Ermete TESSORE SDB "CAPACITA' DI AMARE E DI ACCOGLIERE"

10 maggio 2015 | 6a Domenica di Pasqua - Tempo di Pasqua B | Omelia
L'odierno racconto della prima lettura è bellissimo e ricco di insegnamenti. Per capirlo nei dettagli dobbiamo inserirlo nel contesto degli Atti.
Pietro si trova ospite di amici nella città di Giaffa. E' turbato a causa di una strana visione. Pur essendo il capo riconosciuto dei credenti in Gesù, paga ancora un alto pedaggio al retaggio della sua religiosità ebraica. Giaffa si trova sul mare
Mediterraneo. Il tempo è afoso. Prendere sonno è un problema. Così si fa mezzanotte. L'insonnia risveglia l'appetito. La stomaco vuoto predispone alle visioni.

Dal cielo scende una specie di grande tovaglia con dentro ogni tipo "di animali, di rettili e di uccelli" (At 10,12) accompagnata dall'invito, da parte del Signore, di servirsi e mangiare. Pietro si scandalizza perché cibarsi di alcuni di essi è severamente proibito per ogni buon ebreo La sua ribellione è immediata: "Non lo farò mai, perché non ho mai mangiato nulla di proibito o di impuro".

Altrettanto secca e perentoria è la risposta di Gesù: "Non devi considerare impuro quel che Dio ha dichiarato puro". L'invito si ripete per ben tre volte ottenendo sempre un netto rifiuto. La visione, per fortuna, svanisce. Pietro comincia ad interrogarsi sul suo vero significato. La sua meditazione viene bruscamente interrotta dal secco e sordo bussare alla sua porta.

Alcuni sconosciuti, goyim impuri da evitare, gli portano l'invito di un ufficiale romano, Cornelio, di recarsi nella sua casa di Cesarea, altra città da cui girare al largo perché non ebrea. L'apostolo ha già sentito parlare di Cornelio. La gente lo reputa una gran brava persona. Lui e la sua famiglia credono in Dio, pregano e sono solidali con il prossimo facendo parecchia elemosina.

Nella sua mente tutto si chiarisce. La visione svela il suo messaggio. La tovaglia è l'umanità intera. Gli animali simboleggiano gli uomini. Tra di loro non c'è nessuno da emarginare od evitare perché sono tutti figli di Dio. L'impurità non sta nell'accogliere chiunque, ma nel privilegiare alcuni.

Così al sorgere del nuovo giorno non esita di mettersi in cammino per raggiungere l'abitazione dell'ufficiale romano. Il rude ex-pescatore apprende così bene la lezione da insegnarla anche a Cornelio che deferente vuole gettarsi ai suoi piedi. In ginocchio si sta solo davanti a Dio e a nessun altro.

Tutti siamo eguali in dignità, perché Dio non fa preferenza di persone.

Gli inchini, i salamelecchi, i baciamano, i sorrisini adulanti non fanno parte del kit del buon cristiano. La buona educazione e l'accoglienza fraterna sì, l'untuosa e melliflua adulazione no! Piuttosto sono il sano timor di Dio e la pratica della giustizia gli irrinunciabili "must" di chi si riconosce discepolo di Gesù. Sono queste due prerogative che innervano e danno consistenza alla nostra capacita di vivere nei fatti fedelmente il Suo invito, ricordato nella seconda lettura, di amarci vicendevolmente.

La capacità di amare e di accogliere non è opera nostra ma è frutto dell'iniziativa divina. Dio, per primo, ci ama. Noi dobbiamo semplicemente rispondere liberamente a questo invito lasciando cadere nel nulla tutte le nostre velleità di riconoscere privilegi, di accampare fantasiose primogeniture, di cucirci gradi di comando, di appiccicarci addosso dignità inesistenti ed improbabili.

L'unico paradigma da realizzare è quello dell'amore tra il Padre ed il Figlio. Amore così intenso ed onnicomprensivo da sfidare addirittura la morte. L'amarsi gli uni gli altri veicola la piena disponibilità a dare la vita. E' un messaggio questo su cui tutti siamo invitati, oggi, a riflettere. L'odierna crisi del cristianesimo non è dovuta al venir meno di strutture, di solenni liturgie, di riconoscimenti di tutti i tipi, di gerarchie onnipresenti, di reboanti tromboni pomposi nella forma ma inconsistenti nelle idee.

Quello che manca è l'amore vissuto concretamente nella quotidianità. Le cosiddette nazioni cristiane d'occidente sono vecchie e sul viale del declino, perché incapaci di dare amore, solidarietà e giustizia.

Anche nella nostra santa madre chiesa troppe cose parlano di potere, ricchezze ed arrivismo, e troppo poche testimoniano perdono, conversione, sobrietà, riconciliazione, reciproco sostegno, giustizia e timore di Dio.

Come ci ricorda padre Sorge, oggi troppi pretendono di essere la saliera del mondo dimenticandosi che il compito datoci da Cristo non consiste di essere saliera, ma semplice sale che per amore dà sapore alla vita in modo discreto e silenzioso.

Ermete TESSORE

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