padre Gian Franco Scarpitta"Il "fiore all'occhiello" di Dio

VI Domenica di Pasqua (Anno B) (10/05/2015)
Vangelo: Gv 15,9-17 
"Lo Spirito Santo soffia dove vuole e non senti dove viene e dove va" (Gv 3, 8) e "non si deve imprigionare lo Spirito". Egli è libero di agire indistintamente su ogni persona e su ogni situazione, valicando i confini e le limitazioni proprie della logica umana. E soprattutto è in grado di raggiungere traguardi per noi
impensabili e sconosciuti, come quello di trasformare radicalmente il cuore degli ostinati non credenti, come sta succedendo in questo episodio di cui agli Atti degli Apostoli (I Lettura). I retroscena di questo racconto di Luca (autore degli Atti) sono molto interessanti, poiché per mezzo di una precedente visione avvenuta a Cesarea a casa di Simone conciatore, lo Spirito Santo aveva convinto Pietro che nulla vi è di impuro sotto il cielo, tantomeno nell'ambito della convivenza umana. Ogni uomo è figlio di Dio. Questi non fa preferenza di persone e non usa il nostro metro di valutazione fra soggetto e soggetto, ma esalta chiunque pratichi la giustizia e perseveri nell'amore. E allora perché mai lo Spirito Santo non dovrebbe discendere sui "non circoncisi", ovvero sui pagani e su quanti sono distanti dalla cultura e dalla fede del Dio d'Israele? Perché lo Spirito non dovrebbe agire, apportando i suoi copiosi frutti, su tutti coloro che, pur non appartenendo formalmente a Cristo, dimostrano di essere in realtà suoi discepoli attraverso l'esemplarità delle loro opere? Anche al di fuori dei confini cristiani può agire benissimo lo stesso Spirito, quando gli effetti della sua azione siano amore e giustizia. Di fatto, mentre Pietro parla ai pagani ivi presenti, lo Spirito discende su di loro alla pari che sugli zelantissimi Giudei circoncisi.
Ovunque c'è amore, lì lo Spirito Santo che lo fomenta e lo alimenta. Perché lo stesso Spirito è l'Amore che lega sin dall'eternità il Padre e il Figlio, che in virtù di codesta coesione sono una cosa sola. Padre, Figlio e Spirito Santo nella loro reciproca appartenenza e compresenza vivono una relazione comunionale amorosa che li caratterizza come l'Amante, l'Amato e l'Amore e noi siamo chiamati a prendere parte di questa loro coesione reciproca. Ecco perché Gesù ci rivolge questa spassionata esortazione: "Come il Padre ha amato me, anch'io ho amato voi. Rimante nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore". In un discorso di congedo, Gesù da' un nuovo comandamento che scaturisce dalla sua intima relazione con il Padre e per il quale sta per realizzare, sempre per volere del Padre, il più esaltante progetto d'amore per l'umanità: accettare di essere immolato sulla croce. Nell'autoconsegna di Gesù all'estremo supplizio avviene che egli "obbedisca al Padre" rinunciando perfino a se stesso in quanto Dio, sottomettendosi ineluttabilmente al volere di Colui che sta realizzando un disegno finalizzato al recupero e alla salvezza dell'umanità. Non c'è sottomissione più eloquente da parte del Figlio di Dio, se non quella di accettare risolutamente la morte per la causa dell'uomo. Non vi è umiliazione e obbedienza più grande se non quella di dare la vita per i suoi "amici". Ma se questa è stata l'obbedienza di Gesù al "comando del Padre", parimenti dovrà essere quella nostra al comandamento a cui ci ha invitati per mezzo degli apostoli, il quale si può riassumere nelle parole di Sant'Agostino: "Ama e fai tutto quello che vuoi". L'amore fra noi cristiani è il "fiore all'occhiello" Dio dell'abito di Dio nel mondo, la condizione fondamentale per cui noi possiamo instaurare pacifiche condizioni di convivenza fra noi e con gli altri; è l'arma fondamentale con la quale possiamo disarmare chi ci avversa. Non c'è comandamento più esplicito di quello che Gesù, nel discorso di congedo dai suoi, ci ha lasciato: amarci gli uni gli altri, perché come aggiungerà poi Giovanni l'amore è da Dio e chi non ama non ha conosciuto Dio (1Gv 4, 7 - 8). Proprio perché l'amore scaturisce dalla reciproca appartenenza fra Padre e Figlio nello Spirito, deve contraddistinguere la nostra appartenenza a Gesù Cristo e non può disattendere il monito dello stesso apostolo Giovanni: "Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato."(1Gv 2, 6) il che equivale ad osservare i comandamenti, primo fra tutti nonché compendioso di tutti, quello dell'amore. Amore con cui Dio ci ha prediletti e amati egli per primo, che si diffonde capillarmente fra coloro che appartengono a lui.
Come si diceva all'inizio, dove c'è amore c'è lo Spirito Santo. Sempre lo stesso Spirito ci aiuta a trovare l'amore di Dio anche dove questo è ottenebrato dalle malvagità dell'uomo o dove noi decidiamo di banalizzarlo e sminuirlo nella sua importanza. Certamente l'amore è una chimera non concretizzabile di fronte alle situazioni di odio e di reciproca vendetta che insanguinano tantissime strade e disseminano cadaveri in tantissimi fronti di battaglia; di fronte allo scoramento delle altrui ingiustizie, delle sopraffazioni e dei soprusi ai danni degli innocenti, esso risulta essere una pura fantasticheria e al presenziare di agghiaccianti e macabri episodi di sterminio per intolleranza come nel caso dell'Isis esso viene sostituito dal sentire della vendetta e della ritorsione: come poter amare chi si da' ad atti di tortura veramente orrendi e inauditi? Di fronte a simili aberrazioni amare costituisce una "marcia controcorrente". Eppure l'esempio personale di Gesù, la costanza degli apostoli e di tanti martiri che anche ai nostri giorni nel suo nome espongono la propria testa da mozzare, ci dimostra che esso è l'unica arma con cui disarmare chi ci muove guerra. Proprio l'amore è l'espediente che consente di chiudere la bocca a quanti ci osteggiano e la perseveranza nel bene conduce ad esiti forse non immediati ma garanti di pacificazione personale e con tutti. L'amore quale accettazione reciproca, accoglienza sincera e rispetto degli altrui fondamentali diritti è alla base della sospirata giustizia, della pace e del bene definitivo di tutti. Se si vivesse nella logica del dono reciproco come si vive la logica dell'arrivismo e dell'ingiustizia, allora si godrebbe di una graduale trasformazione del mondo. Chiediamo allo Spirito Santo di concederci intelletto sufficiente per riscontrare l'amore anche dove esse viene di fatto superato e smentito. Affinché possiamo avvalerci sempre della migliore vendetta eloquente.


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