si radica più a fondo in quella comunione amorosa che lega il Figlio col Padre: "...come il Padre conosce me e io conosco il Padre".

Attraverso Gesù è l'amore divino del Padre che si riversa in pienezza sul gregge e su ogni singola pecora. Nella relazione personale con Gesù è l'amore che parte dal circuito della Trinità e lì ritorna coinvolgendo e trascinando ciascuno di noi al suo interno.

Giovanni ci dice non solo che Gesù è il buon Pastore, ma Egli è anche "il pastore bello": amore, verità e bellezza per la mentalità antica vanno di pari passo. La Bellezza vera è l'Amore che in Dio unisce i Tre (Padre e Figlio e Spirito Santo) e che si rivela pienamente nella Croce e Risurrezione, esercitando un fascino irresistibile agli occhi della fede. La Bellezza è il Crocifisso-Risorto.

Niente è così bello e vero come dare la vita per amore.
Tale relazione, tra Gesù e i suoi, non si restringe alla cerchia dei discepoli attuali, ma ha un'apertura universale. La comunione con Gesù Buon Pastore non può ridursi a un rapporto individuale e intimistico.

Se apparteniamo a Gesù, non è per godere della sua compagnia e per consolarci a vicenda, ma è per trasmettere al mondo, nella gioia che trasfigura i nostri volti, l'esperienza di chi è conosciuto, amato, dal buon Pastore e a sua volta lo conosce e lo ama.

Sempre più ognuno di noi deve essere trasparenza limpida dell'unico vero amore che il buon Pastore ci consegna e serve fino a dare la vita per tutti e per ciascuno.


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