mons. Roberto Brunelli "Lui abbatte i muri e infrange le catene"
III Domenica di Pasqua (Anno B) (19/04/2015)
Vangelo: Lc 24,35-48
Ancora su quanto accadde il giorno di Pasqua. Oggi si legge il passo evangelico in cui Luca (24,35-48) riferisce che per convincere gli apostoli della sua reale presenza Gesù mostrò loro le ferite dei chiodi, si fece toccare, mangiò davanti a loro. Poi, come aveva già fatto con i
due discepoli diretti a Emmaus, "aprì loro la mente per comprendere le Scritture", spiegando che la sua morte e risurrezione sono state il compimento di quanto preannunciato "nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi", cioè in quello che noi chiamiamo l'Antico Testamento, la parte della Bibbia allora già scritta. Essi la conoscevano: ma non basta conoscere, nel senso di avere letto, un libro per affermare di averlo capito; men che meno, poi, quando non si tratta di un libro qualunque ma di quello che racchiude la Parola di Dio. Per questo Gesù "aprì loro la mente"; per questo anche oggi, se si vuole comprendere la Bibbia - tutti l'hanno in casa, ma non so quanti possano affermare di conoscerla - occorre aprirla con trepidazione, umilmente invocando la grazia di Dio che ci conceda di capire. Introduzioni, note e commenti sono utili, ma non sufficienti; il messaggio del testo sacro può essere individuato e assimilato soltanto con la disponibilità a lasciarsi illuminare dall'Unico che può farlo. Solo così se ne scopriranno gli inesauribili tesori.
Uno dei tesori è quello enunciato subito dopo dallo stesso Gesù: "Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni". Pochi giorni dopo, parlando alla folla di Gerusalemme, Pietro ha ripreso quasi alla lettera quelle parole: "Avete ucciso l'autore della vita, ma Dio l'ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni. Dio ha compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati" (prima lettura di oggi; Atti degli apostoli 3,13-19). E più tardi il concetto è stato ripreso da un altro degli apostoli: "Gesù Cristo, il giusto, è la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma per quelli di tutto il mondo" (seconda lettura; prima Lettera di san Giovanni 2,1-2).
Il tema comune alle tre letture odierne è dunque il seguente: Gesù, con la sua Pasqua, ha guadagnato per tutti gli uomini il perdono dei peccati. Per beneficiarne, occorre anzitutto rendersi conto di che cosa è il peccato; e non è sempre facile, in una società come la nostra che sembra tendere a cancellarlo, accampando giustificazioni di ordine psicologico, condizionamenti sociali, presunte esigenze di libertà. Pare si vada perdendo in molti la consapevolezza che è proprio il peccato, cioè la cosciente e voluta violazione della legge di Dio, a causare il senso di vuoto di cui poi soffrono, il senso di solitudine, cui si accompagnano angoscia, rimorsi, povertà interiore. Il peccato erige un muro tra noi e Dio, un muro che noi, dopo averlo eretto, non siamo capaci di abbattere; il peccato ricorda la condizione degli antichi galeotti, cui era legata una palla al piede che impediva la libertà di movimento, incatenandoli per sempre al loro delitto. Ma per nostra fortuna, con la sua morte e risurrezione Gesù ha abbattuto il muro, ha infranto la catena: chi vuole può così ottenere il perdono e cominciare una vita nuova.
Il perdono, generosamente offerto con il battesimo e poi sempre rinnovato con la confessione, esprime l'amore di Dio per i suoi figli, che non vuole condizionati dal loro passato ma protesi in avanti, rinnovati nel gioioso impegno di tendere a Lui, l'unico in grado di colmare le più profonde e autentiche attese del cuore.
Vangelo: Lc 24,35-48
Ancora su quanto accadde il giorno di Pasqua. Oggi si legge il passo evangelico in cui Luca (24,35-48) riferisce che per convincere gli apostoli della sua reale presenza Gesù mostrò loro le ferite dei chiodi, si fece toccare, mangiò davanti a loro. Poi, come aveva già fatto con i
due discepoli diretti a Emmaus, "aprì loro la mente per comprendere le Scritture", spiegando che la sua morte e risurrezione sono state il compimento di quanto preannunciato "nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi", cioè in quello che noi chiamiamo l'Antico Testamento, la parte della Bibbia allora già scritta. Essi la conoscevano: ma non basta conoscere, nel senso di avere letto, un libro per affermare di averlo capito; men che meno, poi, quando non si tratta di un libro qualunque ma di quello che racchiude la Parola di Dio. Per questo Gesù "aprì loro la mente"; per questo anche oggi, se si vuole comprendere la Bibbia - tutti l'hanno in casa, ma non so quanti possano affermare di conoscerla - occorre aprirla con trepidazione, umilmente invocando la grazia di Dio che ci conceda di capire. Introduzioni, note e commenti sono utili, ma non sufficienti; il messaggio del testo sacro può essere individuato e assimilato soltanto con la disponibilità a lasciarsi illuminare dall'Unico che può farlo. Solo così se ne scopriranno gli inesauribili tesori.
Uno dei tesori è quello enunciato subito dopo dallo stesso Gesù: "Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni". Pochi giorni dopo, parlando alla folla di Gerusalemme, Pietro ha ripreso quasi alla lettera quelle parole: "Avete ucciso l'autore della vita, ma Dio l'ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni. Dio ha compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati" (prima lettura di oggi; Atti degli apostoli 3,13-19). E più tardi il concetto è stato ripreso da un altro degli apostoli: "Gesù Cristo, il giusto, è la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma per quelli di tutto il mondo" (seconda lettura; prima Lettera di san Giovanni 2,1-2).
Il tema comune alle tre letture odierne è dunque il seguente: Gesù, con la sua Pasqua, ha guadagnato per tutti gli uomini il perdono dei peccati. Per beneficiarne, occorre anzitutto rendersi conto di che cosa è il peccato; e non è sempre facile, in una società come la nostra che sembra tendere a cancellarlo, accampando giustificazioni di ordine psicologico, condizionamenti sociali, presunte esigenze di libertà. Pare si vada perdendo in molti la consapevolezza che è proprio il peccato, cioè la cosciente e voluta violazione della legge di Dio, a causare il senso di vuoto di cui poi soffrono, il senso di solitudine, cui si accompagnano angoscia, rimorsi, povertà interiore. Il peccato erige un muro tra noi e Dio, un muro che noi, dopo averlo eretto, non siamo capaci di abbattere; il peccato ricorda la condizione degli antichi galeotti, cui era legata una palla al piede che impediva la libertà di movimento, incatenandoli per sempre al loro delitto. Ma per nostra fortuna, con la sua morte e risurrezione Gesù ha abbattuto il muro, ha infranto la catena: chi vuole può così ottenere il perdono e cominciare una vita nuova.
Il perdono, generosamente offerto con il battesimo e poi sempre rinnovato con la confessione, esprime l'amore di Dio per i suoi figli, che non vuole condizionati dal loro passato ma protesi in avanti, rinnovati nel gioioso impegno di tendere a Lui, l'unico in grado di colmare le più profonde e autentiche attese del cuore.
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