Enzo Bianco, sdb "LE CARATTERISTICHE DELL'ESSERE TRALCI"

3 maggio 2015 | 5a Domenica di Pasqua - Tempo di Pasqua B | Omelia
IO SONO LA VITE, VOI I TRALCI
Ancora un'immagine, un simbolo forte, proposto da Gesù. Altre volte il Signore si era presentato dicendo: "Io sono il pane di vita". Domenica scorsa: "Io sono il buon pastore". Ora: "Io sono la vite, voi i tralci". E dicendo "i tralci", coinvolge anche noi. Con questi simboli, siamo entrati con Gesù nel suo mistero.

Resta da capire. Vite, tralcio, per gente di città sono immagini poco famigliari. I ragazzini di oggi, che sanno tanto delle macchine ma poco della campagna, sentendo Gesù che parla di viti magari pensano ai bulloni.

* Nella nuova parabola Gesù ha distribuito bene le parti:
- ha rivendicato a sé il ruolo fondamentale di vite, di ceppo solido, ben radicato nel terreno, che regge su di sé il peso di tutto;
- a noi ha affidato la parte dei tralci, dei rami che devono essere innestati solidamente in lui, se si vuole che portino frutto;
- assegna al Padre la parte del vignaiolo, cioè l'arte rude del potatore;
- infine ricorda che la vite per sua natura è fatta per portare frutto: l'uva, la buona uva. Ma la condizione è che i tralci siano ben innestati. Solidamente. In modo vitale. E anche potati.

QUELLI CHE PENSANO DI COMBINARE QUALCOSA DA SOLI

"Il tralcio - spiega Gesù - non può recare frutto da se stesso, se non rimane nella vite". È un larvato rimprovero a tutti quelli - e non sono pochi - che pensano di poter combinare qualcosa di buono da soli, agendo per proprio conto, senza collegamento vitale con Gesù, con la Chiesa, con Dio.
Se si verifica il distacco da lui, Gesù spiega: "Chi non rimane in me viene gettato via". Inaridisce e si dissecca. E i rami secchi, si sa, finiscono gettati sul fuoco a bruciare.

* Dunque prima condizione, perché gli uomini-tralci portino frutto, è che restino innestati e uniti alla vera vite che è Cristo.
In altre parole: non ci si può limitare alle finzioni, alle apparenze. Si sa di individui che appaiono materialmente uniti a Cristo, fisicamente presenti nella Chiesa, ma alla resa dei conti risultano sterili. Somigliano alla campana della chiesa, di cui parla un proverbio arguto: la campana chiama gli altri in chiesa, ma resta fuori.

BENEDIZIONI CHE ENTRANO ROMPENDO I VETRI

Per fortuna ci sono anche i tralci che portano frutto. Ed ecco la sorpresa: il vignaiolo si occupa di loro in maniera a dir poco ruvida.
Gesù spiega l'opera del Padre: "Ogni tralcio che porta frutto lo pota, perché porti più frutto". La potatura è un'operazione drastica, dolorosa; a volte l'uomo avverte la mano del Signore pesante su di sé, si vede messo a dura prova. Diceva Louis Veuillot: "Ci sono benedizioni di Dio che entrano in casa nostra rompendo i vetri". Ma l'intervento rude del potatore è provvidenziale: agisce a fin di bene.
Sovente si ha bisogno di pungoli, di una tiratina d'orecchie. E così il dolore viene a bussare alla porta, giunge il tribolo della malattia, lo sconforto della disgrazia. Si è messi alla prova, nelle lacrime. Ma si diventa più maturi, più saggi. Appunto, si produce più frutto.

* Infatti il più delle volte dal dolore nasce il bene. È stato detto:
"L'uomo è uno scolaro, e il dolore è il suo maestro" (Gandhi);
"Il dolore è il grande educatore degli uomini" (Anatole France);
"L'uomo non educato dal dolore, rimane sempre bambino" (Niccolò Tommaseo);
"Nessuno conosce veramente se stesso, finché non ha sofferto" (De Musset).
Quando il Signore prova l'uomo con il dolore, è perché lo vuole più forte, e gli offre l'occasione di maturare.
 "LE CARATTERISTICHE DELL'ESSERE TRALCI"
Ecco allora le caratteristiche dell'essere tralci in Cristo. In primo luogo, sorge un legame stretto con il Signore. Gesù ha offerto la sua amicizia, e ora tocca all'uomo dirgli di sì.
Si tratta di un forte vincolo affettivo con lui, da nutrire nel profondo del cuore. Lo si sente amico, gli si parla in un a tu per tu che nessuno conosce e che man mano diventa comportamento abituale. Il rapporto di amicizia personale col Signore non traspare all'esterno ma plasma di dentro il cristiano.
- La poetessa moderna Domenica Luise dal suo mondo incantato ha immaginato questo dialogo dell'uomo con Dio: "Signore, dove sono?" "In fondo al mio cuore." "Signore, dove sei?" "In fondo al tuo cuore."
- "La grandezza di un uomo - diceva Sören Kierkegaard - dipende unicamente dall'intensità del suo rapporto con Dio." Se c'è quest'amicizia personale con il Signore, i cristiani diventano veri tralci solidamente innestati.

* E cambia anche il modo di stare con gli altri. È questa l'altra caratteristica dell'essere tralci.
- Osservava il famoso Abbé Pierre: "Quando arriveremo alla meta, non ci domanderanno: sei stato credente?, ma: sei stato credibile? Cioè: "la tua maniera di vivere fra gli altri ha reso credibile a tutti gli uomini che Dio li ama?"".
- A sua volta Dietrich Bonhoeffer immaginava l'essere cristiano come un reato, e quindi da processare, e domandava: "Se ti accusassero di essere cristiano, troverebbero delle prove contro di te?".
- Per chi è vero tralcio innestato in Cristo, la risposta a tutte queste domande è un bel sì rotondo. E ciascuno nel suo piccolo dà una mano perché la Chiesa lieviti, e il mondo cresca.
Enzo Bianco, sdb

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