D. Severino GALLO sdb"LA TEMPESTA SEDATA: FEDE CIECA, ASSOLUTA"

21 giugno 2015 | 12a Domenica - T. Ordinario B | Omelia
Il nostro è un cammino periglioso.
Spesso, anche dai poeti, la nostra vita è stata raffigurata in una traversata marina su fragile imbarcazione.
La liturgia d'oggi si muove in questo contesto avventuroso. Vi si parla di onde tempestose (prima Lettura e Vangelo); onde che minacciano la sopravvivenza dell'uomo. Ma per nostra
consolazione, si parla pure di un sovrano Signore che domina la tempesta e restituisce la sicurezza all'uomo.

Dunque questa meditazione è quanto mai necessaria e confortante. Siamo tutti dei naviganti sul mare della vita e si sa che essa riserva per tutti, momenti burrascosi di dramma. Tutti abbiamo bisogno d'imparare dove possiamo attaccare saldamente la nostra speranza di salvezza.

Il brano evangelico odierno è tutto da assaporarsi. Ogni particolare serve a dare rilievo alla scena:

- le onde minacciose e alte;
- la barca che viene sballottata e riempita;
- il sonno di Gesù (misterioso questo sonno! Stanchezza?
  Oppure…divina provocazione ad esperimento della fede e invito alla preghiera?);
- poi la terribile ansia degli Apostoli;
- il loro grido rivolto al Maestro;
- la divina calma di Gesù e il suo comando agli elementi della natura;
- l'immediata tranquillità ristabilita sul lago;
- il rimprovero agli Apostoli: "Non avete ancora fede?…";
- l'interrogativo sorto nell'animo degli Apostoli:

"Chi è costui al quale obbediscono anche il vento e il mare?".

Dal racconto di Marco, è facile rilevare alcune sottolineature che per noi costituiscono il suo insegnamento:

a - Gesù, che pure è uomo, stanco ed affaticato dal lavoro intenso e bisognoso di sonno ristoratore, si manifesta chiaramente come Dio: Egli, infatti, domina gli elementi della natura con assoluta autorità;
b - Gli Apostoli, ancora una volta, si dimostrano uomini di poca fede, non hanno ancora capito chi è Gesù, anche se, nella forza della disperazione, si rivolgono a Lui per essere salvati;
c - Gesù, sempre buono, a incentivo del miracolo, non prende la fede languida dei suoi amici, ma unicamente il suo amore, la sua bontà, la sua divina condiscendenza.

Possiamo esserne lieti e riconoscenti anche noi, perché tale divina condiscendenza è messa anche oggi al nostro servizio.
E' per questo che i Padri della Chiesa nel brano evangelico odierno hanno sempre voluto vedere un simbolo di quanto avviene in noi e attorno a noi.

E allora il miracolo di Gesù s'inserisce in quel contesto cui accennavo all'inizio.

* Tutti siamo sottoposti alle tempeste, chi più, chi meno. Non una volta sola abbiamo affrontato il problema del dolore guidati dalla parola di Dio. Oggi dobbiamo ritornarvi.

* Ci sono tempeste individuali. Quante!

Tempeste della fede.
Tempeste del cuore.
Tempeste della carne.
Tempeste dell'insicurezza.
Tempeste di scoraggiamento, di disperazione.
Tempeste di solitudine e di abbandono.
Tempeste di odio.
Tempeste nei rapporti sociali e familiari…
Sono altrettante crisi che impegnano la nostra personalità in durissimi cimenti.
Chi non li ha sperimentati?

* Ci sono tempeste sociali. Quelle cioè che avvertiamo non come individuali, ma come membri di una società. Pensiamo, in questo momento, soprattutto alle tempeste della Chiesa.
Non c'è bisogno di riandare il passato: il presente ha tutte le caratteristiche di un generale turbamento che non risparmia coscienze e istituzioni, uomini e dogmi, leggi e disciplina…

Il grande pericolo incombente su tutti è quello della paura, della sfiducia, dello scoraggiamento. Allora anche a noi, oggi, Gesù ripete: "Perché siete ancora paurosi? Non avete ancora fede?" (Vangelo).
Che cosa ci suggerisce la fede, di fronte alle tempeste cui andiamo soggetti? Ci suggerisce questo: Tutto è sottomesso al dominio di Dio - Gesù è il vincitore di ogni tempesta - Gesù è un Papà infinitamente buono: gettiamoci tra le sue braccia…

* Un fatto di cronaca mi aiuta a caratterizzare la fiducia totale che Gesù vuole dai suoi amici, dai suoi prediletti, dai suoi consacrati.

Un incendio scoppiò di notte in una casa. Presto le fiamme divorarono gli appartamenti posti più in alto. Gl'inquilini riuscirono a fuggire portando via poche cose.
Nel fumo e nel disordine si trovarono raggruppati davanti alla loro casa che dava bagliori sinistri nella notte. D'un tratto un uomo lanciò un grido: mancava suo figlio; lo chiamò a squarciagola. Forse era rimasto in casa. Come poterlo raggiungere?

Ma ecco che da un finestrino si affaccia un volto di fanciullo: lui, Carlo, che piangeva dirottamente.
Il babbo gli gridò:
- Gettati giù, io ti prendo.
- Babbo, dove sei, io non ti vedo.
Il fumo gl'impediva di vedere in basso. Ma l'uomo disperato gridava sempre:
- Carlo, io ti vedo, gettati, io sono qui.
Carlo si lanciò nel vuoto, ed ecco che due braccia robuste lo afferrarono prima che toccasse terra; il piccolo era salvo.

Un fiducia cieca, totale, assoluta!
Questo fanciullo in una casa in fiamme è spesso l'immagine della nostra vita. Amarezze, delusioni, passioni, tradimenti, vane attese, ci possono bruciare l'anima.Ma una voce di padre ci grida:
- Abbi fiducia, sono qui.
- Dove, Signore, se io non ti vedo? Ti prego e non ti vedo; grido e non
ti sento. Dove sei, o Signore?
E la sua voce ci dice: - Sono qui, non importa se tu non mi vedi, gettati fra le mie braccia.
La salvezza è in quel gesto d'amore disperato; gesto del fanciullo che chiude gli occhi, perché sa che il padre lo ama ed è certo che lo salverà, si butta nel vuoto senza ragionare, senza pensare.

Diciamo quindi a Gesù: "Mi pare di vedere fino a che punto vuoi che io spinga la mia fiducia in te. Fa' che io non preferisca perire divorato dall'incendio o travolto dalla tempesta, piuttosto che spiccare il salto per trovarmi tra le tue braccia di padre".
Sacro Cuore di Gesù, confido in Te e nel Cuore della tua Mamma, oceano sconfinato di amore materno.

                 
                                                                        D. Severino GALLO sdb

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