Luca Desserafino sdb"Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità"

3 maggio 2015 | 5a Domenica di Pasqua - Anno B | Omelia
È la quinta domenica "di" Pasqua, la quinta volta che torna lo stesso ed unico giorno della resurrezione. Ed è così per tutte le domeniche. Esse tornano fedelmente, quasi segno della fedeltà di Dio; tornano anche se tante volte siamo noi ad essere assenti; tornano perché tutti
possiamo restare nella Pasqua e incontrare Gesù risorto. Potremo applicare anche alla domenica la parabola odierna della vite e i tralci, somigliando la vite alla domenica e i tralci agli altri giorni della settimana.

I giorni feriali restano senza frutto se non sono vivificati dallo spirito che riceviamo nella santa liturgia della domenica. Restare nella domenica, ossia conservare nel cuore quello che vediamo, ascoltiamo e viviamo nella santa liturgia, vuol dire rendere più fruttuosi i giorni che seguiranno.

L'affermazione di Gesù, sentita nel brano di vangelo di questa domenica: "Io sono la vera vite", è un'ffermazione che va letta alla stregua delle altre analoghe affermazioni di Gesù ascoltate lungo le domeniche precedenti. "Sono il vero pane", "Io sono la luce".

In queste affermazioni c'è una nota polemica: Gesù è la vera vite, il vero pane, la vera luce. Tutte queste affermazioni indicano che Gesù, e non altri, è in grado di offrirci quella vita piena che andiamo cercando ogni giorno.

Nell'Antico Testamento si parla di una vigna e di una vite che non sono all'altezza delle attese di Dio. Ora, questa affermazione di Gesù introduce una novità rispetto all'Antico Testamento. Là si dice che Dio ha una vigna, qui si afferma che Dio stesso è la vite.

L'immagine della vigna, nel suo simbolismo religioso, era molto nota ai discepoli. Nelle Scritture il tema della vigna era tra i più significativi per esprimere il rapporto tra Dio e il suo ppolo, ma nelle parole di Gesù c'è un cambiamento piuttosto singolare, la vite non è più Israele, ma è Lui stesso. Nessuno prima di lui l'aveva mai detto. E una ulteriore carattristica è che questa vite non è sola.

I discepoli sono legati al Maestro e sono parte integrante della vite: non c'è vite senza tralci, e viceversa. Potremmo dire che il legame dei discepoli con Gesù è appunto come quello della vite con i tralci, essenziale e forte. È un legame che va ben oltre i nostri alti e bassi psicologici, le nostre buone o cattive condizioni.

Con Gesù nasce una vigna più larga e più estesa della precedente e soprattutto percorsa da una nuova linfa, l'agape, l'amore stesso di Dio.

La forza di questo amore è dirompente: permette di produrre molto frutto. In questo senso, il testo evangelico non vuol dire che Dio manda dolori e sofferenze ai suoi figli per provarli o purificarli. No, non è in questo senso che va intesa la potatura; il Signore non ha bisogno di intervenire con le sofferenze per "migliorare" i suoi figli. La verità è molto più piana.

La vita spirituale è sempre un itinerario o, se si vuole, una crescita. Ma non è mai né scontata né naturale, e non è un progresso univoco. Ognuno di noi ha l'esperienza della crescita in se stesso di frutti buoni assieme a sentimenti cattivi, ad abitudini egoistiche, ad atteggiamenti freddi e violenti, a pensieri malevoli, a spinte di invidia e di orgoglio...

È qui che si deve potare, e non una volta sola, perché sempre si ripresentano questi sentimenti, seppure in modi e con manifestazioni diverse. Non c'è età della vita che non esiga cambiamenti e correzioni, e quindi potature.

Forse quella sera i discepoli non capirono; magari, si saranno chiesti: "ma che vuol dire rimanere con lui se sta per andarsene?".

In verità, Gesù indicava una via semplice per restare con lui; si rimane in lui se le "sue parole rimangono in noi". È la via che intraprese Maria, sua madre, la quale "conservava nel suo cuore tutte queste cose".

In una bella icona bizantina è rappresentato nel centro del dipinto il tronco della vite su cui è seduto Gesù con la Scrittura aperta. Dal tronco partono dodici rami su ognuno dei quali è seduto un apostolo, con la Scrittura aperta tra le mani. È l'icona della nuova vigna, l'immagine della nuova comunità che ha origine da Gesù, vera vite. Quel libro aperto che sta nelle mani di Gesù è lo stesso che hanno gli apostoli: è la vera linfa che permette di "non amare a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità".

Luca Desserafino sdb

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